In Moldova cresce la paura di un allargamento del conflitto
di Daniele
Rocchi
inviato Agensir
Un globo ricoperto di foto, ricordi di momenti felici, con la scritta in grande “Cristo è risorto”, posto in alto al centro della palestra adibita a refettorio. Sui tavoli il tipico panettoncino pasquale benedetto e le uova colorate, come chiede la tradizione.
Così i rifugiati ucraini hanno vissuto, domenica, la Pasqua ortodossa nel centro salesiano “Don Bosco” a Chişinău, la capitale della Moldova. Da quando è cominciata la guerra in Ucraina in oltre 400mila hanno varcato il confine moldavo per trovare scampo, la maggior parte ha proseguito il proprio cammino verso altri Paesi; 80 mila, secondo stime attendibili, quelli rimasti. Visto da Chişinău il conflitto è lontano solo poche decine di chilometri e tocca da vicino anche la Transnistria, quella striscia di terra della Moldova, ma “sotto tutela russa” che ora rischia di diventare un nuovo Donbass.
Il centro salesiano
Il centro salesiano attualmente ospita stabilmente circa 40 persone, in larghissima maggioranza donne, bambini, adolescenti e qualche anziano. Vengono da città simbolo della guerra in Ucraina, come Mariupol, Cherson, Odessa, Charkiv, Zaporižžja, Mykolaïv, Kiev. Non hanno molta voglia di parlare, i più giovani come German, Nicolae, Masha (Maria), Alexandr, Tatiana passano il loro tempo a provare a contattare i loro parenti rimasti in Ucraina, giocano a ping pong, leggono, si danno da fare nel preparare i tavoli per i pasti, fanno qualche lavoretto per racimolare qualche soldo utile. Sono traumatizzati perché, dicono, «abbiamo perso tutto e per questo dobbiamo ricominciare tutto da capo». Anche il rumore del treno che sfreccia sui binari poco distanti risveglia la paura dei bombardamenti. «Non amano parlare della guerra – dice don Andrea Ballan, direttore della Casa don Bosco – preferiscono guardare il cielo e le stelle in silenzio. Ciò che colpisce è la dignità di queste persone».
Con loro ci sono alcuni volontari dell’organizzazione salesiana Vides di Torino e altri venuti da Roma a portare medicinali e alimenti. La piccola, ma attiva chiesa cattolica locale ha creato una rete di accoglienza e di aiuto che, spiega mons. Cesare Lodeserto, vicario generale della Diocesi e legale rappresentante della Fondazione “Regina Pacis”, «è composta da due centri della Caritas Moldova, tre della Fondazione Regina Pacis, di questi uno è gestito in collaborazione con i salesiani. Altri servizi sono, inoltre, garantiti da organismi come Optima Fide, Casa della Provvidenza, da parrocchie, comunità religiose e anche da famiglie». La Chiesa locale è anche impegnata a offrire assistenza psicologica e sanitaria; ai più piccoli viene garantita la scuola in Dad grazie al collegamento con i loro insegnanti rimasti in Ucraina.
Notizie sconfortanti
La Pasqua ha portato un momento di sollievo ai rifugiati ucraini che hanno salutato la partenza di due volontari rientrati in Italia. Danze, musica e giochi sono serviti a ridare un po’ di sorriso ai loro volti. Purtroppo le notizie che arrivano dalle loro città non sono confortanti. Il desiderio di farvi ritorno presto è enorme così come quello di riabbracciare i propri mariti, figli, compagni rimasti a combattere in patria. «Questa emigrazione è diversa da quella che siamo soliti vedere – racconta mons. Lodeserto -. Qui arrivano persone che fino a pochi giorni avevano una vita tranquilla, un lavoro, una casa. Ora non hanno più nulla. Sono venuti via con poche cose e una grande dignità. Non chiedono nulla. La loro unica richiesta è una rete Wi-Fi per parlare con i parenti rimasti in Ucraina e avere notizie di quanto accade. Sulla guerra non hanno le stesse idee ma tutti provano la stessa sofferenza».
Sale la paura
Intanto la vita scorre a Chişinău dove non si ode il rombo degli aerei da combattimento e non si vedono carri armati. Ma con l’andare dei giorni sale la preoccupazione di un allargamento del conflitto soprattutto dopo le parole del comandante russo Rusto Minnekayev, capo del Distretto militare centrale, che ai media ha affermato che i transnistriani stanno subendo l’oppressione da parte moldava. Proteggere i russofoni che abitano la Transnistria potrebbe essere per la Russia un modo per programmare un attacco alla Moldova. Questa preoccupazione, direttamente collegata alla guerra in Ucraina, ha dato un’accelerazione alla futura adesione della Moldova all’Ue, soprattutto adesso che il Paese ha ricevuto il form di ingresso nell’Unione. Se basterà l’appoggio americano a facilitare l’ingresso moldavo nell’Ue è presto per dirlo, così come auspica la presidente filo Ue, Maia Sandu, che deve fare i conti con l’influenza russa che pure è forte in Moldova grazie a partiti e media finanziati dal Cremlino.
La doppia anima, filo Ue e filo russa, presente nel popolo moldavo chiede al Governo del Paese un equilibrio anche nelle scelte: se da una parte la Moldova ha condannato l’aggressione russa all’Ucraina, dall’altra non ha applicato sanzioni al Cremlino. Chi sembra avere le idee chiare su quale posizione assumere sono i giovani moldavi che praticamente tutte le sere si ritrovano sotto l’ambasciata russa a Chişinău per protestare contro l’invasione. Per loro il futuro è l’Europa.