Secondo Vincenzo Camporini, consigliere scientifico dello Iai, l'uccisione del generale «avrà serie ripercussioni in tutta l’area mediorientale»
di Daniele
ROCCHI
Agenzia Sir
L’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani all’aeroporto internazionale di Baghdad, nel corso di un attacco con droni ordinato dal presidente americano Donald Trump, è «un atto di guerra che avrà serie ripercussioni in tutta l’area mediorientale e che coinvolgerà sia Israele, quale potenziale target di vendetta iraniana che tutta la comunità internazionale, Europa in testa. Quest’ultima priva di qualsiasi strumento sia diplomatico che militare utile a contare qualcosa»: intervistato dal Sir, non usa giri di parole il generale Vincenzo Camporini, consigliere scientifico dello Iai (Istituto affari internazionali). Il rischio di una guerra tra Iran e Stati Uniti appare sempre più concreto. «I tasselli di quella Terza guerra mondiale a pezzi di cui parla papa Francesco purtroppo si stanno ricomponendo», aggiunge Camporini.
Qual è l’impatto di questa uccisione?
Un atto di guerra dal quale possiamo aspettarci di tutto. Qassem Soleimani, storico comandante delle Guardie della Rivoluzione, i pasdaran, era forse il vero padrone dell’Iran. Una figura di altissimo livello nella gerarchia iraniana. Per fare un paragone è come se nel 1939, dopo l’invasione tedesca di Danzica, un commando inglese avesse ucciso Hermann Goering, uno dei più autorevoli collaboratori di Hitler. Non siamo di fronte a un semplice attentato, a un raid, ma a un atto di guerra e, al tempo stesso, a un atto politico che non potrà non avere conseguenze in un’area dove barili di polvere da sparo sono largamente sparsi. Quindi può scoppiare di tutto.
Per bocca dell’ex capo del corpo d’élite Forza Quds, Mohsen Rezaei, l’Iran ha già promesso vendetta…
I Pasdaran in Iran sono una sorta di potere parallelo. Hanno in mano buona parte dell’economia del Paese, e il loro capo Soleimani è un personaggio, come detto, di altissimo livello. Ha sempre rappresentato un’ala interventista nel panorama iraniano cui si è in qualche modo contrapposto l’attuale Governo (guidato dal presidente Hassan Rohani, ndr) con un atteggiamento un po’ più accomodante. Atteggiamento che, dopo questa morte, è destinato a essere sepolto. Riprenderà vigore la parte più reattiva del panorama politico iraniano.
Con quali conseguenze?
Se fossi Israele sarei molto preoccupato. Israele è l’alleato più in vista e più fedele agli Usa e si trova in un’area dove alcune forze militari sono in grado di minacciarlo. Israele potrebbe sconfiggerle tutte, ma questo significa aprire un nuovo focolaio. Giustamente lo Stato ebraico ha elevato il suo livello di allerta perché bersaglio privilegiato. La situazione è veramente molto preoccupante.
Soleimani è stato l’artefice del rafforzamento del peso militare e diplomatico di Teheran in Medio Oriente, in particolare in Iraq e Siria, Paesi dove gli Usa sono impegnati militarmente…
Aggiungerei anche il Libano, che attualmente è privo di governo e dove Hezbollah, milizia sciita fedele alleata dell’Iran, ha un peso considerevole. La strategia di Soleimani ha avuto successo e la sua morte paradossalmente lo rafforzerà.
Vale lo stesso per lo scontro tra sciiti e sunniti, tra Iran e Arabia Saudita?
Non credo alle guerre di religione. La religione viene sempre strumentalizzata per conseguire risultati di potere politico. Sunniti e sciiti hanno convissuto per secoli e non capisco come mai in tempi più recenti si scoprano essere gli uni i nemici mortali degli altri. Lo sono diventati perché da un lato c’è l’Iran e dall’altra l’Arabia Saudita che vogliono diventare potenze egemoni in questa regione. Questo episodio avrà un enorme impatto tra le varie potenze e anche a livello economico. La notizia della morte di Soleimani è stata accolta dai mercati finanziari con il prezzo del petrolio salito di diversi punti percentuale. Quanto sta accadendo in questa area avrà dirette e immediate conseguenze anche per l’Europa, per l’Italia in particolare, dove non c’è nessuno che faccia politica estera.