Continua l’opera di assistenza nei due Paesi colpiti dal terremoto. Nel primo le macerie del sisma si sommano a quelle della guerra, nel secondo un’alluvione è un ulteriore ostacolo
di Bruno
CADELLI
Le macerie della guerra avvolte dalla polvere del terremoto. Questa è la Siria, dopo dodici anni di conflitto e una scossa che ha fatto crollare vita e speranza.
Aiuti a rischio
«La situazione è drammatica e c’è bisogno di tutto: acqua potabile, cibo, riparo»: Danilo Feliciangeli è il referente per i progetti in Siria per Caritas Italiana. Ha visto Aleppo, Damasco e milioni di persone allo stremo delle forze. Ricostruire le case a pezzi e rivitalizzare il tessuto sociale ed economico sembra un’impresa impossibile: «Gli aiuti arrivano a singhiozzo nelle zone non controllate dal governo, ma da bande criminali, e anche per gli operatori umanitari è rischioso andare ad aiutare le persone». Questo è il quadro nel nord-est del Paese, nella zona di Idlib, ma anche nei territori controllati dal governo i bisogni sono costanti: «Lunedì scorso c’è stato il bombardamento dell’aeroporto di Aleppo da parte di velivoli israeliani. In Siria si combatte una guerra mondiale sulla pelle delle persone».
Come riportato dall’Ansa, citando l’agenzia siriana Sana, l’aeroporto ha ripreso a funzionare, ma da anni si susseguono periodici raid aerei attribuiti a Israele contro gli aeroporti del Paese.
Il nodo-sanzioni
Siria stritolata dalle sanzioni internazionali, sulle quali Feliciangeli invita a una riflessione: «Il tema è complesso. Non hanno facilitato la democratizzazione del Paese e non hanno spinto il governo di Assad a tutelare i diritti umani. Gli aiuti arrivano comunque, ma dopo anni dall’imposizione della sanzioni credo sia doveroso riflettere e attuare un cambio di passo. Stanno danneggiando solo i civili».
Le macerie raccontano la Siria e il suo dramma: «Gli abitanti di Aleppo dicono “green war, grey hearthquake”. Se le macerie sono verdi perché è cresciuta l’erba sono quelle della guerra, altrimenti quelle più fresche di polvere sono del terremoto». Il sisma ha colpito in maniera dura Lattakia, città risparmiata dalla guerra, ma caduta in povertà estrema. «Ci sono tanti rifugiati interni. Il terremoto ha fatto crollare anche palazzi nuovi, spesso costruiti senza un controllo di qualità sui materiali. Anche questa è una conseguenza della guerra, portatrice di anarchia totale».
Non c’è pace nemmeno per la Turchia, dove lo sforzo di Caritas si deve scontrare anche con l’emergenza alluvione: «Domani partirò per Sanliurfa, Adyaman e Gaziantep. Le città sono piene di fango, continuano a emergere i corpi e stiamo cercando di rispondere anche a questa calamità naturale – Giulia Longo lavora per Caritas Turchia e parla da Istanbul -. Da quando è scoppiato il terremoto abbiamo distribuito 17.500 pasti, 10.200 pacchi di cibo da cucinare e facilitato tramite una cucina mobile della ong tedesca Space Eye 42 mila pasti caldi».
A questi numeri si aggiungono migliaia di aiuti come kit sanitari, coperte, vestiti e scarpe: «Cerchiamo di ascoltare le esigenze di tutti con progetti di assistenza anche a medio termine. Il lavoro è duro ma non ci fermiamo».