Nato a Rodi nel 1930, è uno degli ultimi sopravvissuti al lager di Auschwitz-Birkenau. Dopo un silenzio di 60 anni, dal 2005 si dedica «a raccontare a tutti ciò che è stato». Lo ha fatto anche sul numero di gennaio del mensile diocesano
di Bruno
Cadelli
Da Il Segno di gennaio
Un testimone dell’Olocausto si racconta in occasione della Giornata della Memoria (27 gennaio). Pubblichiamo l’incipit dell’articolo
Sami Modiano vede ancora camere a gas e scheletri con il pigiama a righe. Parla con la voce rotta dall’emozione ed è un fiume di ricordi, patrimonio della memoria: «Io sono uscito da quell’inferno e ho una missione: raccontare a tutti ciò che è stato». Sami al telefono sembra uno storico, altre volte invece un nonno che racconta la sua vita al nipote: «Ho avuto la fortuna di nascere a Rodi, un’isola bellissima che all’epoca era provincia italiana. Ero coccolato dalla mia famiglia, c’era la comunità ebraica di circa 2000 persone e altre comunità religiose. Giocavo con tutti ed ero felice».
Sami ha 92 anni e non è più un bambino dal 1938, quando le leggi razziali lo condannarono: «Quella mattina mi ero svegliato come un bambino. La notte mi addormentai come un ebreo», scrive nel suo libro Per questo ho vissuto, la mia vita ad Auschwitz-Birkenau e altri esili. Il giorno in cui “perde la sua innocenza” è ancora vivo dopo 85 anni: «Il mio insegnante mi ha chiamato alla cattedra, non dimenticherò mai le sue parole: “Sami Modiano, sei espulso dalla scuola”». Un bambino di otto anni inconsolabile cerca spiegazioni dal padre con il viso coperto di lacrime. «Quando sarai grande capirai Sami – mi disse papà -. La verità è che non capivo allora e non capisco nemmeno oggi».
«Quando parlo non lo faccio solo per gli ebrei. Parlo anche per gli omosessuali, i disabili, rom, politici, tutti quanti. Sono persone che il Padre eterno ha messo al mondo».