Tra le varie proposte di questo ultimo periodo ce n’è una che porta a chiedere dove sia finita la “dura lotta” agli evasori...
di Nicola SALVAGNIN
Ma davvero la «dura lotta all’evasione fiscale» partirebbe con l’ennesimo condono, magari doppio e cioè sia quello fiscale che l’edilizio? Davvero si vuole combattere questa piaga che affligge l’Italia (120 miliardi di redditi non dichiarati ogni anno, a stare prudenti) facendo un altro regalo a chi non paga le tasse e non rispetta le regole? E che faccia faranno i nostri salvatori europei quando scopriranno che a parole spostiamo i monti, e nei fatti li rinforziamo? Perché la proposta avanzata da alcuni alti dirigenti del Pdl – cioè del partito al Governo – suona beffarda rispetto ai proclami fatti appena qualche settimana fa, quando addirittura si parlava di manette agli evasori. Non di regali, quali sono i condoni.
Quello fiscale poi… Ogni volta si giura che questo è l’ultimo, che mai più ci sarà e quindi è meglio aderire. Sul “mai più”, ormai s’è visto che è un’eternità che dura al massimo dieci anni. Gli evasori si regolano di conseguenza. In più la lezione dell’ultimo condono dovrebbe essere bastata allo Stato: una gran parte degli aderenti ha pagato solo la prima rata, quella che serviva a bloccare la macchina della riscossione. Poi stop. Tanto, chi li controlla? E metti mai che un domani perdoneranno loro questo e altro ancora?
Infatti. L’Agenzia delle Entrate ha calcolato che dal 1973 al 2003, lo Stato ha incamerato tramite condoni fiscali qualcosa come… 26 miliardi di euro. In trent’anni. Contro un’evasione stimabile per difetto in almeno mille miliardi di euro non incassati.
Per non parlare dell’orrore che suscita il condono edilizio in un Paese in cui una casa su cinque è sorta fuori dalle regole. In cui ampi tratti della costa si sono trasformati da paradiso a cemento armato; in cui si costruisce sopra terreni franosi, sui greti dei fiumi, in situazioni di pericolo che puntualmente si concretizza, con strascico di morti e di autorità che proclamano: «Mai più!».
Ma il condono edilizio questa volta sarebbe doppiamente assurdo. Già la materia è stata delegata alle Regioni, ognuna delle quali la regola a seconda delle sue esigenze ma tanto poi arriva il condono e campa cavallo. In più questo governo ha approvato, due anni fa e riapprovato negli scorsi mesi, un provvedimento chiamato “Piano casa” che liberalizzava assai il mattone italiano: in deroga a quasi tutti gli strumenti urbanistici e le leggi esistenti, si può ampliare la propria abitazione per una volumetria pari al 20%, che cresce al 30 e può arrivare fino al 45% in determinate e non impossibili condizioni. C’è molto altro in quel Piano casa, che verrebbe spazzato via da un condono edilizio: per un po’ di soldi, magari solo promessi, e il piccolo fienile diventa chalet vista Dolomiti; la colata di cemento s’innalza a condominio fronte mare; la spianata periferica s’arricchisce improvvisamente di qualche palazzina; il deposito attrezzi agricoli – già provvidenzialmente dotato di camino e canna fumaria, non si sa mai che i trattori soffrano il freddo invernale – sceglie di elevarsi a villa panoramica.
Mentre il cittadino onesto paga fior di quattrini il terreno edificabile, ne versa altri al Comune per gli oneri urbanistici, allo Stato per le imposte varie che gravano sul mattone, quindi costruisce con tanto di perizie geologiche e climatiche e guai se i muratori non hanno (giustamente) con sé ogni misura di protezione prevista da leggi a “validità variabile”. E già senza prospettare condoni, ogni anno si costruiscono in Italia qualcosa come 40 mila case completamente abusive…
Si spera insomma che quella dei condoni sia l’ennesima boutade di una coalizione governativa che, in questi ultimi tre mesi, ha dato abbondante prova di improvvisazione in materia economica. Altrimenti non si potrà far altro che dare ragione a Fabrizio De Andrè quando cantava: “Prima pagina venti notizie ventuno ingiustizie e lo Stato che fa? Si costerna, s’indigna, s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità”.