La società civile italiana ed europea reagisce al Piano europeo presentato a Bruxelles, con atteggiamenti opposti, di cauta speranza e delusione
di Patrizia
Caiffa
Ricollocamenti o rimpatri sponsorizzati. Sono l’aspetto più visibile del meccanismo di solidarietà obbligatorio tra tutti gli Stati membri alla base del nuovo Piano europeo su migrazione e asilo, presentato a Bruxelles dal vicepresidente Margaritis Schinas e dalla commissaria Ue, Ylva Johansson. Secondo il piano, che dovrà essere sottoposto al vaglio degli Stati membri (la Repubblica Ceca ha già espresso critiche), con «i rimpatri sponsorizzati gli Stati dovranno rimpatriare – entro otto mesi – una quota di migranti dal Paese di primo ingresso. Se entro otto mesi non saranno effettuati tutti i rimpatri, lo Stato partner accoglierà sul suo territorio quanti restano da allontanare». Il meccanismo scatterà automaticamente per i migranti salvati in mare, con indicazioni già stabilite per tutti gli sbarchi. Due le strade: un iter standard per la richiesta di asilo, o una “procedura di frontiera” veloce.
Le reazioni
«Oggi proponiamo una soluzione europea per ricostruire la fiducia tra Stati membri e per ripristinare la fiducia dei cittadini nella nostra capacità di gestire come Unione», ha detto Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue. Per il premier italiano Giuseppe Conte è «un importante passo verso una politica migratoria davvero europea. Ora il Consiglio europeo coniughi solidarietà e responsabilità. Serve certezza su rimpatri e redistribuzione: i Paesi di arrivo non possono gestire da soli i flussi a nome dell’Europa».
Di diverso tono, anche opposto, le reazioni della società civile italiana ed europea.
Per Caritas italiana si tratta di «un primo passo interessante su cui lavorare, da qui ai prossimi decenni, per un cambiamento reale. Se si aggiungesse la modifica del Regolamento di Dublino sarebbe un grande risultato – commenta Oliviero Forti, responsabile dell’area immigrazione di Caritas italiana -. È positiva l’idea di una apertura indirizzata verso l’abolizione del Regolamento di Dublino e quindi la possibilità di non scaricare sul Paese d’ingresso tutte le responsabilità e gli oneri dell’accoglienza. È positivo che si faccia riferimento al ruolo strategico che possono svolgere alcuni attori per quanto riguarda i salvataggi in mare». Allo stesso tempo Caritas italiana chiede «che venga ripristinato un dispositivo europeo di salvataggio insieme alle Ong». Forti invita il governo italiano a «dare subito il buon esempio, cambiando i decreti sicurezza e smettendo di criminalizzare le Ong e la solidarietà. Deve essere davvero un lavoro di squadra. Adesso c’è uno schema sul quale lavorare, ci attendiamo dei risultati». Sulle procedure accelerate alla frontiera Caritas avverte: «Hanno un grave rischio: non valutare seriamente i bisogni di protezione. Abbiamo bisogno di capire nel dettaglio come verranno implementate le procedure e chi sarà coinvolto nei processi. Il confine della protezione internazionale è molto fragile». In ogni caso, conclude, nel Patto non si intravede ancora una «visione di società aperta e accogliente», poiché «si è consapevoli che non ci sono Stati membri in grado di accettarla. È chiaro che siamo di fronte a grandi compromessi».
Per Caritas Europa, invece, il nuovo Patto Ue «non è all’altezza delle aspettative», ossia di «politiche equilibrate e umane». La posizione è espressa in un tweet: «Ci rammarica vedere che l’attenzione rimane sulla prevenzione delle migrazioni, sul controllo delle frontiere e sui rimpatri».
L’Unicef considera il Piano una «opportunità unica per dare priorità a tutti i bambini» mentre molto critica è Oxfam, secondo cui il progetto di riforma del sistema di asilo rappresenta «un nuovo passo falso nella direzione sbagliata». Il testo, precisa Oxfam, «resta ben lungi dal realizzare una vera visione comunitaria nella gestione del fenomeno migratorio, che parta da una condivisione di responsabilità e della tutela dei diritti fondamentali dei migranti». Per esempio sul tema dei ricollocamenti dei migranti dagli Stati di primo arrivo, come l’Italia, l’adesione degli altri Paesi membri resta su base volontaria, trattandosi di un progetto di riforma che definisce un indirizzo generale. Oxfam lancia un appello urgente «per un immediato cambio di rotta». In questi giorni ha anche presentato una denuncia alla Commissione europea per le violazioni dei diritti umani dei migranti perpetrate dalla Grecia riguardo alle condizioni disumane nell’isola di Lesbo.