L'incendio della Cattedrale ha devastato non solo un centro della cristianità, ma anche un simbolo della storia civile di un Paese e dei suoi valori fondanti
di Giuseppe
GRAMPA
Martedì sera non mi sono staccato dal televisore fino a quando le fiamme che avevano avvolto la Cattedrale di Notre-Dame non sono state domate. Un legame di almeno quarant’anni mi lega a Parigi e alla sua Cattedrale. Due anni di studio prima e poi ogni anno un soggiorno estivo nella capitale francese, ospite e collaboratore della chiesa di St. Sévérin, a pochi minuti dalla Cattedrale stessa. Dalla mia stanza scorgevo la guglia di Notre-Dame, che l’altra sera ho visto avvolta dalle fiamme e poi spezzarsi e precipitare a terra. Quante volte ho sostato ai piedi della statua di Notre-Dame, quante volte ho ascoltato la voce possente del suo magnifico organo o venerato le reliquie della Passione custodite in quel Tempio!
In queste ore mi sono chiesto perché questo rogo ha coinvolto nell’emozione non solo i parigini, ma milioni di persone di tutto il mondo che hanno visitato Notre-Dame. Certo, si tratta di un monumento di singolare bellezza anche se non mancano, proprio in Francia, altre cattedrali, di eguale se non maggiore qualità artistica. Ma nella storia Notre-Dame è stata davvero il cuore della Francia. Il nostro Paese – che pure vanta chiese di incomparabile bellezza – non possiede un edificio che possa essere ritenuto il cuore del Paese. E la ragione sta nel fatto che a Notre-Dame la Francia, paese rigorosamente laico, ha nei secoli celebrato i suoi gesti più significativi. Possiamo ricordare solo alcuni di questi momenti: nel 1600 l’ingresso di Luigi XIV re di Francia e di Navarra e della sua sposa Maria Teresa d’Austria; il 15 agosto 1862 l’incoronazione di Napoleone III; il 17 novembre 1918 la firma dell’Armistizio.
Ricordo un episodio che mi sembra altamente simbolico. Siamo nei giorni della liberazione di Parigi; il 26 agosto 1944 il generale De Gaulle entra nella capitale acclamato e raggiunge Notre-Dame, dove deve esser celebrata la riconquistata libertà del Paese dall’occupazione tedesca. In quell’occasione le autorità impediscono all’Arcivescovo di Parigi, il cardinale Emmanuel Suhard, di lasciare la sua residenza per presenziare alla cerimonia e accogliere De Gaulle sul portale della Cattedrale. Si temono reazioni di dissenso nei confronti dell’Arcivescovo, che due mesi prima, proprio a Notre-Dame, aveva celebrato le esequie di Philippe Henriot, ministro del governo collaborazionista di Vichy, ucciso nel giugno 1944 da un commando della Resistenza. Conosciamo dai diari del Cardinale e del suo segretario i tentativi di evitare questo affronto e la sua amarezza, ma questa vicenda dice il valore di questa cattedrale non solo sul piano religioso, ma anche su quello civile, come simbolo della storia di un Paese e dei suoi valori fondanti.
La prossima estate spero di tornare a Parigi. Dovrò fare la mia consueta preghiera mattutina sul sagrato, e non nel raccoglimento della Cattedrale ai piedi della Vergine che è davvero Notre-Dame, Signora nostra e di tutti.