Negli ultimi giorni incidenti mortali in Piemonte, Emilia Romagna, Campania e Abruzzo: «Salute e sicurezza siano priorità»
di Gigliola
Alfaro
Agensir
Non si ferma la catena di incidenti mortali sul lavoro in Italia. Nelle ultime ore ci sono stati infortuni mortali in Piemonte, Emilia Romagna, Campania, Abruzzo. Malgrado sia un tema all’attenzione da tempo, solo a ottobre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricordava che è «inaccettabile» per un Paese moderno che si verifichino sui luoghi di lavoro incidenti mortali, si continuano a contare vittime, «storie di vite spezzate, di famiglie distrutte, di persone gravemente ferite, di uomini e donne che invocano giustizia», come ha sottolineato il capo dello Stato, nel messaggio al presidente dell’Anmil, Zoello Forni, per la Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro del 9 ottobre scorso.
I dati
«L’Inail ha diffuso i dati dei primi 9 mesi del 2022 che hanno confermato un aumento del 35,2% di infortuni sul lavoro rispetto allo stesso periodo del 2021; un dato inaccettabile, ma che lascia davvero sconcertati è il fatto che rispetto ai primi nove mesi del 2019, ante pandemia, si riscontri una crescita del 14,4% di infortuni e i morti che abbiamo contato in queste ultime 24 ore ne sono una tragica conferma che dovrebbe scuotere tutti, mentre sembra solo una conta mensile che corrisponde a vite umane e a famiglie che si ritrovano a piangere per una morte ingiusta», dichiara il presidente dell’Anmil, Zoello Forni.
«Quanto poi a parlare di giustizia – aggiunge Forni -, la questione diventa anche più incredibile, basti pensare alla condanna per la morte della giovanissima Luana: i coniugi titolari dell’azienda in cui è accaduto l’incidente mortale hanno patteggiato condanne per circa 2 anni di reclusione per aver causato la morte della giovane madre operaia ma per entrambi è stata prevista la sospensione condizionale, quindi neppure uno dei responsabili vedrà un giorno di prigione». Il presidente dell’Anmil assicura: «Come Associazione che da 80 anni tutela le vittime del lavoro, proseguiremo senza fare un passo indietro nella nostra battaglia per difendere tutte le vittime del lavoro con le nostre azioni di sensibilizzazione e con le costituzioni di parte civile affinché nessuno si senta solo». Infatti, «proprio grazie alle nostre testimonianze sappiamo di aver salvato molte vite, portando i nostri volontari nelle scuole e nelle aziende con l’obiettivo di contribuire a far sviluppare una maggiore consapevolezza dell’importanza della salute e sicurezza sul lavoro», spiega Forni che a soli 13 anni ha perso una gamba lavorando come apprendista in una vetreria ed è vivo solo per miracolo.
La richiesta al Governo
«Noi rappresentiamo le istanze di oltre 300.000 famiglie quanti sono i nostri iscritti e sappiamo che le testimonianze di chi subisce sulla propria pelle le conseguenze di un infortunio sul lavoro o una malattia professionale o che porta con sé il dolore immenso dovuto alla perdita di un genitore o di un figlio possono davvero fare la differenza se integrate in un piano di formazione – chiarisce il presidente dell’Anmil -. Al nuovo governo chiediamo di prevedere per la sicurezza sul lavoro un piano di azione più incisivo, con finanziamenti che puntino a risultati concreti e restituiscano dignità e rispetto a tutti i lavoratori, affinché la prevenzione diventi una priorità e sia oggetto di una strategia fatta di impegni comuni che ci facciano perdere il triste primato per le morti sul lavoro che deteniamo in Europa. Noi siamo vicini a tutte le famiglie che hanno subìto queste tragedie sempre prevedibili ed evitabili e siamo pronti a offrire tutta la comprensione e il sostegno possibili di un’Associazione fatta di persone che hanno vissuto sulla propria pelle questi drammi e più di ogni altro sanno cosa si provi. Per questo ci stringiamo ai cari delle vittime e chiediamo a tutti di fare la propria parte».
No all’ipocrisia
«Lo sdegno e il dolore rischiano di essere un po’ un’ipocrisia», dice Angelo Colombini, segretario confederale della Cisl, per il quale «la cosa più importante in questi casi è essere vicini alle famiglie dei lavoratori che purtroppo sono venuti a mancare. Questo i lavoratori spesso lo fanno e vuol dire avere un’idea della solidarietà, stare vicini alle persone che stanno vivendo un dramma così grande».
Secondo Colombini, «è anche evidente che la politica non è in grado oggi, ma non lo era neanche ieri, di essere attenta a quello che sta accadendo. È positivo che il nuovo ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Elvira Calderone, abbia già dato una disponibilità a incontrare il sindacato e a toccare il tema della salute e sicurezza, delle morti e degli infortuni sui luoghi di lavoro come uno dei primi temi che vuole affrontare. Ciò vuol dire che queste morti provocano un’attenzione».
Il segretario confederale della Cisl va sul concreto: «Voglio citare due casi tra gli ultimi incidenti mortali che hanno avuto per protagonisti un uomo di 41 anni, di origine marocchina, nel Torinese, e la signora di 50 anni, nel Piacentino. Sono, infatti, due casi emblematici di come, da un lato, sia importante investire continuamente sulle nuove tecnologie, sugli impianti e sui macchinari nuovi e, dall’altro, sia indispensabile fare le manutenzioni. Nel Torinese il dramma è legato anche a un impianto che mancava di una continua manutenzione. Questo significa pensare che la produzione valga di più della vita delle persone, il costo di un prodotto valga più della vita delle persone. Ciò è indecoroso per una società come l’Italia, ma è indecoroso anche per i datori di lavoro che producono un bene, che deve essere un bene per le persone, ma allora si deve produrre facendolo bene e salvaguardando la vita dei lavoratori».
Investire sulla formazione
Oltre a investire sulle nuove tecnologie, «è importante formare sia i lavoratori sia i datori di lavoro. Senza una formazione anche di questi ultimi, il rischio è allentare l’attenzione nei confronti della salute e sicurezza, che, occorre ricordare, non sono un costo, ma un investimento. Investire sulle nuove tecnologie e sulla formazione sono due punti necessari. E investire sulla formazione vuol dire educare, cioè partire dalle scuole. Anche questo è un aspetto molto importante. Nel rapporto con le scuole, soprattutto con quelle professionali, che saranno quelle che daranno al mondo del lavoro i nuovi lavoratori, bisogna investire quotidianamente. Ciò significa andare nelle scuole e spiegare che il mondo del lavoro ha una sua fattispecie, non è come la scuola, e non ha solo bisogno di produrre, ma anche di salvaguardare la vita delle persone».
Il segretario confederale della Cisl precisa: «È anche evidente che il governo debba investire sempre di più sulle assunzioni degli ispettori territoriali e nazionali del lavoro, sulle Asl e sull’Inail, perché queste realtà, in un coordinamento tra di loro, facciano verifiche compiute nei luoghi di lavoro. È importante rafforzare i controlli perché questo permette al datore di lavoro di avere un’attenzione ulteriore e non pensare che la produzione e la fretta siano il punto di riferimento da seguire. Quando parlo di fretta, intendo che sia i lavoratori sia i datori di lavoro non pensino che la produttività, il pezzo da produrre o la fretta di produrre questo pezzo siano più importanti della vita delle persone. È proprio una posizione culturale, primordiale per un lavoratore ma anche per un datore di lavoro».