L'ultima intervista, poco più di una settimana fa, del vescovo assassinato a Iskenderun


Redazione

Monsignor Padovese tiene una meditazione nella chiesa di San Paolo a Tarso

Questa è l’ultima intervista rilasciata, poco più di una settimana fa, da monsignor Luigi Padovese, il vescovo assassinato oggi a Iskenderun.

Eccellenza, con l’Anno Paolino, Tarso e Antiochia sono ormai entrate a pieno titolo tra le mete più amate dai pellegrini di tutto il mondo. Eppure non si riesce ancora ad avere la concessione della chiesa di San Paolo…
Sulla concessione, finora, verbale della chiesa, siamo ancora a livello di trattativa; la situazione non è pienamente risolta. Ciò che di fatto ci interessa non è tanto la proprietà della chiesa o che questa venga data in gestione alla Chiesa cattolica o alla comunità ortodossa. Ci interessa soprattutto la possibilità di celebrare liberamente e cosicché tutti i pellegrini possano andare a Tarso sapendo che possono pregare senza essere disturbati e senza limitazione. Abbiamo gruppi che arrivano quasi quotidianamente e prevedo un sensibile aumento nei prossimi mesi. Tarso, con Antiochia e la Cappadocia, è nei grandi percorsi di pellegrinaggio e questo è un bene anche per la Chiesa turca.

Anche alla luce dell’Anno Paolino, con che spirito la Chiesa di Turchia parteciperà al Sinodo per il Medio Oriente di ottobre?
Ho collaborato alla stesura dei Lineamenta e dell’Instrumentum laboris che verrà consegnato ai vescovi d’Oriente da Benedetto XVI a Cipro il 6 giugno. Al Sinodo ci sarà una Chiesa turca rinvigorita e più consapevole della propria fede. Tra i frutti dell’Anno Paolino e dei tanti pellegrinaggi che qui continuano ad arrivare, c’è anche la maggiore consapevolezza dei cristiani locali della preziosità di questi luoghi per la tradizione cristiana. La presenza dei pellegrini ridesta la certezza di vivere in una Terra Santa. Altro effetto positivo riguarda i musulmani. Essi vedono che giungono cristiani che, lungi dal voler sfruttare turisticamente il posto, si mettono in atteggiamento di preghiera e ciò aiuta a superare diffidenze reciproche che si sono accumulate nel passato. Credo che la testimonianza più bella che si possa dare alla Turchia sia quella di vedere uomini e donne che pregano.

In che modo il tema del Sinodo – “La Chiesa cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza” – interpella la Chiesa cattolica turca?
Siamo interpellati sia dal punto di vista del dialogo ecumenico sia da quello con l’Islam. Vivendo in un Paese a maggioranza musulmana c’è la necessità da parte dei cristiani di non essere frammentati in tanti ruscelli ma di costituire un fiume, mettendo in evidenza le cose che ci uniscono e dando l’idea alla società islamica che i cristiani non sono divisi ma distinti. E questa è una ricchezza. Va sfatata poi l’impressione che la Chiesa, soprattutto quella latina, stia facendo proselitismo. Siamo una presenza rispettosa delle altre identità confessionali e religiose e vogliamo essere riconosciuti come tali con tutti i diritti. Noi siamo cittadini dei Paesi nei quali viviamo. La nostra forza si appoggia non tanto sulla nostra fede quanto piuttosto sul diritto che ogni Costituzione riconosce ai propri cittadini. Nei Paesi a maggioranza musulmana, dove le Chiese del Medio Oriente vivono, il Cristianesimo è visto come una religione lecita, è permesso essere cristiani però talvolta, in più aspetti, si vive in una situazione di inferiorità rispetto agli altri. Il diritto di rivendicare la piena cittadinanza, specie in Paesi musulmani diventa quanto mai importante.

Tra meno di dieci giorni Benedetto XVI si recherà a Cipro, ponte tra l’Europa e la Terra Santa, dove consegnerà l’Instrumentum laboris del Sinodo. A suo parere, cosa potrà dare questo Sinodo alle Chiese europee?
Avvicinarle alle sorelle orientali. Cipro come la Turchia è una realtà di ponte tra due mondi e due culture e anche tra due religioni. È significativo che la Chiesa cattolica cipriota sia stata da poco riconosciuta come membro effettivo del Ccee, il Consiglio delle Conferenze episcopali europee. La Chiesa turca e cipriota, presenti al Sinodo, essendo realtà di mediazione, potranno favorire uno sguardo più attento e approfondito rivolto alle Chiese d’Oriente. Questa è l’ultima intervista rilasciata, poco più di una settimana fa, da monsignor Luigi Padovese, il vescovo assassinato oggi a Iskenderun.Eccellenza, con l’Anno Paolino, Tarso e Antiochia sono ormai entrate a pieno titolo tra le mete più amate dai pellegrini di tutto il mondo. Eppure non si riesce ancora ad avere la concessione della chiesa di San Paolo…Sulla concessione, finora, verbale della chiesa, siamo ancora a livello di trattativa; la situazione non è pienamente risolta. Ciò che di fatto ci interessa non è tanto la proprietà della chiesa o che questa venga data in gestione alla Chiesa cattolica o alla comunità ortodossa. Ci interessa soprattutto la possibilità di celebrare liberamente e cosicché tutti i pellegrini possano andare a Tarso sapendo che possono pregare senza essere disturbati e senza limitazione. Abbiamo gruppi che arrivano quasi quotidianamente e prevedo un sensibile aumento nei prossimi mesi. Tarso, con Antiochia e la Cappadocia, è nei grandi percorsi di pellegrinaggio e questo è un bene anche per la Chiesa turca.Anche alla luce dell’Anno Paolino, con che spirito la Chiesa di Turchia parteciperà al Sinodo per il Medio Oriente di ottobre? Ho collaborato alla stesura dei Lineamenta e dell’Instrumentum laboris che verrà consegnato ai vescovi d’Oriente da Benedetto XVI a Cipro il 6 giugno. Al Sinodo ci sarà una Chiesa turca rinvigorita e più consapevole della propria fede. Tra i frutti dell’Anno Paolino e dei tanti pellegrinaggi che qui continuano ad arrivare, c’è anche la maggiore consapevolezza dei cristiani locali della preziosità di questi luoghi per la tradizione cristiana. La presenza dei pellegrini ridesta la certezza di vivere in una Terra Santa. Altro effetto positivo riguarda i musulmani. Essi vedono che giungono cristiani che, lungi dal voler sfruttare turisticamente il posto, si mettono in atteggiamento di preghiera e ciò aiuta a superare diffidenze reciproche che si sono accumulate nel passato. Credo che la testimonianza più bella che si possa dare alla Turchia sia quella di vedere uomini e donne che pregano.In che modo il tema del Sinodo – “La Chiesa cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza” – interpella la Chiesa cattolica turca?Siamo interpellati sia dal punto di vista del dialogo ecumenico sia da quello con l’Islam. Vivendo in un Paese a maggioranza musulmana c’è la necessità da parte dei cristiani di non essere frammentati in tanti ruscelli ma di costituire un fiume, mettendo in evidenza le cose che ci uniscono e dando l’idea alla società islamica che i cristiani non sono divisi ma distinti. E questa è una ricchezza. Va sfatata poi l’impressione che la Chiesa, soprattutto quella latina, stia facendo proselitismo. Siamo una presenza rispettosa delle altre identità confessionali e religiose e vogliamo essere riconosciuti come tali con tutti i diritti. Noi siamo cittadini dei Paesi nei quali viviamo. La nostra forza si appoggia non tanto sulla nostra fede quanto piuttosto sul diritto che ogni Costituzione riconosce ai propri cittadini. Nei Paesi a maggioranza musulmana, dove le Chiese del Medio Oriente vivono, il Cristianesimo è visto come una religione lecita, è permesso essere cristiani però talvolta, in più aspetti, si vive in una situazione di inferiorità rispetto agli altri. Il diritto di rivendicare la piena cittadinanza, specie in Paesi musulmani diventa quanto mai importante.Tra meno di dieci giorni Benedetto XVI si recherà a Cipro, ponte tra l’Europa e la Terra Santa, dove consegnerà l’Instrumentum laboris del Sinodo. A suo parere, cosa potrà dare questo Sinodo alle Chiese europee?Avvicinarle alle sorelle orientali. Cipro come la Turchia è una realtà di ponte tra due mondi e due culture e anche tra due religioni. È significativo che la Chiesa cattolica cipriota sia stata da poco riconosciuta come membro effettivo del Ccee, il Consiglio delle Conferenze episcopali europee. La Chiesa turca e cipriota, presenti al Sinodo, essendo realtà di mediazione, potranno favorire uno sguardo più attento e approfondito rivolto alle Chiese d’Oriente.

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