La senatrice a vita preoccupata dalle possibili conseguenze della scomparsa dei testimoni diretti dell’Olocausto. Ma negli occhi dei ragazzi che nelle scuole ascoltano la sua testimonianza riesce a intravvedere una speranza
di Stefania
CECCHETTI
È sopravvissuta alla tragedia della Shoah e adesso, a novant’anni, Liliana Segre si trova a ricevere 200 messaggi di odio al giorno. Motivo per il quale ora vive sotto scorta. Uno scandalo, a dir poco. E la senatrice a vita non è certo la sola a essere oggetto di intolleranza: secondo l’Osservatorio antisemitismo del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano, nel 2019 gli episodi di natura antisemita – il 70% dei quali è avvenuto on line – sono stati un numero drammaticamente più elevato rispetto allo stesso periodo nel 2018. A questa ondata di nuovo odio, cieco e sordo alla memoria, nello scorso dicembre hanno voluto rispondere i sindaci d’Italia, organizzando la manifestazione «Io non odio», che ha letteralmente riempito la Galleria Vittorio Emanuele di Milano.
In poche settimane intorno alla sua persona c’è stata la proposta di cittadinanza onoraria negata dal sindaco di Biella e l’abbraccio degli oltre 600 sindaci, provenienti da tutta Italia, nella Galleria Vittorio Emanuele…
Parliamo della seconda cosa, parliamo di tutti i sindaci che sono arrivati a Milano come figli che vanno a trovare la mamma.
Che emozione ha provato?
Molto bella. Guardi, mi sono sentita davvero circondata da affetto, da vicinanza, e tutto questo, poi, nel cuore della mia città. È stato proprio un regalo.
Dopo la morte di Piero Terracina, un altro dei sopravvissuti all’Olocausto, lei ha fatto una dichiarazione un po’ pessimista: la paura che la fiaccola della memoria si spenga man mano che vengono meno i testimoni diretti. Che cosa offusca questa memoria già oggi, quando ancora voi testimoni siete vivi?
Non è che io mi sia svegliata pessimista una mattina. Il mio pessimismo nasce da quello che vedo avvenire già oggi. In questi anni, da una parte ho visto man mano morire carnefici e vittime, cioè tutti quelli che erano stati presenti in quell’epoca terribile, dall’altra ho assistito alla degradazione della storia, che oggi è una materia negletta. Se non si studia la storia, la memoria di qualunque cosa, non solo della Shoah, viene meno. Basta vedere l’ignoranza che dilaga. A volte guardo la televisione e a certi quiz ci sono proprio domande semplicissime sulla storia, eppure certe date vengono talmente equivocate dai giovani… Se non si conosce la storia è logico che anche la memoria pian piano svanirà nel tempo. Purtroppo non sono pessimista, ma realista.
La storia come custode della memoria, certo. Cos’altro può tenere viva la fiaccola della memoria?
Mah, credo proprio che sia la storia la chiave della memoria. Tutti gli avvenimenti storici sono destinati – negli anni, nei decenni, non parliamo nei secoli – a essere dimenticati, quindi anche la Shoah, questo genocidio che non ha precedenti nella storia passata, diventerà prima una riga in un libro di storia e poi purtroppo non ci sarà più neanche quella.
Lei però ha definito i giovani «future fiaccole della memoria» e spesso racconta di quanto siano attenti, quando nelle scuole racconta la sua terribile esperienza. Sono loro la nostra speranza?
I giovani sono straordinari. Io sono una nonna e quindi ai giovani parlo da nonna, non dall’alto di una cattedra. Dialogo con loro come se fossero insieme ai miei nipoti, tutti seduti a casa mia, e i loro occhi sono una grande risposta a quello che io racconto. In quel momento avviene qualcosa, si genera una grande empatia fra me e i ragazzi che mi stanno ascoltando.
Cosa risponde invece agli odiatori da tastiera che l’hanno costretta, alla sua età e con il suo passato, ad avere una scorta?
Io non ho mai risposto agli odiatori da tastiera, perché tutto sommato mi fanno pena. Penso che debbano essere persone con grandi problemi, se non hanno niente di più interessante da fare se non augurare la morte a una signora di novant’anni. Alla mia età ci pensa già la vita stessa, alla morte…
Ha qualcosa da temere da questi haters?
Non credo. Devo dire che la risposta agli odiatori non l’ho data io, l’hanno data tutti i cittadini, tutti i sindaci, tutti i bambini che sono venuti a Milano dicendomi: «Siamo noi la tua scorta». Una cosa bellissima. Al di là del fatto che, la mia scorta, quella vera, è fatta di quattro persone con le quali ho già stabilito un legame affettivo e a cui voglio già bene.
Quale può essere l’antidoto all’odio?
Io lo spiego sempre, in tutti i modi: abbracciarsi, baciarsi, toccarsi, essere vicino uno all’altro, accettarsi. Non sono io quella che deve dare i grandi principi, ma ho cercato con la mia vita di non parlare mai di odio e di vendetta. La mia risposta all’odio è stata questa.