Il rientro in presenza è «una decisione giusta» per la presidente della Federazione istituti di attività educative, Virginia Kaladich, ma «per garantire la sicurezza serve un coordinamento con gli enti territoriali»
Con il decreto “riaperture” approvato il 21 aprile dal Consiglio dei ministri, da lunedì 26 aprile almeno 7,6 milioni di alunni tornano in classe, l’89,5% del totale. Fino alla conclusione dell’anno scolastico è assicurato in presenza sull’intero territorio nazionale lo svolgimento dei servizi educativi per infanzia, scuola dell’infanzia, scuola primaria, scuola secondaria di primo grado e per almeno il 50% degli studenti della scuola secondaria di secondo grado. In zona rossa l’attività didattica in presenza è garantita fino a un massimo del 75% degli alunni. Nelle zone gialle e arancioni tornano invece tra i banchi tutti gli studenti, anche delle superiori. Le scuole superiori possono tuttavia adottare forme flessibili nell’organizzazione dell’attività didattica. Intanto, oltre il 76% del personale scolastico ha ricevuto la prima dose di vaccino anti Covid-19.
«L’obiettivo da realizzare quanto prima deve rimanere quello di riportare tutti in presenza al 100%. Bisogna continuare a lavorare anche e soprattutto in vista di settembre a cui dobbiamo arrivare preparati», aveva dichiarato il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi durante l’incontro tra Governo ed enti locali alla vigilia dell’approvazione del nuovo decreto legge. Sulle misure previste per la scuola interviene Virginia Kaladich, presidente della Fidae (Federazione istituti di attività educative) e componente del Consiglio superiore della Pubblica istruzione.
Come valuta i contenuti del provvedimento relativi alla scuola?
Le riaperture erano state ampiamente annunciate e fa sempre piacere sapere che i ragazzi e gli insegnanti torneranno a guardarsi negli occhi in presenza. Va anche detto che le scuole paritarie in questo anno di pandemia hanno lavorato molto per perfezionare la Dad e la didattica mista per cercare di renderla una nuova forma di relazione, tentando di andare oltre la rigidità di un’erogazione di servizio. È vero che scene come quella dell’insegnante che interroga una studentessa bendata ci fanno capire che per molti questa relazione non c’è mai stata; eppure, quando sarà passata la pandemia, potremo almeno dire di aver trovato modalità nuove di fare lezione, che magari in alcuni casi si potranno rivelare utili. La lezione in presenza rimane certamente insostituibile, però nell’esperienza che abbiamo vissuto nei mesi scorsi ho visto veri maestri che hanno trasformato la didattica a distanza in didattica di vicinanza facendosi vicini ai loro studenti con grande passione educativa. Penso che il fascino per il sapere dipenda dal come un docente entra in relazione con i propri allievi tanto da farlo diventare vero maestro… e questo può avvenire in aula, in un cortile ma anche attraverso uno schermo!
Lei è preside di un polo scolastico che comprende tre istituti. La “riapertura” è una buona decisione o la preoccupa?
Penso sia una decisione giusta, è importante che i ragazzi vivano almeno questi ultimi due mesi di scuola in presenza, che possano tornare sui banchi a parlare con i loro coetanei, a ristabilire un rapporto con gli insegnanti, che possano tornare nei laboratori a fare qualcosa di manuale che sia diverso dal muovere le dita sopra la tastiera. È chiaro che la sicurezza dipenderà, sì, dai singoli istituti scolastici ma sarà anche il frutto di un lavoro coordinato con gli enti territoriali perché i ragazzi, fortunatamente non frequentano solo la scuola, vanno a trovare gli amici, fanno sport, entrano in un bar e quindi bisognerebbe tutti attenersi a degli standard di sicurezza elevati, almeno gli stessi che i ragazzi trovano nelle nostre scuole.
Che cosa è stato fatto per garantire la sicurezza?
Già da giugno scorso abbiamo lavorato moltissimo sulla formazione di tutti i docenti e del personale scolastico con la realizzazione di appositi webinar e abbiamo rivisto tutti i nostri spazi per rendere ogni ambiente il più sicuro possibile. La campagna per la vaccinazione, nonostante alcune lentezze iniziali, sta procedendo speditamente tanto che un’altissima percentuale di personale è già vaccinata, e questo è un ulteriore elemento di garanzia per le famiglie che mandano i propri figli a scuola.
A che punto è lo screening tramite i test salivari?
Siamo ancora in attesa del via libera del ministero della Salute. Credevo che l’ok definitivo potesse arrivare per questi ultimi mesi di scuola ma capisco che ci sono anche dei passaggi burocratici da effettuare, come la marchiatura CE.
Chi decide la percentuale degli alunni in presenza?
La percentuale dipenderà molto dal numero degli studenti di una scuola e dalla proporzione con gli spazi a disposizione. Come Fidae abbiamo cercato di usare tutti gli ambienti, compresi laboratori e palestre, per poter accogliere il numero maggiore di studenti nella massima sicurezza e penso che molto sarà anche lasciato alla decisione del singolo dirigente: confidiamo nella bella stagione e nel fatto che si possano anche organizzare lezioni all’aperto, magari riscoprendo siti archeologici e naturalistici del territorio.
Di per sé la scuola è sicura. Rimangono però due nodi: i trasporti pubblici e il rischio assembramenti prima dell’entrata e dopo l’uscita…
Le scuole sono sicure, lo ripeto: tanti insegnanti sono vaccinati, abbiamo gli screening e il distanziamento, siamo in grado di tracciare i contatti di chi è risultato positivo e di poter quindi attuare le norme affinché il contagio si blocchi. Sicuramente quello dei trasporti rimane il nodo più difficile, soprattutto ora che vengono riaperte le scuole di secondo grado. Qui però ritorno al discorso che ho fatto prima: serve un coordinamento tra le scuole e gli enti del territorio perché il servizio pubblico di trasporto in tante realtà va potenziato: autobus pieni, con evidenti affollamenti negli orari di punta, mandano a monte tutto quello che la scuola fa per garantire la sicurezza. I problemi in entrata e in uscita invece potrebbero essere meno difficili da risolvere. Molte nostre scuole si sono organizzate con la ridefinizione di percorsi di entrata e uscita e di divisione per orari.
Meglio orari scaglionati che doppi turni?
Sì, mi pare la strada più semplice e, come dicevo, in molti istituti è già una modalità in uso. È chiaro, ma questo vale sempre e a maggior ragione durante un’emergenza, che serve la collaborazione di tutti perché se un ragazzo arriva ripetutamente in ritardo è inutile decidere di far entrare gli studenti a orari scaglionati. Sui doppi turni è più complicato perché servirebbe un’implementazione del personale scolastico.
Che cosa teme e che cosa auspica?
Parlerei solo di cosa auspico: che si raggiunga presto la copertura vaccinale e che la contagiosità di questo virus diminuisca sempre di più fino a sparire. Sarebbe bello poter programmare il prossimo anno scolastico sapendo che il peggio è passato e che ci ritroveremo finalmente tutti in classe, ancora più contenti e motivati e con un nuovo bagaglio di esperienze e innovazione perché peggio di questa pandemia, come ricorda spesso il Papa, c’è solo il rischio di sprecarla.