Annarosa Racca, presidente di Federfarma Lombardia, illustra l’attività svolta in queste settimane, che in molti casi è stata anche di consulenza e conforto ai clienti, e dice: «Speriamo che questa brutta esperienza abbia cambiato un po’ la nostra società, ci abbia reso meno egoisti»
di Ylenia
SPINELLI
Dopo settimane di emergenza sanitaria e preoccupazione per un virus ancora in parte sconosciuto e contagioso, «questo è il momento della generosità». Ne è convinta Annarosa Racca, presidente di Federfarma Lombardia, federazione che rappresenta le farmacie private convenzionate con il sistema sanitario.
La dottoressa lo sperimenta ogni giorno dietro il banco della sua farmacia a Milano, in zona Lambrate. Come tutti i suoi colleghi è sempre stata in prima linea, vicino alle gente che soffre, cercando di dare non solo il medicinale più appropriato, ma anche una parola rassicurante. È l’altra faccia del Coronavirus, quella della solidarietà e della generosità, vista tra i medici e gli infermieri degli ospedali, tra i volontari e anche tra i farmacisti, recentemente ricordati nella preghiera da papa Francesco.
Dottoressa, come le farmacie hanno gestito l’emergenza Covid 19?
Credo che ogni farmacia sia stata un punto di riferimento per la popolazione. Abbiamo dimostrato di essere il primo presidio del Sistema sanitario nazionale. Spesso, per la paura di infettarsi al Pronto Soccorso o con gli ospedali congestionati, noi farmacisti siamo stati i primi a venire incontro ai problemi della gente, a gestire angoscia e preoccupazione al primo colpo di tosse o raffreddore, che non era più vissuto normalmente. Tutti i farmacisti sono stati al loro posto, sin dal primo momento; ci siamo dati da fare per aiutare e far arrivare i farmaci ai colleghi del lodigiano e delle zone più colpite, che hanno fatto anche turni supplementari.
Concretamente, come siete venuti incontro alla gente?
Con tanti medici di base malati e per evitare le attese nelle sale d’aspetto degli ambulatori, abbiamo stampato le ricette in farmacia; abbiamo prorogato la validità di esenzioni e piani terapeutici, per esempio ai celiaci. Inoltre abbiamo incentivato la consegna a domicilio per gli over 65, per le persone non autosufficienti e per chi è in quarantena. A Milano, da circa un mese, abbiamo istituito un nostro servizio di “Pronto farmaco”. Chiamando lo 02.3883350 risponde la Croce Rossa che suggerirà all’utente la farmacia più vicina per concordare i farmaci necessari. Un volontario della Croce Rossa passerà a ritirare i soldi per la spesa e consegnerà poi i farmaci porta a porta. Per questa iniziativa abbiamo avuto riconoscimenti strepitosi, pensi che nei primi dieci giorni abbiamo effettuato oltre cinque mila consegne!
Oltre ai farmaci, cosa chiede la gente?
Il nostro ruolo in questo momento è ancora più importante, perché è subentrata la tristezza. Tante persone vengono a raccontarci di parenti deceduti o malati, a volte basta ascoltarli e consigliare la vitamina C o la Valeriana per farli stare meglio. Altre volte dobbiamo cercare di fare chiarezza di fronte alle fake news trovate in internet o sui social. D’altra parte il nostro non è un lavoro, è una vocazione. Io l’ho imparato da mio padre medico, che ci ha lasciati tanti anni fa per un cancro, ma fino all’ultimo è andato a visitare i suoi pazienti. C’è bisogno di pregare, perché i farmaci ci hanno allungato la vita di 7 anni, ma poi il mondo si è trovato impreparato davanti a un virus. La vera grande medicina è riconoscere i valori e l’importanza della famiglia, dello stare insieme, anche dopo il forzato “io resto a casa”. Speriamo che questa brutta esperienza abbia cambiato un po’ la nostra società, ci abbia reso meno egoisti. Qualche segnale già si vede: ci sono tanti ragazzi che vengono in farmacia a prendere le medicine per i nonni o per i vicini di casa.
Con l’aumento dei prezzi delle mascherine, però, alcuni farmacisti si sono rivelati degli approfittatori…
Bisogna chiarire: prima della pandemia in farmacia non avevamo mascherine, se non dei veli, semplici filtri per chi usava vernici, per esempio. Poi hanno iniziato a dire che servivano a tutti e la richiesta è aumentata vertiginosamente, ma le mascherine all’inizio venivano per di più dalla Cina ed erano poche quelle disponibili. Da qui i prezzi anomali, ma credo che nessuno si sia mai approfittato. Quando la Guardia di Finanza è andata a controllare c’era il ricarico di sempre. Certo, il prezzo fisso in Italia per il farmaco è una garanzia. Adesso c’è la proposta di abbassare l’Iva sulle mascherine dal 22% al 4% e sarebbe una buona cosa, si parla addirittura di toglierla. Questa polemica ho oscurato il bene fatto da molti farmacisti, che hanno regalato tante mascherine alla Protezione Civile. Inoltre, grazie a Banco Farmaceutico e alla collaborazione delle aziende farmaceutiche abbiamo donato medicine agli ospedali.
Si è parlato dei tamponi a pagamento al San Raffaele di Milano: perché le farmacie non possono vendere i test a prezzi calmierati?
A oggi non si possono fare test in farmacia o a casa, perché ci vogliono laboratori specializzati; noi farmacisti siamo comunque disponibili a distribuire test sierologici per stabilire la positività o meno al virus. Farà parte della Fase 2.
Pensando al futuro, è sbagliato fare scorta di ossigeno, saturimetri o altri presidi?
L’ossigeno gassoso ha una durata e ha bisogno di ricetta medica, non possiamo darlo così. Il saturimetro da dito, per misurare l’ossigenazione del sangue, è invece un utile apparecchio da tenere in casa. Ma la cosa più importante, pensando al futuro, è la prevenzione: più siamo sani, meno saremo colpiti dai virus. E poi avere maggiore igiene, lavarsi spesso le mani e rispettare le distanze.