I nati nei decenni compresi tra il 1960 e il 1980: una maggioranza senza peso pubblico
di Andrea CASAVECCHIA
Gli adulti sono cresciuti. La loro consistenza in rapporto al resto della popolazione è ampia. Ora c’è bisogno che si prendano il carico della loro responsabilità civica ed escano dalle logiche del privato.
L’età media degli italiani è di poco superiore ai quarantaquattro anni. Quando si osserva il grafico della distribuzione demografica ci accorgiamo che non ha più la tradizionale forma piramidale, ma appare come il fuso di un telaio largo sui fianchi che si restringe verso le estremità. Così l’età media è anche abbastanza vicina all’età di un’ampia quota della popolazione.
Rileviamo che il gruppo numericamente più consistente della popolazione è quello che va dai 40 ai circa 50 anni. Questa fascia d’età corrisponde a una generazione particolare: quella dei nati tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta. Su loro oggi cade una responsabilità maggiore, rispetto alle altre, se si vuole pensare a un cambiamento socio-culturale che coinvolga in modo partecipativo le persone.
Per ora questi adulti potrebbero essere qualificati come: la generazione silenziosa perché storicamente è stata meno attiva rispetto a quella dei Sessantottini, che l’hanno preceduta, e meno immersa nei processi di cambiamento tecnologico degli attuali giovani, i Millennials, che la seguono. Oggi questa generazione non si può più nascondere, per risvegliare le potenzialità di questo Paese le risorse quantitativamente più rilevanti sono lì.
Certo non si è più scattanti come i ventenni e forse si è meno creativi, quando si superano i quarant’anni; però si può affermare di essere nel pieno della maturità. Un tratto di strada è stato percorso: le esperienze lasciate alle spalle dovrebbero aver insegnato un po’ di saggezza; si dovrebbe aver compreso che alcune scelte decise in precedenza hanno condizionato la propria biografia e, con tutta la libertà possibile, non sono più ripetibili; nel campo lavorativo e professionale, nel campo affettivo e familiare si è costruito un bagaglio che nella memoria come nella routine quotidiana condizionerà il futuro che attende.
Tuttavia questi adulti hanno davanti un tratto di strada da percorrere ancora da protagonisti attivi: lo possono affrontare con la dovuta energia perché gli acciacchi fisici normalmente non hanno sferrato il colpo, lo possono guardare con una speranza particolare perché sovente si è genitori concentrati sulla cura dei figli e protesi a offrire loro un futuro carico di prospettive, lo possono vivere con sufficiente libertà perché si è figli di genitori ancora attivi.
C’è bisogno però di adulti veri che si sveglino da un torpore sociale che li ha relegati nel proprio privato, attenti e concentrati a coltivare il benessere personale o della propria famiglia, ma meno appassionati alle questioni del bene comune.
La generazione silenziosa però può dare il proprio contributo proprio perché acquista la consapevolezza di avere dei figli a cui deve un futuro, e perché si sta accorgendo che non può più delegare ai sessantottini, suoi fratelli maggiori, mentre i millennials che chiedono un risveglio e si sentono chiamati in causa, non hanno la consistenza numerica necessaria per imprimere un cambiamento che sia coinvolgente.