Il Comites, Comitato degli italiani all’estero, sta aiutando i connazionali anziani a mettersi in regola. Ci si è organizzati con una linea telefonica, una guida a stampa, visite domiciliari
di Silvia
GUZZETTI
Corrispondente Sir da Londra
Sono soltanto iniziali, A.K., A.F. e V.M. che nascondono, però, storie vere e dolorose di italiani, spesso anziani, che non ce l’avrebbero mai fatta. Senza l’aiuto del Comites, il Comitato degli italiani all’estero, non sarebbero riusciti a completare quella domanda di settled status, il visto, richiesto dal Regno Unito, che garantisce loro accesso a sanità pubblica, alla pensione e alle case di riposo e il diritto di rientrare in Gran Bretagna, dopo un viaggio in Italia.
«A.K. era una malata terminale di cancro, immobilizzata su un letto di ospedale, e abbiamo ottenuto dal Ministero degli Interni britannico una dispensa, così che la sua domanda di settled status venisse sospesa», racconta Marco Pariotti, incaricato, proprio dal Comites, di aiutare gli italiani a registrarsi al sito dedicato. È lui che risponde alle telefonate che arrivano al numero 07879434167, avviato per chi si trova in difficoltà, e risponde ai messaggi all’indirizzo di posta elettronica (brexit@comiteslondra.info) e sui social (@comites). Il termine ultimo, per fare domanda di visto è il 30 giugno e sono ancora a migliaia, soprattutto anziani, gli italiani che non si sono registrati e, quindi, non hanno il diritto di rimanere.
Casa per casa…
«V.M., circa ottant’anni, aveva il passaporto scaduto, ma siamo riusciti a farlo rientrare nel decreto Milleproroghe e l’abbiamo guidato fino al completamento della domanda, andando di persona a casa sua. M.L. aveva soltanto il presettled status, la fase precedente al settled, ma siamo riusciti a recuperare i documenti che dimostravano che poteva restare – continua Pariotti -. Molti anziani che abbiamo aiutato erano ospiti di Villa Scalabrini, la casa di riposo fuori Londra, gestita dai padri Scalabriniani».
Telefono, sportello, guida
La linea telefonica del Comites è stata aperta a gennaio ed è operativa dalle 10 alle 15. Da allora sono arrivate due telefonate ogni minuto e sono state circa duemila le persone che hanno chiamato. Un servizio indispensabile dopo che, per colpa della pandemia, non era stato più possibile incontrare di persona chi aveva bisogno di aiuto, come era stato fatto nel 2019 e nel 2020. Lo sportello itinerante è stato riaperto, al mercoledì, soltanto il mese scorso.
Il Comitato italiani all’estero ha anche messo a punto una guida stampata, pensata per aiutare gli ultrasessantacinquenni, distribuita a 41mila italiani. «Abbiamo scritto, chiedendo a queste persone di contattarci ma circa 2.500 lettere sono tornate indietro – spiega Pariotti -. Ci siamo concentrati su questa fascia d’età perché il Ministero degli Interni britannico ci ha segnalato che avevano ricevuto soltanto tra l’1% e il 2% di domande tra chi appartiene a questa generazione. Siamo, quindi, preoccupati che saranno molti a non registrarsi. Tanti non sanno neppure cosa sia la Brexit».
Approccio duro
«Il governo britannico ha fatto sapere che considererà, in modo individuale, ogni singolo caso dei cittadini che non hanno fatto domanda. Penso che troveranno una formula per evitare misure drastiche come il rimpatrio e il carcere anche se, nelle ultime settimane, il Ministero degli Interni ha avuto un approccio duro, fermando molti europei alle frontiere, oppure rinchiudendoli in centri di detenzione – aggiunge Pietro Molle, presidente del Comites -. Non siamo d’accordo su questi metodi anche se molti ignorano le regole benché il ministero abbia condotto una campagna pubblicitaria per incoraggiare a fare domanda di settled status. Gli europei che hanno ottenuto il visto hanno superato i cinque milioni. Ben oltre i tre milioni previsti nei primi mesi dopo il referendum sulla Brexit del 23 giugno 2016 nel quale i cittadini britannici hanno votato per uscire dalla Ue. Gli italiani registrati sono oggi oltre 440mila, in Inghilterra e Galles, secondo le statistiche pubblicate dal governo britannico. È una cifra inferiore ai circa settecentomila che vivono nel Regno Unito ma molti hanno deciso di chiedere la cittadinanza britannica che garantisce loro gli stessi diritti dei sudditi della Regina».