La posizione di Caritas Italiana sull’emergenza profughi
a cura di Patrizia CAIFFA
La gestione dell’accoglienza degli immigrati dal Nord Africa nelle diocesi e su tutto il territorio italiano. Di questo si sta discutendo nel seminario promosso da Caritas Italiana-Ufficio immigrazione sull’emergenza Nord Africa, in corso a Roma. All’incontro, aperto da monsignor Vittorio Nozza, direttore di Caritas Italiana, partecipano 120 rappresentanti di 62 diocesi e Caritas coinvolte nell’accoglienza: nelle strutture diocesane sono ospitate 2.742 persone (capofila sono Lombardia, Triveneto e Sicilia), il 12,2% dei 22.264 profughi attualmente accolti sul territorio italiano, su 55.000 arrivi dall’inizio dell’anno.
Nuovi arrivi, no a ipotesi respingimenti
«C’è un potenziale di nuovi arrivi dal Nord Africa, soprattutto dalla Libia. La nostra richiesta è che non riprendano i respingimenti in mare come nel 2009, ma le premesse non sono incoraggianti». È la preoccupazione espressa da Riccardo Clerici, dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Clerici ha denunciato «un respingimento in mare avvenuto due settimane fa, in merito al quale abbiamo subito chiesto spiegazioni al Ministero dell’interno» e notizie, non confermate, su altri respingimenti. La possibilità di nuovi arrivi è data anche dai movimenti di persone tra i Paesi africani: tra il 7 e il 13 settembre dalla Libia sono entrati in Tunisia ed Egitto 4.532 migranti. Di questi, 1767 verso la Tunisia. Al campo Choucha al confine tunisino-libico sono ora 4000 persone. In Libia circa 3000 migranti si sono rifugiati nel centro di transito Oim (Organizzazione internazionale migrazioni) a Sebha. Dall’inizio del conflitto a oggi oltre 685.744 migranti hanno oltrepassato il confine libico. «In Libia la situazione è molto fluida, anche se migliora nelle zone conquistate dagli ex-ribelli – ha detto Clerici -. Sono tornate acqua ed elettricità, tranne nelle roccaforti lealiste. Tra gli scenari che si aprono (transizione verso la democrazia, guerra civile come in Iraq o una situazione intermedia) è difficile capire quale sarà l’impatto dei flussi migratori sull’Italia».
Problemi aperti
Il problema più scottante, «che necessita una soluzione» – come ricordato da Oliviero Forti, responsabile dell’Ufficio Immigrazione di Caritas Italiana – riguarda i migranti che lavoravano in Libia, ma non provenienti da Paesi che possono ottenere il riconoscimento di una qualche forma di protezione umanitaria: si tratta di «migranti economici forzati dal conflitto a venire in Italia», a rischio diniego. «Molti preferiscono diventare irregolari piuttosto che tornare a casa – ha fatto notare Forti -. Dobbiamo rendere i rimpatri volontari assistiti una condizione appetibile». Anche se, ha ricordato Giulia Falzoi, dell’Oim, «i posti a disposizione per i rimpatri assistiti sono pochissimi e i finanziamenti limitati. È comunque giusto informarli subito di questa opportunità, piuttosto che dopo il trauma del diniego».
La situazione dei minori
Gli ultimi 40 minori tunisini ancora a Lampedusa saranno trasferiti domani in altre strutture sul territorio italiano: l’ha annunciato Rodolfo Giorgetti, del Ministero del Lavoro. La situazione dei minori non è facile: «Abbiamo chiesto alle Regioni di aumentare le disponibilità dei posti del 25%, ma dobbiamo negoziare con tutti», ha detto Giorgetti. Viviana Valastro, di Save the children, ha ricordato il periodo peggiore dell’emergenza a Lampedusa, quando i minori erano trattenuti nel centro insieme agli adulti per lunghi periodi, «in gravissime condizioni igieniche, in promiscuità e senza la possibilità di uscire». Ora la priorità è «spostare tutti i minori da Lampedusa, individuando piccole strutture che possano accogliere massimo dieci/dodici ragazzi». Marco Toti, direttore di Caritas Frosinone, ha poi denunciato il rischio, come avvenuto nel suo territorio, di «fare affari sulla pelle dei profughi: alcuni enti, pur di fare cassa con 42 euro al giorno ogni migrante, accolgono centinaia di persone come fossero polli in batteria, senza visite mediche, controlli e servizi». Al punto tale che «alcuni migranti hanno preso la scabbia a Frosinone». Da qui l’appello comune a «un monitoraggio sulla qualità e a prevedere sanzioni, tra cui la chiusura dei centri».