Un accenno al Rapporto sul «doloroso caso» McCarrick: «Rinnovo l'impegno della Chiesa per sradicare questo male»
«Rinnovo la mia vicinanza alle vittime di ogni abuso e l’impegno della Chiesa per sradicare questo male». Così il Papa, al termine dell’udienza di oggi, trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca privata del Palazzo apostolico, ha fatto riferimento al Rapporto sul «doloroso caso» dell’ex cardinale Theodore McCarrick, pubblicato ieri dalla Segreteria di Stato. Al centro della catechesi, la «perseveranza» della preghiera di Gesù: «Il dialogo costante con il Padre, nel silenzio e nel raccoglimento, è il fulcro di tutta la sua missione. I Vangeli ci riportano anche le sue esortazioni ai discepoli, perché preghino con insistenza, senza stancarsi». «La preghiera dev’essere anzitutto tenace», l’indicazione di Francesco: «Come il personaggio della parabola che, dovendo accogliere un ospite arrivato all’improvviso, in piena notte va a bussare da un amico e gli chiede del pane. L’amico risponde “no!”, perché è già a letto, ma lui insiste, insiste, insiste, finché non lo costringe ad alzarsi e a dargli il pane. Una richiesta tenace».
«Qualcuno mi ha detto: “Lei parla troppo della preghiera, non è necessario”. Sì, è necessario, perché se noi non preghiamo non avremo la forza per andare avanti nella vita». Con queste parole, pronunciate a braccio, il Papa ha cominciato la catechesi. «La preghiera è come l’ossigeno della vita- ha spiegato ancora fuori testo -. È attirare su di noi la presenza dello Spirito Santo che ci porta sempre avanti. Per questo io parlo tanto della preghiera».
Dio, ha osservato Francesco, «è più paziente di noi, e chi bussa con fede e perseveranza alla porta del suo cuore non rimane deluso». «Dio sempre risponde, sempre – ha assicurato a braccio -. Il nostro Padre sa bene di cosa abbiamo bisogno; l’insistenza non serve a informarlo o a convincerlo, ma serve ad alimentare in noi il desiderio e l’attesa. La fede non è lo slancio di un momento, ma una disposizione coraggiosa a invocare Dio, anche a “discutere” con Lui, senza rassegnarsi davanti al male e all’ingiustizia».
«Si deve pregare sempre, anche quando tutto sembra vano, quando Dio ci appare sordo e muto e ci pare di perdere tempo – il monito -. Anche quanto il cielo è fosco, il cristiano non smette di pregare. Ci sono dei momenti bui nella nostra vita, in cui non sentiamo nulla e la fede può sembrare un’illusione. Ma praticare la preghiera significa anche accettare questa fatica. Tanti santi e sante hanno sperimentato la notte della fede e il silenzio di Dio, e sono stati perseveranti. In queste notti della fede, chi prega non è mai solo. Gesù infatti non è solo testimone e maestro di preghiera, è di più. Egli ci accoglie nella sua preghiera, perché noi possiamo pregare in Lui e attraverso di Lui. E questo è opera dello Spirito Santo. Senza Gesù, le nostre preghiere rischierebbero di ridursi a degli sforzi umani, destinati il più delle volte al fallimento. Ma Lui ha preso su di sé ogni grido, ogni gemito, ogni giubilo, ogni supplica, ogni preghiera umana».
«Non dimentichiamo lo Spirito Santo – l’invito a braccio -. Lo Spirito Santo prega in noi. È Colui che ci porta a pregare, ci porta da Gesù, è il dono che il Padre e il Figlio ci hanno dato per andare avanti all’incontro di Dio. Quando noi preghiamo, è lo Spirito Santo che prega nei nostri cuori – ribadisce Francesco ancora fuori testo -. Ed è per questo che il cristiano che prega non teme nulla. Si affida allo Spirito Santo che è stato dato a noi come dono, che prega in noi e ci porta alla preghiera. Che sia lo stesso Spirito Santo, maestro di preghiera, a insegnarci la strada della preghiera».