Il presidente dell'Istituto Italiano della Donazione, Edoardo Patriarca, è stato relatore della legge presso la commissione Affari Sociali della Camera: «Non è la festa dedicata al terzo settore o al volontariato. Noi non l'abbiamo pensata così. Deve essere il giorno nel quale il dono viene raccontato e reso visibile in tutte le esperienze, compresa quella economica»

di Francesco MORRONE

Edoardo Patriarca

Adesso è ufficiale: il 4 ottobre di ogni anno si festeggerà il “Giorno del Dono”, la giornata dedicata ai valori della gratuità e della solidarietà. Con l’approvazione da parte del Senato si è concluso l’iter parlamentare di una legge iniziata due anni fam con l’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi tra i firmatari del disegno di legge. La data scelta per il “Giorno del Dono” è quella della festa di San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, già Giornata della pace e del dialogo tra culture e religioni diverse. Ne abbiamo parlato col presidente dell’Istituto Italiano della Donazione, Edoardo Patriarca, relatore della legge presso la commissione Affari Sociali della Camera.

Onorevole Patriarca, da dove nasce l’idea di celebrare una giornata dedicata al dono?
Nasce dall’esigenza di riscoprire l’importanza della gratuità e della solidarietà, sottolineando che esse non riguardano solo la dimensione privata, o del volontariato, ma devono trasformarsi in un impegno collettivo. Non è la festa dedicata al terzo settore o al volontariato. Noi non l’abbiamo pensata così. Deve essere il giorno nel quale il dono viene raccontato e reso visibile in tutte le esperienze, compresa quella economica. Quindi sarà una festa rivolta non solo ai volontari, ma anche agli imprenditori e chi fa economia, perché altrimenti corriamo il rischio di aver creato una festa dedicata soltanto al terzo settore.

Come si svolgerà in concreto la giornata del Dono? Quali sono gli eventi e i progetti che verranno istituiti?
Nella legge abbiamo posto una particolare attenzione verso le attività educative e formative. Verranno organizzate nelle scuole cerimonie, iniziative, incontri e momenti di riflessione per diffondere la pratica del dono. L’Istituto italiano della donazione ha inoltre avviato un concorso video in collaborazione con il ministero dell’Istruzione in cui i ragazzi sono chiamati a raccontare le loro esperienze di solidarietà. Il primo appuntamento si terrà il 4 ottobre prossimo all’Expo di Milano con il DonoDay2015, dove verranno premiate le scuole che hanno partecipato al concorso.

Papa Francesco ha più volte dichiarato che «abbiamo bisogno di un economia al servizio dei popoli». Il Pontefice ha fatto in questi giorni un appello perché si modifichi il sistema che «ha imposto la logica del profitto a ogni costo». Ecco, qual è stato il contributo del Papa nel processo che ha portato alla creazione di questa giornata?
Il Pontefice non smette di ricordarci che il servizio è ciò a cui tutti siamo chiamati, e che la gratuità è una grazia, sottolineando che queste sono le due principali indicazioni del Vangelo. Inoltre, Francesco ci ha diffidato più volte dal considerare il paradigma economico come l’unico punto di riferimento per la società. Nelle sue parole, invece, ritroviamo l’importanza della solidarietà e il bene comune, valori rivolti sempre verso i poveri. E il dono è proprio questo: è generazione, è creazione di valore e ricchezza per la comunità intera.

L’istituzione di questa giornata dà un contributo enorme per la valorizzazione dell’impegno sociale. A questo punto manca soltanto la riforma del terzo settore.
La riforma del terzo settore è in questi giorni in discussione al Senato e sono certo che sarà approvata molto presto. Se in un anno avremo approvato questa riforma oltre che la Giornata del Dono, significa che avremo fatto davvero un ottimo lavoro. Vorrà dire che avremo finalmente rimesso al centro i valori fondativi della nostra Repubblica. La riforma del terzo settore deve dar voce a quei 6 milioni di volontari che ogni giorno, nonostante la crisi, donano il proprio tempo per aiutare gli altri.

Forse è proprio grazie alla crisi che abbiamo l’opportunità di riscoprire questa dimensione di solidarietà…
Esatto. Il tema del dono sembra essere tornato di grande attualità. E basta guardarsi attorno per capirlo: sono sempre di più i volontari e le famiglie che in questo momento di crisi fanno tante piccole cose, come portare gli abiti ai migranti oppure donare i generi alimentari in eccesso. Se il nostro Paese ha resistito alla crisi, evitando disordini sociali, è proprio perché esiste un tessuto solidaristico, silenzioso e quotidiano che rende questa crisi meno feroce. Un tessuto che negli anni scorsi, per colpa del neoliberismo e della logica del profitto, avevamo ormai dimenticato».

Di recente il presidente della Repubblica Mattarella ha affermato che l’Italia «sente forte il dovere della solidarietà»…
Sono parole importanti, che ci ricordano come il dovere della solidarietà sia sancito dalla nostra Costituzione. Un dovere non solo individuale, ma collettivo, che deve essere rispettato anche dalle istituzioni. Non è qualcosa di facoltativo, ma è un dovere fondamentale per costruire il tessuto sociale del nostro Paese.

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