La prolusione del presidente del vescovi italiani al Consiglio permanente della Cei: «A noi non interessa fare politica». Una lettura della realtà italiana nell’ottica della coscienza credente
«Anche stasera o domani, nell’opinione pubblica echeggeranno solo alcune delle nostre parole, e non precisamente queste… Si sappia però che è questo, è Gesù Cristo che noi vogliamo porgere, il Suo nome far risuonare. Non è vero che a noi interessa far politica, noi vogliamo dire Gesù». Così il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, aprendo il 28 gennaio a Roma il Consiglio episcopale permanente, ha voluto mettere l’accento sul ruolo e sul compito principale della Chiesa: l’annuncio del Vangelo. Per primo ha richiamato il “pellegrinaggio ad limina apostolorum” dei vescovi italiani «proprio nell’Anno della fede», ringraziando il Papa «per l’accoglienza che ci accorda». La fede, ha detto, pur «dentro a un travaglio storico delicatissimo e intricato», costituisce la garanzia che «dona ineffabile gioia». Il Cardinale ha sottolineato «le situazioni di persecuzione in cui si trovano i cristiani», che «in buona parte coincidono con i conflitti aperti», ricordando il dato impressionante di «oltre centomila cristiani delle varie Confessioni uccisi nel 2012. Una cifra spaventosa che non può lasciar indifferente nessuno».
Rischio di un «Paese perennemente incompiuto»
Parlando dei temi “sociali”, ha sottolineato «la condizione di indigenza che si va obiettivamente allargando, e sta intaccando segmenti di società in cui prima era sostanzialmente marginale». Dopo aver richiamato la disoccupazione giovanile, l’espulsione di lavoratori dalle fabbriche, le famiglie che impoveriscono, ha affermato che «a nessuno deve far comodo esagerare in termini catastrofici, ma occorre che il Paese non esorcizzi la realtà. Gli schemi sociali classici sono saltati e non si ripristineranno automaticamente». Tra i punti dolenti ha richiamato anche la sanità, «da una parte per condannare gli imbrogli, i maneggi, le astuzie che si consumano in un settore ad altissima vocazione altruistica, dall’altra per prendere le distanze da logiche irrazionalmente pretenziose e talora esclusivamente campanilistiche». Così pure, circa il Mezzogiorno, «vessato dalla malavita, i cui tentacoli si allargano all’intero Paese», ha esortato a «vigilare, resistere, incoraggiare, denunciare, bonificare e recuperare». Sul momento politico attuale, il presidente della Cei ha poi notato che «il popolo italiano si è mostrato ancora una volta solido», poggiando nelle scelte di «autoriduzioni», «revisioni di stili di vita», «risparmi» anzitutto «sul naturale e insostituibile moltiplicatore di ogni più piccola risorsa: la famiglia». Ora però «si respira uno sbilanciamento tra il desiderio popolare di uscire dal tunnel e ciò che viene messo in campo», per cui è diffusa «la percezione di un Paese perennemente incompiuto, che costa molto a se stesso ma non riesce a ottenere i risultati che merita».
Valori in gioco e impegno dei credenti
Dopo aver esortato tutti alla partecipazione al voto quale «dovere irrevocabile», il presidente della Cei ha dedicato uno spazio ampio al tema della “biopolitica” che rappresenta – ha detto – «problemi semplicemente nodali nelle società post-moderne». Il riferimento è stato, tra l’altro, a vita, salute, malattia, stati vegetativi, aborto, eutanasia, sottolineando che «non ha senso nascondere gli argomenti, riconoscendo invece cittadinanza elettorale solo all’economia». Si è poi chiesto «perché non concepire anche l’economia come bioeconomia? Linee di compromesso, o peggio di baratto tra economia ed etica della vita, a scapito della seconda, sarebbero gravi». Circa i «valori fondamentali», ha affermato che su di essi «i cattolici sanno che non esiste compromesso o mediazione comunque si voglia chiamare». Ha citato la difesa della vita «dal suo concepimento alla morte naturale», «la rinuncia all’eutanasia comunque si presenti», la «libertà di coscienza e di educazione», la «famiglia basata sul vincolo del matrimonio tra l’uomo e la donna», la «giustizia uguale per tutti, la pace». Come segno positivo dell’impegno per la vita ha richiamato «la campagna “Uno di noi”» che «vuole portare nelle sedi comunitarie l’istanza della vita, senza più selezioni». Sui matrimoni omosessuali, ha sottolineato che «il diritto del bambino – non al bambino – viene prima di ogni desiderio individuale» e «se la natura dell’uomo non esiste, allora si può fare tutto, non solo ipotizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso».
Il cuore del messaggio cristiano
La vastità dei problemi sociali, politici e culturali non deve far dimenticare – secondo il cardinale Bagnasco – il cuore del «messaggio cristiano» che si trova nell’annuncio del «fare del Signore», davanti al quale abbiamo il dovere di «non ostacolarlo e anzi favorirne la sua attrattività. Lui fa nascere figli di Abramo dalle pietre. Lui dobbiamo collocare sempre più al cuore della nostra attività». Non importa, ha proseguito, se «c’è in giro una notevole confusione, perché si pensa che la realtà sia superata, che nessuna verità esista». «La Chiesa, “esperta in umanità”» sa che «la verità è più importante della derisione del mondo» e ciò va annunciato «per lo stesso amore che ha spinto il Samaritano del Vangelo a farsi umilmente prossimo».