Il direttore di Tv2000 Vincenzo Morgante, il direttore di “Avvenire” Marco Taquinio e il presidente della Fisc Mauro Ungaro indicano le caratteristiche dell'informazione condotta dalle loro testate in questo anno caratterizzato dal Covid-19
di Filippo
PASSANTINO
Emerge dai loro racconti una linea verde, quella della speranza, nella notte nera della pandemia. Il direttore di Tv2000 Vincenzo Morgante, il direttore di Avvenire Marco Tarquinio e il presidente della Federazione italiana dei settimanali cattolici Mauro Ungaro la indicano più volte nel racconto del lavoro svolto delle testate che guidano, nell’ultimo anno caratterizzato dal Covid-19. Storie e testimonianze di vita e di impegno che fanno da contraltare al conteggio del numero dei morti. Nelle pagine, nei servizi televisivi dei media cattolici, un anno dopo, è possibile trovare il racconto di tanta solidarietà.
L’informazione su Tv2000
La televisione della Cei, dal 24 gennaio, ha ampliato l’offerta informativa, con due edizioni domenicali, e nuovi tg flash. «Abbiamo riscontrato, in questo tempo, una fame di informazione seria e credibile – spiega Morgante -. Questo ci ha portato, pur nelle difficoltà di un’agibilità ridotta e con una forte preoccupazione per la tutela della salute dei dipendenti, a incrementare gli appuntamenti con l’informazione. Con ascolti crescenti». Morgante ricorda la richiesta di preghiera di papa Francesco nella Messa a Casa Santa Marta, il 1° aprile 2020, per «coloro che lavorano nei media perché la gente non si trovi isolata e ci sia sempre informazione per sopportare questo tempo di chiusura». «Quella per noi fu quasi un’indicazione – evidenzia -. Sulla base di questo ci si è mossi con la consapevolezza che una buona informazione non deve nascondere nulla di quello che stiamo vivendo e nello stesso tempo deve valorizzare aspetti positivi e di speranza, che pure non sono mancati .Una buona informazione non deve creare illusioni. Anzi, crea anticorpi che, oltre a renderci più forti contro il male, ci possono rendere dei cittadini migliori. In questo periodo, le parole giuste hanno faticato a farsi largo per addolcire un clima che con troppa facilità trasudava di sospetti e di nevrosi».
Due i binari seguiti: equilibrio e buon senso: «Abbiamo voluto farlo con il nostro linguaggio: mai parole gridate, ruvide e grossolane». A caratterizzare l’informazione di Tv2000, quindi, da un lato, l’incremento dell’offerta informativa con nuovi appuntamenti e, dall’altro, uno stile che punta ad approfondire i temi, dare tutte le posizioni, con «una nota verde di speranza». «Abbiamo raccontato il tanto bene che è venuto fuori – conclude il direttore -. Abbiamo scoperto mondi, persone, ragazzi, uomini, donne, con la voglia di impegnarsi a servizio degli altri, del bene comune, nei condomini, nelle parrocchie, in piccoli centri. Abbiamo cercato di raccontarlo con attenzione e una certa responsabilità».
L’informazione su Avvenire
Attenzione al digitale, nel lavoro e nella diffusione delle copie. Lo sguardo di Avvenire, durante la pandemia, è stato diretto alle nuove tecnologie, ma con l’impegno di sempre: «Garantire la stessa qualità e la stessa profondità all’informazione cui di solito si associa l’idea della velocità e della tempestività». Il direttore Tarquinio evidenzia come «la pandemia ha sottolineato la necessità di un’informazione qualitativamente alta. Tutto il resto crea solo confusione, fa danno e genera sconcerto nella vita delle persone. È stato il tempo di veicolare informazioni solide sulle caratteristiche essenziali della sfida pandemica e dei rimedi che, di volta in volta, vengono proposti a fronte di una confusione che viene generata sia sul piano sanitario, sia sul piano civile e sociale sia sul piano religioso».
Il riferimento, in quest’ultimo caso, è la polemica contro i vaccini sollevata da ambienti religiosi che «non tengono conto né della parola del Papa, né della parola della Congregazione della Dottrina e della fede, né della parola della Pontificia Accademia per la vita».
Nelle parole di Tarquinio la consapevolezza che «la pandemia è un evidenziatore. Ci ha aiutato a vedere meglio, a evidenziare un dato fondamentale: la nostra società e la nostra cultura si erano distinte per il fatto di parlare della morte come libertà da autoaffermare. Ci siamo, invece, ritrovati a considerare la morte come quello che è: parte della vita e limite, parte integrante della nostra esperienza».
L’insegnamento lasciato dalla pandemia, secondo il direttore di Avvenire, tocca proprio il tema della morte: «È qualcosa che, se non è vissuta nella relazione stretta con le persone fondamentali della nostra esistenza, diventa un fatto lacerante, drammatico. Tutti hanno sperimentato la durezza della morte diffusa che colpiva improvvisamente. Tutti hanno capito quanto fosse importante l’unica risposta possibile di fronte a questo: la solidarietà, la cura reciproca, la relazione che dà senso a tutto negli ultimi istanti». Individuando la foto simbolo della pandemia in quella di Papa Francesco in piazza San Pietro il 27 marzo, Tarquinio riconosce proprio nella solidarietà il «fatto simbolo»: «In tanti nella nostra Chiesa, a diversi livelli, si sono messi a disposizione degli altri. Questo è qualcosa che rincuora sempre e mi dà fiducia, guardando avanti».
L’informazione sui settimanali diocesani
I settimanali diocesani si sono rivelati “presìdi” sul territorio: nel formato cartaceo e online hanno raccontato storie e testimonianze di impegno e di servizio, ma anche di sacerdoti morti, a causa del Covid-19, mentre stavano svolgendo il loro servizio nelle comunità. «Con la sospensione delle attività pastorali, con l’impossibilità per i fedeli di accedere nelle chiese, veniva meno per noi il rapporto diretto con loro, oltre che un canale di vendita – spiega il presidente Ungaro -. Però, dopo questo primo momento di disorientamento, le nostre testate hanno saputo inserirsi nel cammino accanto alle comunità con forme nuove». Così hanno trovato nuovi metodi per continuare a «raccontare la vita delle comunità, facendo memoria di quello che stavano vivendo. Questo è avvenuto attraverso un diverso riposizionamento».
Molti hanno lavorato particolarmente sulle edizioni online, senza però lasciare da parte l’edizione cartacea. «Ci sono state delle difficoltà, ma lo stare vicino, il vivere con e nelle comunità ha aiutato ancora di più le nostre testate a essere punto di riferimento per l’informazione su quello che si stava vivendo. Un’informazione di servizio sul Covid, sulla prevenzione, ma anche un modo per informare su come la vita delle nostre Chiese stava andando avanti».
Con le riaperture i focus si sono incentrati sulle problematiche che il Covid stava portando con sé, soprattutto in quella che era la situazione economica e sociale della popolazione. Tra i riscontri avuti, un aumento degli accessi alle edizioni online: «Nel momento in cui era difficile uscire, in tanti sono rimasti in contatto con le proprie comunità, con le proprie Chiese, attraverso le testate diocesane». Il presidente Fisc è anche direttore del settimanale diocesano di Gorizia Voce Isontina, che ha perso nei giorni scorsi l’ex direttore, don Lorenzo Boscarol, vittima del Covid: «Lo ricordiamo e raccontiamo con il suo tenere sempre la “schiena dritta”. Ci ha insegnato che le notizie sono fatte di persone, non solo di parole».