Il demografo Alessandro Rosina commenta i dati dell’Osservatorio dell’Istituto Toniolo: «Il 70% pensa che l’attuale classe politica non abbia a cuore i problemi dei comuni cittadini e dei giovani in particolare»
di Gigliola
ALFARO
Agensir
Domenica 25 settembre l’Italia torna al voto per eleggere il nuovo Parlamento. Negli ultimi tempi si è registrato un astensionismo sempre più forte. Per la prima volta, quest’anno, partecipano alle elezioni per il Senato coloro che hanno dai diciotto anni in su, mentre precedentemente potevano votare i candidati al Senato solo coloro che avevano da 25 anni in su. L’abbassamento da 25 a 18 anni dell’età necessaria per poter eleggere i senatori peserà più al Sud che al Centro-Nord. Ma come si comporteranno i giovani alle elezioni? Andranno a votare? E, in generale, sono interessati alla politica? Di tutto questo parliamo con Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia e Statistica sociale nella Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano e coordinatore del “Rapporto giovani” dell’Istituto Giuseppe Toniolo.
Dal suo osservatorio privilegiato sui giovani, pensa che andranno alle urne o seguiranno l’esempio degli adulti e le diserteranno?
Di certo le nuove generazioni sono quelle che avrebbero maggiori ragioni per disertare il voto. Non c’è nessun partito o movimento politico che meriti il loro voto se dovessimo guardare ai risultati dell’azione politica dei governi di vario colore e configurazione che si sono alternati negli ultimi vent’anni. Secondo i dati del Rapporto giovani 2022 dell’Istituto Toniolo, circa due giovani su tre ritengono di vivere in un Paese che investe meno sulle nuove generazioni rispetto agli altri Paesi europei e meno fornisce adeguati strumenti per dare il meglio di sé come attori che generano nuovo benessere nei processi di sviluppo sostenibile e inclusivo del Paese. Oltre alla maggior sfiducia rispetto alla capacità della politica di dare risposte efficaci, le nuove generazioni sono più esposte all’astensionismo perché tendono a non andare ai seggi se non c’è una chiara offerta politica che li convince, mentre le generazioni più mature, socializzate nei primi decenni del secondo dopoguerra, danno più valore alla partecipazione al voto in sé.
Una novità delle elezioni del 25 settembre sarà la prima volta del voto al Senato da parte degli under 25. Crede che questa novità sarà un incentivo per i giovanissimi ad andare a votare?
La disaffezione verso i partiti e la disillusione rispetto alla politica riguarda soprattutto i giovani che hanno già votato in passato e che già si sono scontrati con le difficoltà della transizione alla vita adulta e del mondo del lavoro. Per i più giovani, quelli attorno ai vent’anni, soprattutto se stanno ancora studiando, da un lato c’è l’effetto positivo della prima esperienza di voto che comunque ha anche un valore simbolico, d’altro lato sono portatori di una visione del mondo che vuole confrontarsi con la realtà del Paese in cui vivono e prendere la misura di quanto la politica è in grado di interpretare i grandi temi del proprio tempo sui quali sono sensibili, come l’ambiente e la giustizia sociale. L’abbassamento a 18 anni del voto al Senato può essere incentivante in questo senso. Ma può diventare una vera spinta che consenta ai giovani di sentire di contare di più se ad essa corrisponde anche una attenzione maggiore dell’offerta politica verso i temi generazionali, che tendono a porsi più sull’asse passato-futuro che su quello di destra-sinistra.
Qual è il rapporto tra i giovani e la politica oggi in Italia? C’è interesse o disaffezione?
I dati dell’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo da oltre dieci anni monitorano la realtà dei giovani ma anche il loro rapporto con la società, le istituzioni e la politica. Quello che emerge è comunque un largo riconoscimento che la politica, intesa come bene comune, può migliorare la vita dei cittadini. Allo stesso tempo però, il 70% di essi pensa che l’attuale classe politica non abbia davvero a cuore i problemi dei comuni cittadini e dei giovani in particolare. Inoltre due intervistati su tre ritengono che la politica attuale dia limitato spazio ai giovani. Non c’è, quindi, un disinteresse, esiste anzi latente una forte domanda di poter contare e farsi sentire.
Cosa chiedono i giovani alla politica?
Vanno sperimentate nuove modalità di coinvolgimento dal basso in grado di rinnovare e alzare la qualità del rapporto tra domanda e offerta politica per far sentire i giovani di essere parte attiva del Paese che cambia con loro e che migliora con loro il futuro a partire dalle scelte di oggi. Possiamo sintetizzare con quattro “c” ciò che chiedono le nuove generazioni in tale prospettiva. Da un lato, che chi governa abbia le “competenze” necessarie e agisca in modo “coerente” rispetto agli impegni presi. Dall’altro, che la politica “coinvolga” le nuove generazioni e dia ad esse la possibilità di “contare”.
Secondo lei le nuove generazioni sono pronte a un impegno diretto in quella che san Paolo VI chiamava «la più alta forma di carità»? E in che modo il mondo cattolico può aiutare i giovani a non stare alla finestra ma a un impegno in prima persona per costruire una società più umana e solidale?
Sono la parte della società che più è in grado di interpretare la partecipazione politica come «la più alta forma di carità». Le nuove generazioni tendono a essere più aperte verso gli altri e verso il futuro, rispetto a quelle più mature. Sono meno portatrici di interessi di parte e di rendite di posizione da proteggere, quindi con più possibilità di mettersi in sintonia con le vere esigenze e questioni del proprio tempo. Hanno però bisogno di contesti in cui possano mettersi alla prova e fare esperienze di senso e valore nell’agire con gli altri e per gli altri, prendendosi impegni e responsabilità. Senza tali esperienze fatte nei tempi e nel modo giusto, l’energia potenziale positiva che possono esprimere rischia facilmente di perdersi. Sono molto più esposti alla demotivazione e all’abbandono rispetto alle generazioni precedenti. Palestre utili in questo senso sono il volontariato e il servizio civile. Il mondo cattolico, per la sua presenza diffusa del territorio, la capacità di mettersi in ascolto, la predisposizione alla mobilitazione dal basso, l’attenzione per il bene comune, può favorire e dare supporto autentico al protagonismo positivo delle nuove generazioni. La Laudato si’, inoltre, fornisce un riferimento significativo sui temi del nostro tempo e sull’impegno a cui chiamano per costruire un futuro migliore con e per le nuove generazioni.