Il direttore della Caritas Ambrosiana è intervenuto stamattina al convegno “Il contrasto alla povertà in Lombardia”, auspicando «risorse adeguate, accompagnamento sociale e collaborazione tra servizi pubblici e privati»
«Dall’inizio della crisi a oggi la povertà assoluta è raddoppiata. Oggi chiedono aiuto non solo i disoccupati e le famiglie, ma anche i giovani e lavoratori che, pur avendo un lavoro, hanno contratti precari e intermittenti. Se questo è il nuovo contesto del mercato del lavoro, occorre una riforma del modo con cui vengono erogati i sussidi, perché oggi abbiamo un welfare che spende male le risorse, aiuta non sempre chi ha bisogno e lascia scoperti molti altri. Il Reddito di inclusione attiva è un primo passo. Ma lo strumento è ancora incompleto. Bisogna fare molto di più sul fronte dell’accompagnamento, se non si vuole che diventi una misura che intrappola le persone nell’assistenzialismo». Lo ha detto Luciano Gualzetti, intervenendo stamattina al convegno “Il contrasto alla povertà in Lombardia. La sfida delle politiche di inclusione”.
Durante la mattina sono stati presentati i risultati del monitoraggio lombardo dell’attuazione del Sia, il Sostegno per l’inclusione attiva, la misura che ha preceduto il Rei. La misura di contrasto alla povertà ha coinvolto 91 aggregazioni di Comuni per la gestione dei servizi sociali (ambiti) su 98, vale a dire il 93% del territorio, e interessato 11.167 cittadini lombardi, su 26.657 che hanno presentato domanda.
L’esperienza del Sia ha evidenziato alcuni elementi di fragilità e difficoltà di gestione dei servizi sociali territoriali, a partire dalla carenza di risorse umane dedicate: sono poco meno di 2.000 gli assistenti sociali che operano nei 1.523 comuni in Lombardia. Un numero limitato, rispetto ai potenziali beneficiari del Rei, stimati in 18mila nuclei familiari.
Il 42% degli ambiti, inoltre, non aveva l’équipe multidisciplinare per la presa in carico delle situazioni di povertà e quindi la definizione dei progetti. Non solo: su 91 ambiti che hanno partecipato al monitoraggio, solo 39 hanno attivato protocolli o accordi con i centri per l’impiego, solo 3 hanno attivato protocolli o accordi con uffici casa, solo 8 hanno attivato protocolli o accordi con servizi per i minori e scuole, solo 14 hanno attivato protocolli o accordi con centri formazione professionale. Altro dato: il 41% degli ambiti ha promosso tirocini o borse lavoro fra gli interventi destinati all’inserimento lavorativo e alla work experience. Il monitoraggio sull’attuazione del Sia in Lombardia ha evidenziato inoltre difficoltà di integrazione tra le azioni degli ambiti e la gestione delle risorse del Piano operativo regionale.
«Innanzitutto non posso non esprimere la nostra soddisfazione per il raggiungimento di una prima misura di contrasto alla povertà, che il governo ha attuato, sollecitato tra gli altri anche da Caritas Italiana sulla base della proposta che proprio le Caritas Lombarde aveva fatto alla Regione Lombardia nel 2011, quando chiedemmo, allora purtroppo inascoltati, la sperimentazione a livello locale di una forma di misura contro la povertà che abbiamo chiamato ‘Reddito di autonomia’ – ha rilevato Gualzetti -. Ma non possiamo nascondere che l’Alleanza contro la Povertà Nazionale voleva qualcosa di molto più completo. Quindi auspichiamo che il Reddito di inclusione attiva (Rei), facendo tesoro anche del monitoraggio effettuato, venga finanziato, e se necessario, anche integrato con risorse regionali. Ci auguriamo, inoltre, che insieme con le risorse monetarie partano anche i percorsi di accompagnamento sociale, fin dal 1 gennaio 2018. E, infine, che il sostegno sociale non venga effettuato dai servizi pubblici riservando al terzo settore un ruolo subalterno o strumentale. Risorse adeguate, accompagnamento sociale, collaborazione paritetica tra servizi pubblici e privati sono le condizioni essenziali perché questo importante strumento che abbiamo fortemente voluto, il Rei, aiuti davvero le persone a emanciparsi dalla loro condizione di bisogno».