Nel 2016 la Fisc celebra i cinquant’anni dalla fondazione. Darà il via libera alle celebrazioni la partecipazione all’udienza giubilare con papa Francesco in piazza San Pietro. Parla il presidente Francesco Zanotti

di Gigliola ALFARO

Fisc settimanali editoria

Un traguardo importante. Lo raggiunge quest’anno la Federazione italiana dei settimanali cattolici (Fisc): a novembre cadrà il 50° della fondazione. A dare il via alle celebrazioni sarà la partecipazione all’udienza giubilare del 9 aprile, in piazza San Pietro, con papa Francesco. Un anniversario che guarda al passato con gratitudine, ma soprattutto proietta verso il futuro e le nuove sfide che attendono la Fisc, come racconta il suo presidente, Francesco Zanotti.

Qual è il bilancio a cinquant’anni dalla fondazione della Fisc?

Il primo sentimento è dire grazie al gruppo di preti – straordinari pionieri – e qualche laico, che ha avuto la formidabile intuizione di mettere insieme le esperienze dei settimanali che sul territorio erano forti, ma a livello nazionale si disperdevano. Come non ricordare monsignor Giuseppe Cacciami, monsignor Franco Peradotto, Giovanni Fallani? Ci hanno lasciato un’eredità molto bella, molto radicata e anche molto complessa da portare avanti, soprattutto nel panorama di oggi. Come ha detto il Papa a Firenze, questa non è un’epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento d’epoca.

Sabato 9 la Fisc parteciperà all’udienza giubilare proprio con papa Francesco in piazza San Pietro…

Appena nata la Fisc, i suoi fondatori vollero subito essere ricevuti da Paolo VI. A cinquant’anni di distanza, il primo atto di quello che vuole essere un “ricordare per ripartire” sarà proprio il 9 aprile la celebrazione del Giubileo con papa Francesco, perché prima di tutto la Fisc è un’esperienza ecclesiale. Già nel 2014, in vista del 50°, abbiamo chiesto un’udienza per andare dal Papa non solo con i direttori, i giornalisti, i collaboratori e gli amministratori, ma con tutto il popolo dei settimanali perché Francesco ci ha fatto capire, ancora di più, che la Chiesa deve essere una Chiesa di popolo. Se i pastori devono avere l’odore delle pecore, i giornalisti devono avere l’odore dei lettori: sabato saremo in piazza con il popolo dei settimanali diocesani. Saremo in 5.500. Abbiamo con piacere rinunciato all’udienza riservata in Sala Nervi proprio per celebrare il Giubileo in piazza insieme con il Papa. Alcuni giornali verranno insieme con il pellegrinaggio diocesano guidato dal vescovo. Se viene meno l’esperienza ecclesiale, infatti, viene meno il motivo per cui esiste la Fisc.

Qual è oggi la mission della Fisc e quali le sfide per il futuro?

Ormai non si parla più di carta stampata, internet, radio, ma di comunicazione, che si realizza con strumenti diversi. Abbiamo qualcosa di bello da annunciare: la Buona Novella. Quindi, la nuova e unica sfida è quella della comunicazione. Perciò, il 21 aprile organizzeremo un Consiglio nazionale straordinario per interrogarci sul futuro: dobbiamo essere santamente inquieti. L’appuntamento si svolgerà a Cesena nella sede della Technogym, luogo simbolo del fitness e wellness italiano che si è affermato nel mondo, per dimostrare che con l’ingegno ce la possiamo fare.

Quale ruolo deve assumere l’editoria cattolica?

Ce lo ha detto il Papa con il messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2016: oggi dobbiamo essere ponti. Francesco invita la Chiesa a uscire e quale luogo è più in uscita dei mezzi di comunicazione sociale? I nostri giornali, i siti, l’Agenzia Sir, Tv2000, Avvenire, Radio Inblu, tutti i mezzi di cui dispone la Chiesa in Italia, hanno il compito di essere costruttori di ponti. Oggi la comunicazione, che va su strade inimmaginabili ed è capace di agganciare chiunque, deve avere questo ruolo oppure non ha senso, è già morta.

Quanto continua a essere importante il legame con il territorio?

Noi oggi siamo chiamati a leggere il territorio alla luce della nostra esperienza cristiana, come hanno fatto i nostri settimanali da fine ‘800 senza paure. Anche sul territorio c’è il rischio di dar voce, come succede a livello nazionale, ai potenti che mandano dieci comunicati, mentre occorre dare spazio a chi non ha voce, ma meriterebbe di averla. Con la nostra sensibilità ecclesiale, dobbiamo essere in grado di fare un giornalismo di prossimità, che diventa compagno di viaggio di chi vive nei nostri territori, con i giornali, la radio, la tv, i social, anche se tutto ciò è più facile a dirsi che a praticarsi. Ma è decisivo. Sia chiaro: noi non dobbiamo fare il bollettino della nostra Diocesi, dobbiamo realizzare dei giornali fatti benissimo, che siano carne viva delle persone che sono accanto a noi.

Restano tante difficoltà, dai tagli all’editoria alla questione delle poste… Le sinergie possono essere una risposta?

Dobbiamo capire che l’investimento nella comunicazione non è mai a perdere. È un investimento a più lunga gittata, magari senza un riscontro immediato. Poi tutti siamo chiamati a ripensare il nostro modo di essere giornalisti e di fare i giornali. Oggi chi fa un giornale di carta non può prescindere dalla rete: questo significa fare un giornale on line 24 ore al giorno, tranne la domenica. Quando usciamo per strada dobbiamo sapere che possiamo anticipare i quotidiani. Di fronte alla questione dei costi, tutti siamo chiamati a essere più virtuosi, favorendo sinergie tra settimanali diocesani, agenzia, tv, radio e giornale nazionali. Così le notizie diventano virali. La Fisc in questi anni ha lavorato di ago e filo per cucire: dobbiamo guardarci con grande stima e lavorare insieme, come mi pare che stia accadendo, perché la causa che abbiamo è comune: l’incontro decisivo con Cristo, che dobbiamo comunicare.

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