Presentato il terzo Rapporto promosso dall’Istituto Toniolo. Nel nostro Paese è alto il tasso di 20/30enni che non studiano, non lavorano, non sono autonomi dai genitori e non formano una propria famiglia. Così, per dimostrare il loro valore, i “millennials” guardano all’estero

di Alessandro ROSINA
Demografo Università Cattolica del Sacro Cuore, coordinatore indagine Rapporto Giovani

giovani

Studio e lavoro senza confini – Il Rapporto Giovani 2016 è il tema del convegno in programma giovedì 14, a partire dalle 11.30, in Università Cattolica (Aula Negri da Oleggio), durante il quale sarà presentato il terzo Rapporto dell’indagine nazionale sui giovani italiani, promossa dal 2012 dall’Istituto Toniolo con il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo. Dopo i saluti del Rettore Franco Anelli, di monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, e di Paola Bignardi, coordinatrice del Progetto Giovani per l’Istituto Toniolo, Alessandro Rosina, professore di Demografia e Statistica sociale, direttore del Laboratorio di Statistica applicata alle decisioni economico-aziendali all’Università Cattolica, presenterà il Rapporto. Interverranno Luciano Fontana, direttore del Corriere della sera, Luigi Bobba, sottosegretario di Stato al Lavoro e alle Politiche sociali, Giovanni Bazoli, presidente del Consiglio di Sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giuseppe Guzzetti, presidente di Fondazione Cariplo. Sono previste le testimonianze di alcuni giovani. Info e iscrizioni: comunicazione@istitutotoniolo.it, tel. 0272342816.
Ecco una breve presentazione del professor Rosina.

La generazione dei Millennials – composta da chi ha compiuto i 18 anni dal 2000 in poi – presenta tratti antropologici, culturali e sociali comuni in tutto il mondo sviluppato, ma sperimenta condizioni molto diverse nei vari contesti, anche all’interno della stessa Europa. L’Italia è senz’altro uno dei Paesi in cui la realtà è più problematica sul versante della capacità di dotare le nuove generazioni degli strumenti e delle opportunità per essere vincente di fronte alle sfide del proprio tempo.

Il lavoro, in particolare, è diventato negli ultimi anni uno dei temi principali di preoccupazione per i giovani stessi, per le famiglie e per le istituzioni. Questa preoccupazione non deve però oscurare molti altri mutamenti di grande rilievo nel modo di interpretare la presenza dei giovani nella società, la costruzione dell’identità adulta, le modalità dello stare in relazione e del produrre valore attraverso le proprie scelte di vita. Il Rapporto Giovani, promosso nel 2012 dall’Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica e col sostegno di Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo, permette una osservazione continua delle nuove generazioni attraverso ampie rilevazioni annuali e approfondimenti tematici nel corso dell’anno.

Quello che emerge dal terzo Rapporto Giovani (La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2016, ed. il Mulino) è un ritratto ampio e non scontato delle nuove generazioni.

Dopo il primo ciclo d’indagine iniziato nel 2012, ne è partito uno nuovo nell’autunno del 2015 con un rinnovato campione di 9000 giovani tra i 18 e i 32 anni. La scelta della fascia d’età non risponde a un mero criterio anagrafico, ma ha una sua coerenza generazionale (centrata sui Millennials) e rappresenta una ben definita fase di vita (quella in cui si realizzano le prime scelte della transizione allo stato adulto).

Il 2015 è stato uno degli anni peggiori relativamente al peso e al ruolo dei giovani italiani. I dati che meglio sintetizzano questo quadro negativo sono il numero delle nascite, che ha toccato il suo punto più basso nella storia del nostro Paese (488 mila), contribuendo così a ridurre la presenza quantitativa delle nuove generazioni, e il tasso di Neet (giovani che non studiano e non lavorano), salito a oltre uno su quattro tra i 15 e i 29 anni (il valore più elevato in Europa dopo la Grecia). Tra i 20 e i 30 anni l’Italia è uno dei Paesi in cui i giovani maggiormente non studiano, non lavorano, non fanno esperienza di autonomia dai genitori, non formano una propria famiglia, non fanno figli.

I dati e le analisi del Rapporto Giovani mostrano come l’influenza dei genitori risulti nel complesso maggiore – in Italia più che in Francia, Spagna, Germania e Regno Unito – sia sul percorso di studio, sia sul lavoro e sulla carriera professionale dei figli. Si accentua quindi il modello italiano di dipendenza economica e di protagonismo della famiglia sul percorso di transizione dei giovani all’età adulta. Con il rischio di ritardare l’assunzione di un ruolo di piena cittadinanza, responsabile, attiva e consapevole dei giovani italiani.

Dall’indagine emerge una forte critica e disillusione rispetto alla condizione attuale di un Paese che offre molto meno di quanto i giovani pensano di poter dare, in contrapposizione con la loro grande voglia di dimostrare quanto davvero valgono. Mentre in Italia 3 intervistati su 4 ritengono che nel proprio Paese le opportunità offerte siano inferiori rispetto alla media degli altri Paesi sviluppati, in Spagna si scende a meno di 2 su 3, in Francia e Gran Bretagna a meno di 1 su 5, e in Germania a meno di 1 su 10. Di conseguenza l’Italia è anche uno dei Paesi in cui maggiore è la propensione ad andare all’estero per cogliere migliori opportunità di lavoro.

Tuttavia, dal Rapporto Giovani emergono segnali rilevanti di quanto i ventenni siano affamati di occasioni per mettersi in campo con le proprie idee e la propria energia positiva. Da qui è necessario ripartire, non solo per uscire dalla crisi, ma per imboccare – con il contributo pieno delle nuove generazioni – un solido percorso di produzione di benessere condiviso.

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