Il direttore della Caritas Ambrosiana sulla tragedia che ha provocato 900 morti: «Abbiamo contribuito a far crescere un mondo squilibrato, questo è il risultato». Mercoledì alle 18.30 Veglia in Santo Stefano con Scola

di Stefania CECCHETTI

Don Roberto Davanzo

«È giusto rimanere sconvolti per questo ultimo dramma, ma non dimentichiamo che le vittime del naufragio di sabato notte, che portano a 1650 i morti nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno, sono solo la punta dell’iceberg. Non tutte le morti avvenute nel canale di Sicilia in questi ultimi decenni sono note; molte non sono arrivate all’attenzione dei media perché non ci sono stati superstiti a raccontarle».

«Organizzare preghiere collettive»

Don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana, parla del numero impressionante di vittime di quest’ultimo naufragio – all’inizio sembravano 700, ora si parla di 900 – senza indorare la pillola: «Ormai quel tratto di mare si è trasformato in un cimitero di disperati, uomini dalle speranze naufragate, che non hanno meritato nemmeno una tomba su cui un parente possa andare a piangere. Il fatto di non conoscere lo spaventoso e reale numero dei morti ci porta più facilmente all’oblio, all’abitudine, al non sentire appieno lo scandalo di questa situazione». Invece dobbiamo reagire, noi cristiani anzitutto con la preghiera: «Sentiamoci in dovere di organizzare preghiere di suffragio collettive, anche per tutti i morti di cui nessuno è mai venuto a sapere».

«Speculazioni blasfeme»

Secondo don Davanzo la riflessione sul dramma umano non può essere disgiunta da quella politica: «Dobbiamo interrogarci sulle radici di questa strage continua. Radici talmente complesse che dovrebbero condurre a spegnere le inutili chiacchiere per prenderci tutti un momento di riflessione, darci una sorta di moratoria nel linguaggio e nella polemica. Penso che speculare in termini elettorali sulla tragedia sia blasfemo dal punto di vista religioso e umano».

E sulle complesse radici del fenomeno migratorio, Davanzo aggiunge: «C’è un dato inequivocabile: abbiamo contribuito a far crescere un mondo squilibrato, in cui l’iniquità – parola cara a papa Francesco – è all’origine di molti mali. Negli anni cui gli spostamenti erano più complessi, questa iniquità rimaneva più nascosta. Oggi, anche a causa dell’ormai raffinatissima industria dei “mercanti di carne umana”, l’iniquità ha trovato valvole di sfogo e si sta palesando».

Dietro ai flussi migratori c’è un dramma che nemmeno immaginiamo, sottolinea don Davanzo: «Possiamo solo intuire il livello di disperazione che può portare un uomo ad abbandonare la sua famiglia, la sua terra, le sue tradizioni e la sua lingua per affidarsi a criminali e a una speranza più forte della morte».

«Tre questioni irrinunciabili»

Impossibile non domandarsi cosa si può fare per fermare questa strage. Secondo don Davanzo, senza entrare nel merito di questo o quel provvedimento, ci sono tre punti irrinunciabili: «Primo: non può essere solo un Paese – in questo caso l’Italia, ma potrebbe essere qualsiasi altro – ad occuparsene, pena l’inevitabile scatenarsi dei meccanismi di cinico scaricamento delle responsabilità. È necessario un intervento internazionale, europeo anzitutto, o anche dell’Onu, se l’Europa non dovesse dimostrarsi all’altezza. Secondo: rendersi conto che alla base del fenomeno c’è un problema politico ed economico, che va capito per estirpare alla radice le cause dei flussi. Infine, non possiamo esimerci dal riconoscere le nostre responsabilità storiche. Non scandalizziamoci se la Turchia chiude gli occhi di fronte al genocidio degli armeni, se poi noi europei non riconosciamo che le radici delle stragi nel Mediterraneo sono rappresentate anche da un colonialismo disgraziato coltivato sino alla seconda metà del Novecento».

«Disumanità on line»

Riguardo ai commenti inumani, di personaggi noti e di gente comune, che hanno affollato il web in queste ore, don Davanzo commenta: «Non mi stupisce. È l’ulteriore indizio di un abbruttimento e di una disumanità, ormai nemmeno più strisciante, ma conclamata, che passa attraverso il web, su questa e altre questioni. La politica incapace di star zitta dà la stura a questi sentimenti un po’ belluini che albergano in ciascuno di noi. Se la politica fosse un po’ più virtuosa, forse il cittadino sarebbe un po’ più prudente. Ma se il politico di levatura nazionale si permette tali linguaggi, allora chi è il singolo per fare diversamente? E questo ci dice ancora la straordinaria responsabilità della classe politica».

 

 

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