Il nostro è tra i Paesi dell’Ue che hanno registrato maggiori progressi dal 2012 al 2022, nonostante resti ancora sotto la media del punteggio europeo

di Gigliola Alfaro
Agensir

Foto Sir / Calvarese
Foto Sir / Calvarese

L’Italia si colloca al 41° posto, con un punteggio di 56, nell’edizione 2022 dell’Indice di percezione della corruzione (Cpi), pubblicato da Transparency International e presentato a Roma, presso la sede della Rappresentanza in Italia della Commissione e del Parlamento europeo, martedì 31 gennaio. Dopo il balzo in avanti di 10 posizioni nel Cpi 2021, l’Italia conferma il punteggio dello scorso anno e guadagna una posizione nella classifica globale dei 180 Paesi oggetto della misurazione.

L’Indice di percezione della corruzione, elaborato annualmente da Transparency International, classifica i Paesi in base al livello di corruzione percepita nel settore pubblico, attraverso l’impiego di 13 strumenti di analisi e di sondaggi rivolti a esperti provenienti dal mondo del business. Il punteggio finale è determinato in base a una scala che va da 0 (alto livello di corruzione percepita) a 100 (basso livello di corruzione percepita).

Il Report Cpi 2022 mette in evidenza la forte correlazione tra corruzione, conflitti e sicurezza. La corruzione erode le risorse per il benessere comune, genera tensioni sociali, riduce la fiducia nei governi, crea terreno fertile per attività criminali, in definitiva minaccia la stabilità politica, sociale ed economica di un Paese. Con un punteggio medio di 66 su 100, l’Europa occidentale e l’Unione europea (Ue) è ancora una volta la regione con il punteggio più alto nell’Indice di percezione della corruzione e l’Italia è tra i Paesi dell’area che hanno registrato maggiori progressi dal 2012 al 2022, nonostante resti ancora sotto la media del punteggio europeo. Il Cpi 2022 conferma, infatti, l’Italia al 17° posto tra i 27 Paesi membri dell’Unione europea.

Normative preventive

«Il punteggio e il conseguente posizionamento del nostro Paese confermano l’Italia nel gruppo dei Paesi europei in ascesa sul fronte della trasparenza e del contrasto alla corruzione. Un risultato frutto dell’applicazione delle misure normative in tema di prevenzione della corruzione adottate nell’ultimo decennio e dell’attenzione che su di essa ha riversato il decisore politico», ha affermato Iole Anna Savini, la presidente di Transparency International Italia, che durante la presentazione del Cpi 2022 ha anche spiegato la mission di Transparency. «Il decisore politico dovrà mettere al centro della sua agenda i temi della trasparenza e della lotta alla corruzione: rafforzare i controlli, scongiurare i conflitti di interesse, promuovere la trasparenza definendo regole adeguate per il bilanciamento tra il diritto all’informazione e la sensibilità dei dati, regolare le attività di lobbying», ha aggiunto.

Il nuovo Codice degli appalti

L’Italia ha beneficiato delle misure anticorruzione adottate nell’ultimo decennio, compreso un nuovo Codice degli appalti che ha portato a una maggiore trasparenza. Tuttavia, la volatilità politica e le elezioni anticipate hanno gravemente ritardato i progressi su fondamentali capisaldi per la lotta alla corruzione: la regolamentazione del lobbying e il conflitto di interessi. «I progressi degli ultimi dieci anni non ci devono indurre ad abbassare l’attenzione – ha commentato Giovanni Colombo, direttore di Transparency International Italia -, c’è ancora molto da fare in tema di anticorruzione e alcune questioni rilevanti vanno risolte al più presto: la messa a disposizione del registro dei titolari effettivi e la regolamentazione del lobbying, temi tornati alla ribalta con le recenti lacune emerse a livello europeo e il nuovo codice appalti che sarà determinante per sostenere eticamente le realizzazioni del Pnrr. Infine, oltre a efficaci passi normativi, auspichiamo un aumento del livello di osservazione e partecipazione dei cittadini ai temi della trasparenza e dell’integrità, garanzia di attenzione generale e sprone per i miglioramenti attesi».

Le intercettazioni

All’incontro è intervenuto anche Andrea Delmastro, sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia, che è stato sollecitato dalla moderatrice, la giornalista Maria Soave, a parlare di intercettazioni. “Una cosa è l’uso delle intercettazioni, altro l’abuso – ha precisato Delmastro -. Vi è la necessità di intervenire sulle intercettazioni nel loro cortocircuito massmediatico, ma non è in alcun modo in discussione lo strumento. Il governo Meloni e il ministro Nordio non intendono minimamente deprivare la magistratura di questo strumento essenziale nel contrasto alla criminalità organizzata e non organizzata. Non vogliamo limitarle per la corruzione, a prescindere dal collegamento con i reati di mafia, ma è di tutta evidenza che c’è stato un cortocircuito tra procure, avvocati, detentori a qualsiasi tipo di certe informazioni e giornalisti, tanto che sui giornali sono trapelate notizie di nessuna rilevanza penale, distantissime dalle indagini, che hanno ferito l’onorabilità di persone. C’è la legge Orlando ma non basta». Secondo Delmastro il problema nasce «se uno è indagato per corruzione e parlando al telefono fa outing e questo finisce sui giornali. In questo caso, le intercettazioni diventano un frutto avvelenato. Quindi, serve un uso corretto di questo strumento per fare in modo che resti il consenso verso di esso del popolo italiano, che altrimenti cala».

Una missione da proseguire

Dicendosi contento del «passo in avanti» compiuto dall’Italia nella lotta alla corruzione, che «conferma un trend positivo», benché «non possiamo ritenerci pienamente appagati», il presidente dell’Anac, Giuseppe Busia, ha evidenziato: «La lotta alla corruzione richiede l’impegno costante, è una missione delle istituzioni e del Paese». «Investire in lotta alla corruzione non significa solo evitare costi altissimi ma è anche uno strumento che dà dei vantaggi di crescita per il Paese – ha precisato Busia -. Occorre continuare a lavorare sulla misurazione oggettiva della corruzione, per avere anche indicazioni su dove agire e fare in modo che la lotta alla corruzione non sia solo un adempimento da compiere sulla carta».

Inoltre, «serve garantire una cultura corretta per l’applicazione dell’istituto del whistleblowing. Far sì che ci sia una semplificazione delle misure di trasparenza, per esempio pubblicando i dati su un’unica piattaforma per facilitarne anche il confronto. Serve anche pensare a una legislazione sulle lobby, che non le criminalizzi, ma aumenti la trasparenza». Infine, un invito al Governo Meloni a ripensare a due aspetti del nuovo Codice degli appalti: «Puntare su maggiore qualificazione per le gare, magari aiutando i piccoli comuni attraverso centri di competenza, in modo da evitare casi di corruzione e spreco di soldi. E fare attenzione al conflitto di interessi, perché com’è stata concepita la disciplina ora andrebbe anche contro a quella europea».

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