Dai campi africani alle aule della Bocconi: quarta tornata del progetto “Corridoi universitari”, declinazione dei “Corridoi umanitari” che hanno fatto giungere in Italia 152 rifugiati afghani dai campi pakistani
«This is a dream!» («Questo è un sogno»). Hafsa non ha cessato di ripeterlo, per l’intera prima giornata dopo il suo sbarco a Malpensa. La studentessa di origine burundese, che sogna di lavorare un giorno per una ong, per restituire quanto di generoso sta ricevendo dopo una vita in fuga dalla violenza, è giunta a Milano all’inizio della settimana, individuata e selezionata in un campo rifugiati del Mozambico dal progetto “Unicore – Corridoi universitari”. Con il suo medesimo entusiasmo, anche lei quasi incredula, era giunta a Milano pochi giorni prima Lea Christine, giovane rifugiata congolese, da anni residente in un campo profughi del Camerun. «It’s a dream»: la vita che si ribalta, libri che si aprono, progetti che prendono forma, un futuro che si spalanca denso di promesse, a valle di un passato costellato di sofferenze.
Il progetto
Le due giovani sono state accolte da Caritas Ambrosiana e Diaconia Valdese e inserite in un biennio di studi all’Università Bocconi di Milano; un loro collega, ancora bloccato in Malawi, le raggiungerà nelle prossime settimane. La loro sorte è condivisa da una cinquantina di rifugiati, provenienti da diversi Paesi africani (grazie alla quarta tornata di Unicore) e destinati a studiare in 33 atenei del nostro Paese. Il progetto è promosso da Unhcr Italia e Caritas Italiana (che coordina l’impegno di decine di Caritas diocesane), insieme a Ministero degli esteri e della cooperazione internazionale, Diaconia Valdese, Centro Astalli, Gandhi Charity e a una vasta rete di partner locali. Avviato nel 2019, ha reso disponibili oltre 140 borse di studio, appannaggio di giovani rifugiati che vengono selezionati grazie a bandi e test, sulla base del merito accademico e delle motivazioni, e preparati alla lingua italiana da corsi che precedono il volo verso il nostro paese.
A Milano i giovani rifugiati, ospiti di residenze universitarie, beneficiano anche del sostegno educativo garantito dalla cooperativa Farsi Prossimo e da famiglie tutor, che li accompagnano nel tempo libero e in esperienze di inserimento comunitario. A Milano oggi sono presenti 7 studenti (eritrei, sudsudanesi, somali), arrivati in successive edizioni del progetto; sono giovani motivati e talentuosi, che affrontano gli studi con energia e spirito di resilienza.
Con i “Corridoi umanitari” 35 a Milano
I “Corridoi universitari” sono una declinazione specifica dei “Corridoi umanitari”, promossi da Conferenza episcopale italiana (tramite Caritas Italiana), d’intesa con i Ministeri dell’Interno e degli Esteri, insieme a una pluralità di organismi internazionali e soggetti ecclesiali e del terzo settore. Proprio ieri sono sbarcati all’aeroporto di Fiumicino 152 rifugiati afghani, provenienti dai campi profughi del Pakistan; Caritas si è impegnata a trasferire e accogliere in Italia, in futuro, ulteriori 300 persone, cittadini afghani che si trovano in paesi di transito, come Pakistan e Turchia.
Ma già da un quadriennio, la rete Caritas ospita in decine di diocesi, presso famiglie o accoglienze comunitarie, centinaia di persone provenienti da diversi paesi africani, mediorientali e asiatici, con l’obiettivo di costruire percorsi di integrazione sociale e inclusione lavorativa che siano legali, sicuri, programmabili e produttivi, sia per l’individuo che ne fruisce, sia per la comunità che lo ospita. I beneficiari dei Corridoi vengono scelti perché segnati da elementi di ulteriore vulnerabilità (sanitaria, sociale, psicologica), oltre al fatto di essere stati costretti ad abbandonare il loro paese e le loro comunità.
Dopo lo sbarco di ieri Caritas Ambrosiana ha accolto un rifugiato che è stato alto funzionario dello Stato afghano prima del nuovo avvento dei Talebani. Si aggiunge ai 35 rifugiati giunti in diocesi grazie ai Corridoi umanitari, prevalentemente eritrei, arrivati nei mesi e anni scorsi dai campi profughi del Sud Sudan. Le comunità coinvolte nell’accoglienza dal 2018 sono 8, gli esiti dei percorsi sono stati differenti: alcuni rifugiati si sono trasferiti in un altro Paese europeo, raggiungendo parenti o conoscenti; altri stanno costruendo con tenacia le condizioni per un’autonomia; altri ancora sono stati inseriti in una seconda accoglienza per proseguire il percorso di integrazione; alcuni hanno abbandonato il percorso.
Percorsi praticabili, dignitosi, sicuri
«È evidente che i Corridoi, riservati a numeri significativi ma tutto sommato ristretti di particolari categorie di migranti (per lo più i rifugiati e i titolari di forme di protezione internazionale), non possono costituire, da soli, lo strumento di gestione del complesso fenomeno delle migrazioni – considera Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana -. Ma è altrettanto evidente che indicano percorsi praticabili, dignitosi e sicuri, pedagogici per le comunità che accolgono, integrabili nel ventaglio di misure cui devono tendere politiche capaci di coniugare realismo e umanità, legalità e solidarietà. Le soluzioni non sono semplici, ma non vi è nulla di impossibile. A patto di volersi davvero cimentare con le sofferenze e i diritti di gran parte dell’umanità. Sottraendoli a traversate mortali, a filiere criminali, alla strumentalizzazione della perenne polemica mediatica e della fabbricazione del consenso politico».