Un quarto degli under18 in condizione di esclusione sociale. La pandemia pesa e ora si presentano caro bollette e inflazione. Situazione preoccupante in alcuni Paesi, tra cui l’Italia
di Gianni
Borsa
Agensir
Una persona su cinque a rischio povertà o esclusione sociale in Europa. Ma la percentuale in Italia sale al 25%. Qualche volta le statistiche di Eurostat sembrano raccontare una realtà diversa da quella che possiamo percepire. O che, talvolta, non vogliamo vedere.
Tra gli studi periodici diffusi dall’Istituto statistico dell’Unione europea quelli che fotografano i fenomeni connessi all’indigenza lasciano a bocca aperta. Milioni di famiglie che lottano per assicurarsi cibo a sufficienza; nuclei che non riescono a pagare affitto o mutuo; anziani, spesso soli, che non hanno adeguato accesso a cure mediche e farmaci. E poi ci sono le povertà “immateriali” – di sovente legate ad alcune condizioni sociali o territoriali – come la mancanza di istruzione, il lavoro minorile… E se la pandemia, con i suoi effetti su economia e occupazione, ha svolto un ruolo pesantissimo, ora incombono il caro bollette e l’aumento dei prezzi (inflazione).
Le tre “condizioni”
«Nel 2021, 95,4 milioni di persone nell’Ue, che rappresentano il 21,7% della popolazione, erano a rischio di povertà o esclusione sociale, ossia vivevano in famiglie che presentavano almeno uno dei tre rischi di povertà ed esclusione sociale: rischio di povertà, grave deprivazione sociale, residenza in una famiglia con intensità di lavoro molto bassa». Lo segnalava poche settimane fa uno studio di Eurostat, che notava «un lieve aumento» del rischio-povertà rispetto al 2020: quando si segnalavano 94,8 milioni sulla soglia dell’indigenza (21,6% della popolazione complessiva dell’Ue). «Tra i 95,4 milioni di persone che hanno affrontato il rischio di povertà o esclusione sociale, circa 5,9 milioni (1,3% della popolazione totale) vivevano in famiglie che avevano contemporaneamente tutti e tre i rischi di povertà ed esclusione sociale». Nel 2021, 73,7 milioni di persone nell’Unione erano a rischio di povertà, mentre 27,0 milioni erano gravemente svantaggiate dal punto di vista materiale e sociale e 29,3 milioni vivevano in una famiglia a bassa intensità di lavoro. Tre condizioni, non sempre dai contorni netti, e che spesso si trascinano l’una con l’altra. Lavoratori a basso reddito, famiglie numerose, anziani con una pensione troppo bassa, minoranze ai margini della società (si pensi alle popolazioni rom).
Stati più o meno virtuosi
L’Istituto statistico ovviamente segnala che il rischio di povertà varia tra gli Stati membri dell’Ue. Le percentuali più elevate sono state registrate in Romania (34%), Bulgaria (32%), Grecia e Spagna (entrambe 28%), seguite da Lettonia e Italia. Al contrario, le percentuali più basse di persone a rischio di povertà sono state registrate in Repubblica Ceca (11%), Slovenia (13%) e Finlandia (14%).
Ogni realtà nazionale ha la sua storia: ci sono Paesi in cui i redditi medi sono modestissimi; altri in cui la disoccupazione – specie giovanile – colpisce un giovane su due o uno su tre; altri Stati nei quali il welfare assicura ben poche certezze (salute, istruzione, case popolari, assegni di sussistenza). E occorre rilevare come dalla pandemia in avanti i contorni del problema siano andati peggiorando. Comunque Eurostat in genere “dà i numeri”, più che indagare cause ed effetti. Eppure i numeri parlano chiaro…
La situazione minorile
Mesi fa sempre Eurostat ha diffuso un’indagine relativa alle condizioni sociali dei minori di 18 anni. «I bambini che crescono in condizioni di povertà o di esclusione sociale hanno difficoltà a raggiungere buoni risultati a scuola, a godere di buona salute e a realizzare appieno il loro potenziale nella vita. Inoltre, corrono un rischio maggiore di diventare disoccupati, poveri e socialmente esclusi da adulti – era il breve commento alla ricerca -. Nel 2021, il 24,4% dei ragazzi (di età inferiore ai 18 anni) nell’Ue era a rischio di povertà o esclusione sociale, rispetto al 21,1% degli adulti (di età superiore ai 18 anni)».
Tra gli Stati membri, nel 2021 le quote più alte di ragazzi a rischio di povertà sono state registrate in Romania (41,5%), Spagna (33,4%), Bulgaria (33,0%), Grecia (32), Italia (29). D’altro canto, le percentuali più basse sono state registrate in Slovenia (11,0%), Finlandia (13,2%) e Repubblica Ceca (13,3%). Gli under18 «sono risultati più a rischio di povertà o esclusione sociale rispetto agli adulti in 18 dei 27 Stati membri dell’Ue». Al contrario, «gli adulti erano più a rischio di povertà o esclusione sociale rispetto ai bambini in 9 Stati membri (Lettonia, Estonia, Danimarca, Croazia, Slovenia, Lituania, Paesi Bassi, Finlandia e Polonia».