In seguito alle proteste contro il colpo di Stato del 1° febbraio una giornata ricca di violenze: almeno 18 le persone uccise e decine i feriti in tutto il Paese. Il Presidente dei vescovi: «Siamo pronti a mediare il dialogo»

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La religiosa in preghiera davanti alla polizia

di Maria Chiara BIAGIONI

Il suo nome è sister Ann Nu Thawng ed è una religiosa delle missionarie di San Francesco Saverio di Myitkyina, capitale dello Stato del Kachin. Le foto che la riprendono inginocchiata davanti alla polizia antisommossa sono forse l’immagine-simbolo della giornata più difficile e sanguinosa ieri in Myanmar. A rilanciarle su twitter  è il cardinale Charles Bo, presidente dei vescovi del Myanmar, che segue con apprensione le manifestazioni in tutto il Paese. «Oggi la rivolta è stata grave a livello nazionale. La polizia sta arrestando, picchiando e persino sparando alle persone. In lacrime, suor Ann Nu Thawng implora e ferma la polizia affinché smetta di arrestare i manifestanti». Ieri, è stata la giornata della repressione più violenta mai eseguita dalle forze di sicurezza contro manifestanti che protestano contro il colpo di stato militare del 1° febbraio. Secondo l’ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite, almeno 18 persone sono state uccise e decine sono i feriti.

Durante tutta la giornata di ieri, in diverse località del Paese, a Yangon, Dawei e Mandalay, forze di polizia e militari hanno affrontato i manifestanti sparando proiettili veri e di gomma, e lanciando gas lacrimogeni. «Il Myanmar è un campo di battaglia – scrive l’arcivescovo Bo -. I cattolici in Myanmar hanno un chiaro piano nazionale di cooperazione a livello locale con le autorità di ogni livello. Siamo pronti a incoraggiare e mediare un dialogo nuovo e tempestivo tra le diverse parti».

Mentre il Paese era devastato dalle violenze, a Yangon, il cardinale Bo ha pronunciato un’omelia fortissima nella Messa della seconda Domenica di Quaresima. «Non può essere versato sangue innocente su questa terra – ha detto -. Siamo tutti figli e figlie della stessa terra, della stessa madre, il Myanmar. Offriamo questa Messa per la pace di questo Paese. L’ho ripetuto tante volte: l’odio non scaccia mai l’odio: solo amore. L’oscurità non vince mai l’oscurità; solo la luce può dissipare le tenebre. La logica dell’occhio per occhio rende cieco il mondo. Crediamo tutti nel potere dell’amore e della riconciliazione. L’odio non vince mai e su nulla. La pace è l’unica via; la pace è possibile. Papa Francesco chiede la risoluzione di tutte le differenze attraverso il dialogo. Coloro che invece invocano lo scontro, non lavorano al bene di questa nazione».

Commentando quindi le pagine del Vangelo che riportavano il brano della “trasfigurazione” di Gesù davanti agli apostoli, il Cardinale ha invocato l’avvento di un “nuovo Myanmar” attraverso quattro processi di cambiamento. «Desidero esortare ciascuno di voi a pregare per quattro trasfigurazioni di questa nazione e di ciascuno di noi. Dall’odio e dalla violenza: lascia che questa nazione si trasformi in un paradiso di pace e tranquillità. Dalla sfiducia reciproca: lascia che questa nazione si trasformi in una nazione di amore e solidarietà.  Dall’essere una nazione povera nonostante le grandi risorse: lascia che sia trasfigurata in una nazione di prosperità condividendo la ricchezza con tutti. Dai conflitti per il potere e il prestigio: lascia che questa nazione sia trasfigurata in una nazione di democrazia, fraternità e uguaglianza. Da ogni tipo di sfruttamento: lascia che questa nazione si trasformi in una nazione di giustizia ambientale e giustizia ecologica».

Intanto, Aung San Suu Kyi, la leader deposta dal colpo di Stato dei militari, , è comparsa in collegamento video davanti al giudice che dovrà processarla per «importazione illegale di walkie-talkie» e «per aver organizzato una protesta durante la pandemia». A renderlo noto è il suo avvocato. San Suu Kyi, 75 anni, non appariva in pubblico dal giorno del golpe, il primo febbraio. «Sta bene», ha precisato il legale. In un messaggio del 3 febbraio, il Cardinale si era speso per la liberazione di Aung San Suu Kyi e di tutti i prigionieri politici e la scorsa settimana, in una dichiarazione, tutti i vescovi cattolici del Myanmar avevano implorato la fine delle violenze e la ripresa del processo democratico. «Con le preghiere nel cuore, imploriamo le parti interessate, di ritornare al dialogo. Investiamo le nostre energie nella riconciliazione. La guarigione deve iniziare con il rilascio dei leader detenuti».

 

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