Dal prossimo anno scolastico gli scritti saranno due, uno di italiano e l’altro specifico dell’indirizzo, e poi si passerà al colloquio orale
di Alberto CAMPOLEONI
Cambia la maturità. Dal prossimo anno scolastico, naturalmente. Quindi attenzione: per quest’anno nessun cambiamento, restano le norme in vigore.
Le novità vengono dai decreti attuativi della Buona Scuola, che hanno avuto il primo via libera dal Consiglio dei ministri e che, in realtà, spaziano su diversi ambiti del sistema scolastico. Quello sulla valutazione, però, ha fatto subito discutere, perché va a modificare, appunto, l’esame di maturità oltre a quello di terza media. Per questo passaggio, alla fine del primo ciclo, vengono previste solo 3 prove scritte (italiano, matematica, lingua straniera) e un colloquio, mentre al momento le prove sono 6 più l’esame orale. Non solo: il test Invalsi (la prova nazionale standardizzata) resta in terza media, ma si svolgerà nel corso dell’anno scolastico, non più durante l’esame finale. Per il ministero le norme “riequilibrano” l’esame finale e si torna a “dare più valore” al percorso scolastico complessivo.
Le modifiche all’esame di maturità riguardano, in particolare, le prove e le modalità di ammissione. Per quanto riguarda le prime: la novità che colpisce subito è l’abolizione della “terza prova”, il famoso “quizzone”. Le prove scritte, infatti, saranno due (una di italiano e l’altra specifica dell’indirizzo) e poi si passerà al colloquio orale. Non solo: viene a conquistare “peso” l’alternanza scuola-lavoro, su cui la Buona Scuola ha puntato da subito. Infatti proprio lo svolgimento delle attività di alternanza diventa requisito di ammissione. Il voto finale resta in centesimi, ma si dà maggior peso al percorso fatto nell’ultimo triennio: il credito scolastico incide fino a 40 punti, le 2 prove scritte incidono fino a 20 punti ciascuna, il colloquio fino a 20 punti. Nessun cambiamento nella composizione della Commissione d’esame (un presidente esterno più tre commissari interni e tre commissari esterni), mentre il decreto prevede una prova Invalsi in quinta superiore per italiano, matematica e anche inglese, prova che però si farà in un momento diverso dall’esame finale e sarà requisito per accedervi.
Una questione che ha fatto discutere subito riguarda l’ammissione all’esame finale anche per quegli allievi che abbiano insufficienze disciplinari (oggi serve la sufficienza in tutte le materie), ma in ogni caso la media del 6, ottenuta calcolando anche il voto di condotta. E qui si scatenano le opinioni più diverse: da chi sostiene che alla fine si potrebbero promuovere allievi con carenze disciplinari anche gravi, a chi invece – come l’ex ministro Berlinguer – ritiene si debba capire «che ci sono materie in cui una persona eccelle e altre in cui non si riesce ad andare bene» e che «chiedere la sufficienza in tutte le materie è un ostacolo per i candidati, un blocco che non serve realmente all’obiettivo che dovrebbe avere la scuola».
Tanti pareri, che dovranno poi misurarsi in concreto con i cambiamenti. E proprio su questi, in generale, punta invece l’indice qualche commentatore, chiedendo di fermarli, suggerendo una “moratoria” almeno di una decina d’anni. Perché – questa la sostanza del ragionamento – non se ne può più di continue modifiche, che creano incertezza. Stabilità: questa la richiesta. Ragionevole e probabilmente anche necessaria, perché le riforme, oltre che farle, bisogna provarle e vedere se funzionano davvero. Serve tempo.