A Washington la cerimonia davanti a pochi invitati, tenuti a distanza non solo dal Covid, ma anche dalla paura di attentati. Il 46mo Presidente Usa, il secondo cattolico, giurerà per restituire un’anima al suo Paese
di Maddalena
MALTESE
Agensir, da New York
Alle 12, ora locale, sulle scale del Campidoglio di Washington, Joe Biden giurerà da 46° presidente degli Stati Uniti. Lo farà sulla Bibbia di famiglia, consumata nella copertina e pesante e lo farà da cattolico, come solo John F. Kennedy prima di lui. Lo farà dopo aver partecipato a un momento di preghiera nella cattedrale di san Matteo, dove ha invitato anche alcuni dei suoi avversari politici. Il leader della maggioranza al Senato, il repubblicano Mitch McConnell, assieme al leader della minoranza repubblicana alla Camera, Kevin McCarthy, che ha votato contro la certificazione della vittoria di Biden, siederanno tra i 400 invitati. Cattolici, ebrei, indù, cristiani di varie denominazioni, collaboratori senza un particolare riferimento religioso inizieranno l’era Biden all’insegna della fede.
La riconciliazione e la guarigione del Paese hanno bisogno anche di questi gesti, che in tempi di pandemia trascendono la formalità per scavare nella sofferenza e nella fragilità dell’America, piegata dal virus e lacerata da un assalto senza precedenti alle sue istituzioni democratiche, tradita da un presidente che ha incitato alla rivolta e che oggi, trasgredendo a 150 anni di tradizione, non accoglierà il suo successore e lascerà la Casa Bianca da fuggiasco, di primo mattino, senza discorsi d’addio e con una cerimonia da cui tanti invitati si sono smarcati.
Il presidente eletto ha tracciato ieri sera, sulla spianata vuota del Lincoln Memorial, i tratti della sua leadership. Senza folla, al crepuscolo, davanti a una distesa di 20 mila bandiere americane e 400 lanterne, accompagnato dalla moglie Jill, dal vicepresidente Kamala Harris e dal marito, da un’infermiera del Michigan in prima linea nella battaglia contro il Covid, Biden ha scandito: «Accendiamo luci nell’oscurità. Per guarire, dobbiamo ricordare. A volte è difficile ricordare, ma è così che guariamo. È importante farlo come nazione. Ecco perché siamo qui oggi».
L’uomo che ha pronunciato queste parole conosce la fatica di questo percorso e conosce il dolore dell’assenza: la prima moglie, una figlia e un figlio sono usciti dalla sua vita tragicamente. Il memoriale per le vittime del Covid è stato preceduto da una preghiera del cardinale di Washington Wilton D. Gregory che ha chiesto alla nazione di «fermarsi in maniera riverente» per pregare per i morti e confortare chi piange, mostrando gratitudine anche per chi si è preso cura dei molti malati e di chi è morto in solitudine. «Il dolore ci unisce gli uni agli altri, come un unico popolo», ha ribadito il Cardinale, ricordando che la preghiera rafforza «la consapevolezza di un’umanità comune e dell’unità della nazione».
La preghiera aprirà e chiuderà anche la cerimonia del giuramento e sarà officiata all’inizio da padre Leo J. O’Donovan, sacerdote gesuita e mentore spirituale di Biden, e in conclusione dal reverendo Silvester Beaman, amico e confidente del presidente in Delaware. Anche la scelta del clero per questo momento di preghiera non è una formalità, ma mostra i valori che guideranno l’amministrazione del Paese: O’ Donovan è bianco e di discendenza irlandese, Beaman è afroamericano; uno è cattolico, l’altro metodista.
L’America di Biden sarà plurale, come mostra la scelta dei membri del suo gabinetto: plurali per razza, plurali anche per fede. Insieme pregheranno sulle scale di un edificio costruito dagli schiavi e da un podio dissacrato da rivoltosi violenti, che non hanno esitato a brandire anche croci e immagini di Gesù mentre sfondavano finestre e vandalizzavano il tempio della democrazia Usa. L’era Biden dovrà fare i conti anche con la religiosità evangelica bianca, che nel suo predecessore ha trovato un araldo da seguire e sostenere devotamente con un entusiasmo religioso che non ha precedenti nella storia americana. Biden giurerà anche per loro e davanti a loro, consapevole che lo disconoscono come presidente e che un americano su tre considera la sua elezione illegittima. Giurerà non davanti alle folle, ma a pochi invitati tenuti a distanza non solo dal Coronavirus, ma anche dalla paura di attentati che ha militarizzato Washington. Biden giurerà per restituire l’anima a una nazione, che come ricordava Toqueville «è grande perché è buona», ma che «se smettesse di essere buona cesserebbe di essere anche grande»; e il suo 46° presidente ne è consapevole.