Così Alfonso Sabella, già sostituto procuratore del Pool di Palermo, commenta la cattura del boss, «l’esponente più prestigioso di Cosa Nostra, l’ultimo ad aver sferrato un colpo allo Stato con le stragi». Il commento di don Ciotti
di Filippo
Passantino
Agensir
«Una giornata storica, perché l’arresto di Messina Denaro chiude l’epoca dello stragismo corleonese. È l’ultimo esponente della mafia che ha sferrato un colpo allo Stato con le stragi». Così il magistrato Alfonso Sabella, sostituto procuratore del Pool antimafia di Palermo di Gian Carlo Caselli, commenta l’arresto del boss. «Oggi non è stato arrestato il capo di Cosa nostra, ma l’esponente più prestigioso dell’organizzazione criminale. Oggi penso che il vertice sia a Palermo e sia stato riconquistato dai palermitani».
Riconoscendo la «grande operazione delle forze di polizia» e della Procura, il magistrato osserva come l’arresto sia avvenuto «a pochi chilometri del suo territorio com’è già avvenuto con gli altri grandi latitanti, che sanno di poter contare su omertà e coperture. Si chiude così una stagione stragista di sangue e orrore». Sabella si sofferma sugli applausi dei cittadini che hanno assistito all’arresto, considerandolo «un bel segnale. Non ci troviamo più nel grande periodo di sollevazione popolare delle coscienze, ma è chiaro che qualcosa è cambiato. Gran parte dei cittadini ha capito che lo Stato è in grado di vincere. E la lotta alla mafia non si fa solo con la repressione, ma anche con l’educazione».
Ciotti: «Le mafie non sono soltanto i loro capi»
«Abbiamo appena ricordato il trentesimo anniversario dell’arresto di Totò Riina e oggi ci arriva la bella e confortante notizia dell’arresto, dopo trent’anni di latitanza, di Matteo Messina Denaro, una notizia di cui essere felici ed è giusto, anzi doveroso, il riconoscimento alle Forze di polizia e alla Procura, che per tanti anni, con sforzo e impegno incessanti, anche a costo di sacrifici, hanno inseguito il latitante». Così il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, che però mette in guardia: «Ciò che però un po’ preoccupa è rivedere le stesse scene e reazioni di trent’anni fa: il clima di generale esultanza, l’unanime plauso dei politici, le congratulazioni e le dichiarazioni che parlano di “grande giorno”, di “vittoria della legalità” e via dicendo. Non vorrei si ripetessero pure gli errori commessi in seguito alla cattura di Riina e di Provenzano. Le mafie non sono riducibili ai loro “capi”, non lo sono mai state e oggi lo sono ancora di meno, essendosi sviluppate in organizzazioni reticolari in grado di sopperire alla singola mancanza attraverso la forza del sistema. Sviluppo di cui proprio Matteo Messina Denaro è stato promotore e protagonista, traghettando Cosa Nostra dal modello militare e “stragista” di Riina a quello attuale, imprenditoriale e tecnologico capace di dominare attraverso la corruzione e il cyber crime riducendo al minimo l’uso delle armi”.
Don Ciotti evidenzia: “La sua latitanza è stata accompagnata anche dalla latitanza della politica indirettamente complice di quella di Messina Denaro: la mancata costruzione, in Italia come nel mondo, di un modello sociale e economico fondato sui diritti fondamentali – la casa, il lavoro, la scuola, l’assistenza sanitaria – modello antitetico a quello predatorio che produce ingiustizie, disuguaglianze e vuoti di democrazia che sono per le mafie di tutto il mondo occasioni di profitto e di potere. Ci auguriamo che all’arresto segua una piena confessione e collaborazione con la magistratura, che il boss di Cosa Nostra sveli le tante verità nascoste, a cominciare da quelle che hanno reso possibile la sua trentennale latitanza: non si sfugge alla cattura per trent’anni se non grazie a coperture su più livelli. Occorre che queste complicità emergano, anche perché solo così tanti familiari delle vittime di mafie che attendono giustizia e verità avrebbero parziale risarcimento al loro lungo e intollerabile strazio».
Il presidente di Libera conclude: «La lotta alla mafia non si arresta con Matteo Messina Denaro perché l’ultima mafia è sempre la penultima, perché il codice genetico della mafia affida alla sua creatura un imperativo primario: quello di sopravvivere. Ce n’è un’altra infatti che cova, ha sempre covato. Nei cambiamenti storici che sono avvenuti, ci sono sempre delle ceneri che ardono sotto. Dunque esultiamo pure per la cattura di Messina Denaro, ma nella consapevolezza che l’arresto di oggi non è la conclusione ma la continuità di un lungo percorso, di una lotta per sconfiggere le mafie fuori e dentro di noi».
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