La sfida che sta dietro le manifestazioni di protesta in Russia, Europa e Nord Africa: occorrono un pensiero e un forte progetto realizzabile
Fanno notizia le manifestazioni in Russia, dopo le elezioni legislative che avevano consegnato lo scorso 5 dicembre al partito egemone, “Russia Unita”, la maggioranza assoluta dei seggi. Il 15% dei voti persi dal partito di Putin e Medvedev, che non ha raggiunto la maggioranza assoluta dei voti, si è spalmato tra il partito comunista, che sfiora il 20%, “Russia Giusta” che cresce quasi di cinque punti al 13,22%, e così supera il partito Liberal democratico di destra, guidato da Vladimir Zhirinovsky, all’11,66%. Questi dati sono contestati, viene avanzata una traversale richiesta di ripetere le elezioni e Putin ha offerto ai manifestanti una risposta decisa, ma sembra avere avvertito il messaggio, anche in vista delle prossime presidenziali, alle quali è ufficialmente candidato per la terza volta.
Sia pure nel peculiare quadro russo, giusto a vent’anni dalla dissoluzione dell’Urss, il profilo d’instabilità e di contestazione che le manifestazioni mostrano, segna un malessere che percorre ormai tutto il mondo “globalizzato”. Le leadership si mostrano deboli, la politica sembra non reggere il peso delle attese che si affollano in modo contraddittorio, di fronte ai gravi problemi di governo dell’economia globale. Non a caso la parola trasversale che sintetizza questi fermenti è “indignazione”, che è un movimento etico e non politico. E questo è forse il dato fondamentale. L’accelerazione dei processi economici e, dunque, sociali che stiamo vivendo reclama nuove sintesi, nuove prospettive di democrazia, che peraltro sono lungi ancora dall’essere definite. Nei Paesi dell’Africa settentrionale le “rivoluzioni” danno esiti politici contraddittori, ancora tutti da decifrare, dopo che si era a caldo parlato di affermazione della democrazia.
Così in Europa si producono le alternanze, come in Spagna, o si formano coalizioni allargate di tipo transitorio, come in Grecia e in Italia, mentre in Francia e Germania (e negli Stati Uniti) è in corso una lunghissima campagna elettorale. Gli orizzonti nazionali peraltro appaiono, come si è ben visto nella crisi dell’euro, troppo ristretti e dunque dall’urgenza dei fatti viene rilanciato il quadro sovranazionale e comunitario, l’Unione Europea, ormai a 28, con l’ingresso della Croazia, sfatato definitivamente il tabù delle diverse velocità.
L’“indignazione” insomma, deve essere seguita e accompagnata dall’elaborazione, dalla proposta, dal progetto. È una sfida per tutti. E forse anche dall’inverno russo potrà venire qualche indicazione.