Don Roberto Colombo, docente in Cattolica e membro della Pontificia Accademia per la Vita, commenta la decisione di sospendere i supporti vitali di ventilazione assistita, idratazione e nutrizione per il piccolo inglese

di don Roberto COLOMBO
Docente della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Roma) e membro ordinario della Pontificia Accademia per la Vita (Città del Vaticano)

genitori Alfie
I genitori di Alfie Evans

La clinicamente ed eticamente sconcertante decisione presa nella tarda serata di ieri a Liverpool di procedere comunque alla sospensione dei supporti vitali di ventilazione assistita, di idratazione e di nutrizione per il piccolo Alfie non ha esitato – come prevedevano gli anestesisti pediatri dell’Alder Hey Children’s Hospital – nel decesso in breve tempo del bambino, il quale, a oltre dieci ore dalla estubazione continua a respirare autonomamente, anche se con difficoltà.

Questa “inattesa” resistenza fisica di Alfie alla pretesa insufficienza respiratoria letale dei medici rappresenta una “falsificazione” – in termini popperiani – della tesi della completa mancanza di funzionalità del sistema nervoso centrale. Le funzioni troncoencefaliche del bambino risultano infatti ancora sufficientemente integre da consentirgli una respirazione autonoma, anche se non è possibile prevedere per quanto questa potrà continuare in assenza di un supplemento di ossigeno. Anche il suo cuore continua a battere, a testimonianza dell’assenza di una compromissione sostanziale del miocardio.

La mancata riconnessione del supporto ventilatorio meccanico dopo tutte queste ore mostra quella che già il cardinale Sgreccia – in occasione della vicenda del bambino Charlie Gard – aveva chiamato un «accanimento tanatologico», ossia una ostinazione ideologica e priva di ragionevole fondamento clinico ed etico nel porre fine alla esistenza di un paziente. Gli inglesi chiamano «l’accanimento terapeutico» con il termine therapeutic obstinacy («ostinazione terapeutica»). In questo caso, si potrebbe parlare di «ostinazione anti-curativa». Questo è il contrario delle autentiche «cure palliative», che prevedono di prendersi cura del paziente inguaribile fino all’ultimo istante della sua vita, senza procurare anzitempo la sua monte con una eutanasia omissiva. La medicina ha bisogno di essere liberata da una ideologia mortale che nega in radice la sua vocazione al servizio della vita.

 

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