Dall’agenzia Onu cibo e attrezzature logistiche per le comunità colpite dal terremoto del 22 giugno. In corso le verifiche dei danni

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Foto Sir

di Daniele ROCCHI e Gianni BORSA
Agensir

Il World Food Programme (Wfp) sta dispiegando cibo e attrezzature logistiche per le comunità colpite dal terremoto del 22 giugno che si è verificato vicino alla città di Khost, in Afghanistan. Sono in movimento 18 camion nelle aree colpite dal terremoto che trasportano forniture di emergenza, tra cui pacchi di biscotti ad alto contenuto energetico e unità mobili di stoccaggio. Il Wfp prevede di fornire cibo di emergenza inizialmente a 3.000 famiglie ed è pronto ad aumentare il suo sostegno dopo i risultati delle verifiche in corso. Lo rende noto la stessa agenzia Onu che, insieme ai partner umanitari, sta effettuando verifiche sui danni causati dal terremoto e sui bisogni delle famiglie colpite.

I remoti distretti di Giyan e Barmal, nella provincia di Paktika, e Spera, nella provincia di Khost, sono tra le aree più colpite. A Barmal, oltre il 70% delle case è stato completamente distrutto. Secondo i primi rapporti, sono rimaste uccise almeno 1.000 persone e 2.000 sono i feriti. I soccorsi sono ostacolati da piogge intense e forti venti, oltre che dalla scarsa connettività nelle aree colpite.

«Il popolo afghano sta già affrontando una crisi senza precedenti dopo decenni di conflitti, una grave siccità e una recessione economica -, ha detto Gordon Craig, vicedirettore del Wfp in Afghanistan -. Il terremoto non farà che aumentare i già enormi bisogni umanitari che affronta quotidianamente la popolazione, inclusi i quasi 19 milioni di persone in tutto il Paese che soffrono la fame acuta e che necessitano di assistenza. Le nostre squadre si sono mobilitate rapidamente e continueranno a fornire supporto per aiutare le famiglie colpite a superare quest’ultima tragedia».

Il Wfp opera in tutte le 34 province del Paese e dispone di una flotta di 239 camion che ogni giorno sono in movimento consegnando cibo a circa 800 centri di distribuzione alimentare in tutto il Paese. A maggio, l’agenzia Onu ha fornito assistenza alimentare e nutrizionale a 590.000 persone nella provincia di Paktika e a 320.000 persone a Khost. Dall’inizio del 2022, il Wfp ha assistito 18 milioni di persone in Afghanistan con cibo, denaro e sostegno ai mezzi di sussistenza.

«E adesso come li aiutiamo?»

«L’Afghanistan è stato abbandonato da tutti: non c’è più nessuno, né la Chiesa né la cooperazione allo sviluppo. Ad agosto scorso, quando i Talebani hanno preso il potere, siamo andati via tutti, usando il canale del ponte aereo offertoci». Così dice al Sir e a Popoli e Missione il barnabita padre Giovanni Scalese. Il missionario parla da Milano, ma fino al 26 agosto scorso è stato responsabile della Missio sui iuris in Afghanistan. Afferma che il popolo afghano ha urgente bisogno d’aiuto per via del devastante terremoto, ma «non c’è nessuno a soccorrerli».

Con molto rammarico padre Scalese spiega: «Ho letto adesso il tweet dell’ambasciata italiana in Afghanistan, che però è stata riaperta in Qatar e dunque non è più da tempo attiva sul territorio. In questo tweet si esprime vicinanza al Paese e si promettono aiuti. Ma come, mi chiedo io. Come facciamo ad aiutare se non ci siamo?». Secondo il Barnabita, «dire che l’Italia si attiverà in collaborazione con tutti gli altri Paesi nel concreto» non vuol dire molto.

Ad agosto scorso, ricorda, «c’erano le suore con i ragazzi disabili da portare in salvo: io ero protetto, ma le suore vivevano in città e non erano davvero al sicuro; abbiamo quindi approfittato del ponte aereo per metterle in salvo». Da allora padre Scalese ha cercato ripetutamente di tornare in Afghanistan, ma non c’è più riuscito.

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