Sorprese alle elezioni per i Consigli municipali e i Parlamenti di Scozia, Galles e Irlanda del Nord. Ma nessuna chiara indicazione sul Brexit

di Gianni BORSA e Silvia GUZZETTI

bandiere ue

Il Regno Unito non finisce di stupire l’Europa. E se qualcuno fosse rimasto allo stereotipo del “grigiore” britannico ha certamente perso qualche puntata. L’esito del voto delle elezioni di giovedì 5 maggio hanno il sapore della sorpresa, quasi come il cappottino fucsia, con vestito e cappello abbinati, sfoggiati ieri dalla regina Elisabetta, 90enne, in visita ai cadetti della Berkhamsted School. L’ultimo voto prima del referendum del 23 giugno che dovrà stabilire se Londra resterà o uscirà dalla “casa comune” europea, ha messo nero su bianco novità significative: la prima, e più appariscente di tutte, è la vittoria di Sadiq Khan, neo sindaco della capitale, che diventa così il cittadino di religione musulmana più in vista nel Vecchio continente. Ma si scopre anche che i conservatori di David Cameron riescono a tenere le posizioni elettorali, che il Labour non tracolla (come previsto da qualche sondaggio) ma certo è in arretramento. E, ancora, che la Scozia è la parte del Paese più europeista; mentre l’Ukip, dell’anti-europeista Nigel Farage, è una forza politica stabilmente presente nello scenario politico, benché non riesca ancora a fare man bassa di voti.

A Londra il musulmano Sadiq Khan ha dunque battuto il rivale Tory Zac Goldsmith con il 56,8% dei voti. L’esponente Labour riporta la City all’area progressista: nel mondo finanziario si temono le ricadute di un eventuale Brexit e i laburisti appaiono finora la forza più decisamente schierata dalla parte della permanenza nell’Unione; più ancora dei liberaldemocratici e dello stesso Cameron che lo scorso anno, pur di vincere le elezioni, aveva promesso questo referendum e ora si schiera dalla parte del “no” alla secessione dall’Ue. Il Labour tiene anche in una delle sue storiche roccaforti, il Galles, conquistando al Parlamento locale 29 seggi su 60, ma rinunciando alla maggioranza assoluta per via del successo dello Ukip, che vuole la Gran Bretagna fuori dalla Ue e che ha ottenuto, per la prima volta, 7 consiglieri. Lo stesso Labour, però, in Scozia scivola al terzo posto dopo nazionalisti e Tories. «I laburisti non possono conquistare la maggioranza a livello nazionale se non recuperano in Scozia dove hanno perso una città chiave come Glasgow», commenta Chris Whitehouse, consulente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, segretario del “Catholic Legislators’ Network” che riunisce, ogni settimana, a Westminster, lord e parlamentari cattolici di ogni partito per la Messa.

«Anche in Inghilterra – prosegue l’analisi di Chris Whitehouse – non c’è stato nessun recupero del Labour benché gli elettori sopportino, da sei anni ormai, le dure politiche di austerità del governo di David Cameron. Insomma se il Labour non è eleggibile, per il momento, a livello locale non lo sarà, a Westminster, nel 2020». In ultima analisi, «il voto in Inghilterra e Galles non ci dice niente sul referendum sul Brexit». Nel senso che «lo Ukip, schierato ovviamente per il sì, ha guadagnato seggi ma non è decollato. Ha circa l’1% dei seggi locali disponibili. È soltanto uno spostamento di voti dai partiti conservatore, laburista e liberaldemocratico verso lo Ukip, ma non suggerisce nessun cambiamento complessivo nei confronti della questione della permanenza della Gran Bretagna dentro l’Unione europea».

In Scozia è tutta un’altra storia. Lo “Scottish National Party” (Snp), dichiaratamente schierato contro il Brexit, consolida le sue posizioni alle elezioni parlamentari e punisce i laburisti nelle loro roccaforti tradizionali. Il conto dei seggi del Parlamento di Edimburgo conferma 63 parlamentari allo Snp e concede, per la prima volta nella storia scozzese, il secondo posto ai conservatori con 31 seggi e mandando i laburisti al terzo posto con 24 seggi.

«Molti cattolici, insieme a me, sono orgogliosi del fatto che lo Ukip, il partito che vuole portare la Gran Bretagna fuori dall’Ue non ha vinto neppure un seggio in Scozia» mentre «ha preso seggi in tutta l’Inghilterra e anche in Galles», commenta Ronnie Convery, portavoce della Chiesa cattolica scozzese. «La mentalità antieuropeista è aliena a nord del Vallo di Adriano. E la leader dello Snp, Nicola Sturgeon, che prende anche i voti dei cattolici, ha già promesso un nuovo referendum per l’indipendenza se, al prossimo referendum del 23 giugno, vincesse il Brexit».

L’ultimo appuntamento elettorale su scala pressoché nazionale – fra elezioni amministrative e dei parlamenti di Galles, Scozia e Irlanda del Nord -, quasi una prova generale prima del referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea (Ue), ha consegnato a Londra il suo primo sindaco musulmano. Figlio di un ex autista pachistano, il 45enne Sadiq Khan è un musulmano praticante, il primo eletto al vertice di una capitale europea, in una città cosmopolita in cui i fedeli all’islam sono circa un milione. Il caso Londra è «tuttavia un’isola felice e un test circoscritto per il nuovo-vecchio corso laburista» sostiene Gabriele Rosana, di Affari internazionali, rivista di politica e strategia. L’analista puntualizza: «A meno di 50 giorni dal prossimo appuntamento con il referendum sul Brexit, la campagna elettorale britannica è a tutto campo».

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