Il sacerdote è la voce recitante dello spettacolo in programma il 18 giugno nella Basilica di San Simpliciano, basato sul «Pensiero alla morte»: «Un testo breve, ma intenso, un pensiero che va liberato perché sia liberante», spiega, annunciando altre iniziative in cantiere sul Papa santo
di Marta
Valagussa
Martedì 18 giugno, alle 21, nella Basilica di San Simpliciano a Milano andrà in scena lo spettacolo musicale Paolo VI – Pensiero alla morte, basato sul testo con cui il Papa prese congedo dalla vita, dal mondo e dalla Chiesa, realtà che amò profondamente. Nel rispetto fedele del contenuto, il testo prende letteralmente vita in una forma di teatro totale: una modalità che oltrepassa certamente la dimensione della lettura. Ne parliamo con don Paolo Alliata, vicario della Comunità pastorale Paolo VI presso la parrocchia di Santa Maria Incoronata – che la compone insieme a quelle di San Simpliciano, San Marco e San Bartolomeo -, che la sera del 18 giugno sarà la voce recitante.
Perché avete deciso di mettere in scena il Pensiero alla morte?
Innanzitutto la nostra Comunità pastorale è intitolata a Paolo VI. Poi, da quando Paolo VI è stato canonizzato lo scorso ottobre, abbiamo deciso di dare grande spazio alla sua figura, per conoscerlo meglio e approfondire certi contenuti che ci sembrano particolarmente importanti. Lo faremo anche dopo l’estate, con alcuni incontri in collaborazione con la Facoltà teologica. Da tempo condivido con Matteo Galli e Chiara Gibillini la passione per il teatro. Abbiamo deciso di mettere in scena dei testi significativi di Paolo VI. Così è nata l’idea dello spettacolo che andrà in scena il 18 giugno. Il testo del Pensiero alla morte è corto, ma intenso. Suggerisce un accompagnamento musicale, ma non solo. Antonio Gargiulo metterà in danza quello che Paolo VI ha espresso a parole. La parola si unisce al gesto fisico come nella vita di ogni giorno di ogni semplice uomo.
Quanto è attuale il Pensiero alla morte?
Credo che pensare alla morte ci faccia bene. Se perdiamo di vista il tema della morte, ci intristiamo. Sembra paradossale, ma è proprio così. Credo che sia molto importante per ciascuno di noi preparare il passaggio da questa vita all’altra. Il pensiero della morte deve essere liberato, perché poi diventa liberante. È un po’ come tenere una palla sott’acqua: puoi cercare di tenerla per un po’, ma poi schizza fuori in modo incontrollabile: se il pensiero della morte è ben chiaro nelle nostre menti e nei nostri cuori, possiamo mettere radici e godere della vita, perché sappiamo che è mortale. Solo così possiamo fare grandi cose.
Avete altri progetti per il futuro?
Dopo l’estate metteremo a calendario alcuni incontri più propriamente teologici. Mentre per quanto riguarda le realizzazioni sceniche, come contraltare al tema affrontato nel Pensiero alla morte, pensiamo di progettare uno spettacolo sulla Gaudete in Domino, esortazione apostolica del 1975, dove Paolo VI sviluppa il tema della gioia. Siamo ancora all’inizio, ma contiamo di metterlo in scena presto. I testi di Paolo VI che si prestano a una realizzazione teatrale sono diversi e tutti molto significativi. Meritano un’attenzione particolare e un approfondimento per tutti.
Insieme a don Paolo Alliata, questi gli altri artefici della messa in scena: Antonio Gargiulo, mimo e azione scenica; Alessandro Castellucci, voce fuori campo; Matteo Galli, organo; Marco Elli, luci e suono; Chiara Gibillini, ideazione e coordinamento. L’ingresso è libero e gratuito fino a esaurimento posti.