In vista dell’incontro conclusivo del 26 ottobre al Teatro Carcano, il responsabile diocesano dell’Apostolato biblico traccia un bilancio del percorso «La Bibbia nella Selva» che, pur condizionato dalla pandemia, ha registrato la partecipazione di alcune migliaia di studenti da tutta Italia
di Marta
VALAGUSSA
«La Commedia può davvero accompagnare, nutrire e incoraggiare il nostro desiderio di partire, alzarci e scrollarci di dosso il torpore, risorgendo alla vita, avendo imparato qualcosa da quello che abbiamo alle spalle e non semplicemente chiudendo una parentesi». Lo afferma don Paolo Alliata, responsabile della Sezione Apostolato biblico della Diocesi di Milano, a conclusione del percorso «La Bibbia nella Selva». Un progetto maestoso, degno del settimo centenario della morte del Sommo poeta, quello che nel luglio 2019 veniva alla luce, a partire dalla domanda: cosa la comunità cristiana diocesana ha da dire sul rapporto tra i due grandi codici della cultura occidentale, la Bibbia e la Commedia?
Don Alliata, il progetto originario comprendeva otto incontri focalizzati sul rapporto tra Dante e la Bibbia. Ma la pandemia ha costretto a tagliare molto. Qual è il bilancio di questo percorso?
L’idea originaria era quella di prendere sul serio la Divina Commedia, così da arrivare fino alle sue radici, che sono il grande codice della Bibbia. Desideravamo svolgere questi otto incontri in luoghi significativi della città, legandoli alle tematiche che avremmo affrontato, per esempio il riscatto in carcere o la malattia in ospedale. La pandemia ha frenato tutta questa progettualità, ma abbiamo svolto quattro incontri online tra febbraio e maggio scorsi, in collaborazione con il Centro Asteria. Nonostante la forte riduzione dell’efficacia, abbiamo registrato la partecipazione di qualche migliaio di studenti delle scuole superiori, collegati da tutta Italia. Ora è tempo di concludere il percorso in presenza.
Ecco allora l’incontro di martedì 26 ottobre al teatro Carcano di Milano. Qual è l’obiettivo?
Abbiamo fortemente voluto concludere il percorso in presenza, con una serata che tenesse insieme la dimensione artistica e la parola competente, che ci aiutino insieme a scandagliare qualche anfratto della Commedia, soprattutto in un tempo di ripartenza come il nostro.
In che modo la Commedia, e quindi la Bibbia, parla a noi oggi nel post-pandemia?
Lewis, l’autore de Le cronache di Narnia, diceva che noi leggiamo per sapere che non siamo soli. Abbiamo attraversato tempi complessi. Ma leggiamo la Commedia, la Bibbia, la parola degli uomini – anche con la fiducia di chi riconosce quella parola come ispirata – per sapere che l’avventura umana non è disperata, anzi merita di essere affrontata. È un’avventura che nasconde una ricchezza, ma che ti mette in gioco, altrimenti non consegna nessuna ricchezza.
L’immagine di Dante che si risveglia dal suo torpore e si rende conto di essersi perso è quindi molto vicina alla nostra condizione attuale…
Esattamente. Dante deve ricostruire il percorso che l’ha portato fin lì. La questione fondamentale è decidere cosa fare. Condanno la vita come fregatura, chiudendomi nella tomba della mia commiserazione? Oppure mi metto in gioco nel dramma? Virgilio accompagna Dante nel suo desiderio di ripartire e gli spiega che c’è un cammino più lungo da fare, per niente sbrigativo. È lo stesso percorso che deve fare ciascuno di noi, per diventare signore di se stesso, schiavo di nessuno, finalmente libero, come verrà incoronato Dante nel paradiso terrestre.