In Italia 28 mila bambini e ragazzi non vivono con i loro genitori: solo in Lombardia sono quasi 4 mila. La principale causa di allontanamento è la negligenza: oggi tanti adulti non sono in grado di occuparsi dei figli. Parla Matteo Zappa di Caritas Ambrosiana
di Luisa BOVE
Non tutti i bambini oggi crescono stabilmente nella famiglia di origine. Le cause di allontanamento sono diverse, come pure le soluzioni da trovare. In Italia, a fine 2012, erano 28 mila i minori fuori dalla famiglia, un dato preoccupante, anche se non freschissimo. Solo in Lombardia, invece, nel gennaio scorso il Garante per l’infanzia ne registrava ben 3.940, di cui 2.300 in affidamento e 1.700 accolti in strutture residenziali. Un fenomeno, – spiega Matteo Zappa, responsabile Area minori di Caritas ambrosiana – «che si è mantenuto sostanzialmente costante nei numeri, anche se dal punto di vista dei bisogni e delle cause di allontanamento le risposte e i servizi sono cambiati».
E come?
Oggi per la presa in carico dei bambini e dei ragazzi si cercano strade alternative rispetto alle strutture residenziali. Attraverso interventi, servizi diurni e accoglienze familiari (con domicilio di minori solo negli orari pomeridiani), si tenta di prendere in carico le famiglie problematiche e i loro figli, cercando il più possibile di mantenere il diritto del minore a stare nella propria famiglia, laddove le condizioni lo permettano. Ma l’investimento sui genitori è ancora debole: occorrono risorse e competenze. Ci sono tuttavia sperimentazioni interessanti: per esempio un progetto a livello nazionale, tradotto anche localmente, prevede un approccio diverso ai servizi, alle famiglie e alle reti territoriali informali, per cui tutti sono coinvolti nel sostegno.
Quali sono le cause di allontanamento?
Devo dire che il dato del maltrattamento e dell’abuso all’infanzia è alto e preoccupante, ma nel tempo aumentano anche le fragilità psicologiche degli adulti. Alcuni genitori non riescono a occuparsi dei figli per negligenza: in loro non c’è l’intenzione di non fare del bene, piuttosto non hanno gli strumenti, le capacità e le risorse. Ci sono persone con fragilità psicologiche (o che a loro volta hanno alle spalle storie di carenza e trascuratezza), alle quali risulta difficile fare i genitori. In effetti la prima causa di allontanamento è l’inadeguatezza genitoriale, non il maltrattamento, problemi di dipendenza (alcol o droga) o l’altissimo grado di conflittualità all’interno della coppia. Molte famiglie alle quali sono stati tolti i minori hanno anche difficoltà di carattere economico, lavorativo, abitativo, ma queste sono motivazioni secondarie.
Per questo si parla di minori fuori dalla famiglia?
Esatto. In questi casi, se ci sono provvedimenti da parte del Tribunale per i minorenni, tocca poi ai servizi sociali dei Comuni provvedere a un collocamento fuori dalla famiglia. Negli anni c’è stato un forte investimento per collocare il più possibile questi minori in altre famiglie, attraverso l’affido o le comunità familiari, ma i numeri a livello nazionale dicono che solo il 50% dei ragazzi va in altre famiglie, la metà si trova ancora in comunità educative, anche se per alcuni ragazzi sono strutture adeguate.
Cosa succede ai minori dichiarati adottabili?
Nel momento in cui si stabilisce l’adottabilità si sancisce l’impossibilità del rientro del minore in famiglia, ma soprattutto si decide di rompere il legame, anche giuridico, con la famiglia di origine. Finché non si trovano famiglie adottive, questi minori non risultano più all’interno del monitoraggio e diventano a tutti gli effetti figli della nuova famiglia. A volte ci sono ragazzi dichiarati adottabili che sono già grandi, preadolescenti e adolescenti, e si può immaginare per loro la difficoltà a trovare famiglie disposte ad adottarli.
Quanti sono invece i minori non accompagnati?
Secondo i dati del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, in Lombardia, a fine 2015, erano quasi 800. Tra le tipologie dei minori accolti in strutture ci sono minori inseriti da soli (italiani e con una famiglia di origine), minori inseriti con la madre (per esempio, comunità mamma-bambino), minori inseriti in strutture terapeutiche (comunità dove si interviene per difficoltà di carattere psichico o psichiatrico dei ragazzi) e poi minori stranieri non accompagnati. Il fenomeno dei non accompagnati è in costante crescita: per questo si stanno attivando sperimentazioni di accoglienza ad hoc per le esigenze educative. Tra i ragazzi con percorsi migratori, alcuni hanno fragilità o traumi legati al viaggio e necessitano di un supporto psicologico; altri invece hanno un progetto orientato al lavoro, quindi hanno bisogno di apprendere la lingua italiana, inserirsi nel territorio, formarsi ed entrare nel mondo del lavoro. A Milano, ma non solo, è in corso il progetto “Emergenze sostenibili”, che coinvolge anche alcune nostre cooperative, per offrire accoglienza nel rispetto della tutela dei diritti dell’infanzia, riconoscendo che anche un 17enne è minore, quanto un bambino di un anno di origine italiana. È chiaro che l’emergenza ha messo molto in difficoltà anche i servizi, a livello sia di capacità delle strutture (posti), sia dei costi. Molti Comuni, Milano in primis, hanno cercato negli ultimi anni di rispondere, seppure tra grandi difficoltà.