In un trend anno dopo anno produce sempre più pensionati e sempre meno nati, siamo giunti all’estremo opposto del boom registrato negli Sessanta, segno di precarietà del presente e di mancanza di fiducia nel futuro. Necessarie politiche che invertano la tendenza

di Alessandro ROSINA
Demografo dell’Università Cattolica

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Nel 2013 abbiamo toccato il record negativo, scendendo sotto il punto più basso delle nascite in Italia dall’Unità a oggi. Nel 2014 però siamo riusciti a far peggio. Nel 2015 siamo scesi poi ancora più in basso, scivolando sotto la soglia del mezzo milione di nati in Italia, che corrisponde a meno della metà di quanti nascevano negli anni Sessanta. Se quel periodo è passato alla storia come baby boom, oggi siamo all’estremo opposto: dall’effervescenza demografica di un Paese che ritrovava la voglia di scommettere sul proprio futuro siamo passati a una fase di arroccamento su un presente indefinito.

Se i dati di allora risultavano più positivi rispetto a quanto si poteva prevedere, oggi accade il contrario. Secondo lo “scenario centrale” delle proiezioni prodotte dall’Istat con base 2011, nel 2015 il numero medio di figli per donna avrebbe dovuto essere in salita e pari a 1,44: invece è in discesa e pari a 1,35. Un valore addirittura sotto quanto previsto dallo “scenario basso”, quello che prefigurava il percorso peggiore dal 2011 in poi. Una differenza eclatante tra dato reale e valore atteso per un orizzonte di proiezione così corto. In termini di nascite il valore previsto nel 2015 doveva essere pari a 536 mila e invece ci siamo trovati bloccati a 488 mila. Sono diminuite anche le nascite da madre straniera (scese a 93 mila, 5 mila in meno rispetto al 2014). Quindi il divario tra nati e decessi da quasi dieci anni non solo è sistematicamente negativo in Italia, ma in continuo allargamento. Nel 2015 il deficit è stato di 165 mila unità, mentre secondo le previsioni il saldo negativo doveva essere pari a 77 mila.

La conseguenza è che la generazione dei nati nel 2015 è la più ristretta di sempre in termini assoluti, ma ancor più in termini relativi. Lo squilibrio è tale che non solo i 65enni, ma anche i 75enni hanno un peso demografico maggiore rispetto ai nuovi nati. Produciamo ogni anno più pensionati che nuovi nati.

La popolazione italiana è come un edificio sul vertice del quale aggiungiamo continuamente nuovi piani, per il fatto che si vive sempre più a lungo, ma con parte inferiore e fondamenta sempre più fragili, per l’erosione prodotta dalle nascite. Questo edificio, all’interno del quale abitiamo tutti, dobbiamo renderlo più solido alla base con politiche che considerino una priorità migliorare la presenza e la condizione dei bambini in Italia.

 

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