Il nuovo presidente provinciale: «C’è bisogno di organizzazioni sociali che si prendano cura delle relazioni. Ambiente e digitale solo le sfide di una transizione che non deve lasciare indietro nessuno. Vorrei proporre ai nostri circoli percorsi di ascolto e condivisione della Parola»
di Giovanni
CONTE
Le Acli Milanesi hanno oggi un nuovo presidente: Andrea Villa. Dopo il congresso di ottobre il Consiglio provinciale lo ha eletto all’unanimità. Villa prende il posto di Paolo Petracca, che ha guidato l’Associazione per otto anni.
Nato nel 1973 a Luino (Varese), è cresciuto a Roma prima di trasferirsi nel 1987 a Buccinasco (Milano), è sposato con Simona e padre di Marta. Iscritto alle Acli dal 1989, è stato membro della segreteria milanese e dell’assemblea nazionale dei Giovani delle Acli. Negli anni Novanta è stato tra i fondatori del circolo Acli “Il sogno”, della bottega equa Justo Mondo e del Bem Viver Cafè Acli nel Corsichese, oltre che tra i fondatori e coordinatore del progetto di volontariato internazionale “Un sorriso per la Bosnia – Ipsia”. Professionalmente si è occupato di housing sociale all’interno del Ccl (Consorzio di abitanti Acli-Cisl) e poi di cooperazione sociale: è stato presidente del Ccsl (Consorzio cooperative sociali e di lavoro Acli-Cisl) e della coop sociale Ripari. Negli ultimi anni ha assunto anche la guida del Caf Acli Milano e delle società per il turismo sociale delle Acli milanesi.
Un passaggio di testimone importante e in un momento molto difficile. L’emergenza sanitaria Covid-19 è diventata anche un’emergenza sociale…
Ho accettato la candidatura perché sono innamorato di questa organizzazione e penso che abbiamo tutti la responsabilità di provare a consegnare alle prossime generazioni “luoghi”, come sono le Acli, di impegno sociale, servizio alla comunità, formazione, passione per il bene comune, lotta ed emancipazione, luoghi aperti all’incontro e alla condivisione con l’altro. Sono convinto che, sia pure in una società oggi più complessa, dove i tempi di lavoro si sono dilatati, dove i progetti di vita sono più difficili e sempre più individuali, ci sia ancora spazio per aggregare persone che decidono di dedicare parte del loro tempo, delle loro competenze e passioni a favore delle proprie comunità, per la costruzione di qualcosa di utile e di bello. Oggi più di ieri c’è bisogno di organizzazioni sociali, tra cui le Acli, che costruiscano e si prendano cura delle relazioni all’interno delle nostre comunità, sia nella dimensione istituzionale, sia in quella interpersonale.
Quali sono le sfide immediate per un movimento come le Acli Milanesi, radicato sul territorio e forte di una tradizione di pedagogia popolare?
Credo che oggi siano due le grandi trasformazioni a cui siamo chiamati come associazione: da una parte la transizione ecologica, che deve coinvolgere tutti gli ambiti della vita delle persone, da quello economico-produttivo alla mobilità, all’abitazione, ai consumi. Dall’altra quella, forse ancora più rischiosa nelle sue possibili conseguenze sociali, della digitalizzazione. Dovremo studiare per comprendere i cambiamenti in atto, e dovremo aiutare giovani e adulti delle nostre comunità a prepararsi al meglio. Anche riconnettendoci alla nostra grande esperienza di formazione professionale. Dovremo essere abili nel riconoscere e indicare le opportunità che la transizione offre, ma anche essere vigili, affinché in questo passaggio non si lasci indietro nessuno e perché la trasformazione non produca nuovi esclusi, in particolare tra le fasce più fragili dei nuovi e dei vecchi lavoratori. In una società che si trasforma, dove l’incertezza per il futuro cresce, e dove è più difficile costruire progetti di vita, è ancora più necessario non sentirsi soli e riuscire a capire cosa sta accadendo. Abbiamo bisogno di costruire legami veri tra le persone, aumentare la coesione sociale, la resilienza delle nostre comunità.
Cosa possono offrire le Acli in futuro alla Chiesa e alla città?
Sogno per i prossimi anni delle Acli sempre più partecipi della vita della Chiesa ambrosiana e protagoniste di una ripresa di un contatto con la Parola. Vorrei proporre ai nostri circoli percorsi di ascolto e condivisione della Parola, insieme alle nostre comunità cristiane. L’approccio è quello che ci ha insegnato il cardinale Martini: attraverso l’ascolto imparare a leggere i segni del tempo. Solo pochi anni fa padre Pio Parisi sj ci suggeriva che «solo il Vangelo fa nuove le Acli». Credo che rimetterci in ascolto possa essere fecondo per l’Associazione e insieme per le nostre comunità cristiane. L’ipotesi potrebbe essere quella di gruppi dove trovarsi tra amici con modalità attente ai tempi delle famiglie e che favoriscano la convivialità, con uno sguardo attento a chi vive attorno a noi, sul territorio, con una sensibilità sociale. Milano oggi è in una fase molto particolare, ci siamo risvegliati improvvisamente dall’ubriacatura del dopo-Expo. Eravamo una città che andava forte, che sapeva essere speranza ed esempio per il rilancio del Paese. Ci siamo svegliati dentro alla pandemia con l’incertezza su quale futuro costruire. Sono convinto che sia necessario ripensare un modello di sviluppo più sostenibile, attento all’utilizzo delle risorse, ma soprattutto alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Sarà una trasformazione enorme e le Acli vogliono esserne parte, insieme con gli altri soggetti del terzo settore, perché questa trasformazione, che ci coinvolgerà tutti, come ci ricorda sempre papa Francesco, non lasci indietro nessuno.