Il campo verrà chiuso perché si trova nell'area destinata all'Expo 2015. Con una lettera aperta a Comune, Provincia, Regione e Camera di commercio don Colmegna chiede di creare una rete di sostegno per le oltre 100 famiglie e di aiutare quanti desiderano lavorare e integrarsi
di Silvio MENGOTTO
Redazione
Il campo rom regolare di via Triboniano è tornato in fibrillazione. «Deve essere chiuso perché quella è un’area Expo. Ora ci vivono quasi 600 persone, un centinaio di famiglie composte da uomini, donne e bambini. Dove andranno?»: così inizia la lettera aperta alla città della Casa della Carità di don Virginio Colmegna, presentata ieri presso l’auditorium di via Brambilla.
I tempi sono strettissimi: entro fine giugno possono iniziare i lavori di sgombero del campo. Per don Colmegna questa è un’urgenza che «può trasformarsi in opportunità e proposta» per progettare percorsi positivi di uscita dal campo rom più grande di Milano. La preoccupazione sottolineata nella lettera è quella di non volere «l’affermazione di una visione che porti a far diventare l’emergenza una questione solo di ordine pubblico, da affidare allo scontro di piazza». Questo è il motivo di fondo per cui si chiede «che risorse e scelte siano messe a disposizione da tutti quanti abbiano a cuore lo sviluppo armonico e coeso della città. Ecco allora il perché di “Exponiamoci – La carovana del possibile”».
La lettera aperta chiede un appuntamento con tutti gli “attori” dell’Expo: Comune, Provincia, Regione, Camera di Commercio, Assolombarda e sindacati, per discutere e individuare proposte concrete da mettere a disposizione delle oltre 100 famiglie del Triboniano. Dopo le tensioni delle ultime settimane, la Casa della Carità ha già effettuato oltre 40 colloqui con altrettante famiglie. Altri ne seguiranno perché, dice don Virginio, «si stanno delineando, per ciascuna situazione, delle possibilità e delle prospettive».
Ma per poterle realizzare è necessario che tutta la città se ne faccia carico. Per questo, continua la lettera, «vogliamo incontrare tutti, raccogliere proposte. Se al termine dei dieci giorni scaturiranno solo parole e promesse lasceremo l’impresa». Alternative credibili e possibili possono essere messe in campo grazie all’esperienza messa a frutto in cinque anni di lavoro con i rom, che dagli sgomberi hanno portato alla costruzione di un percorso autonomo di molti persone (progetto In-stradiamoci, l’accoglienza dopo gli sgomberi di via Capo Rizzuto e via Ripamonti, vicenda di Opera, via San Dionigi, Villaggio solidale, Patto di socialità e di legalità, progetti culturali, l’inserimento scolastico dei minori, la promozione del ruolo della donna, la Banda del villaggio…).
Casa della Carità, forte di questa esperienza, porterà al tavolo due idee e proposte ben precise: l’assegnazione di commesse di lavoro a cooperative e imprese che si impegnano ad assumere i rom; la costituzione di un fondo di garanzia per la casa, rivolto alle famiglie, per sostenerle a trovare abitazioni in affitto o nell’accensione di mutui. Due proposte che non sono elemosina a fondo perduto, perché costituiscono il perno per concretizzare reali percorsi di superamento positivo dal campo.
«A Opera – continua don Virginio – i rom che vivevano nelle tende, dopo tutto il macello che c’è stato, ora vivono nelle case. Ho visto persone che hanno fatto prima i muratori, poi i carpentieri. Provate, date opportunità di lavoro. Sarebbe un regalo di coesione sociale a questa città. Sarebbe un buon inizio anche per l’Expo».
Sabato 19 giugno (dalle 12.30 alle 15), al Piccolo Teatro Grassi (via Rovello 2, la Casa della Carità comunicherà gli appuntamenti che “Exponiamoci – La carovana del possibile” spera di essere riuscita a fissare con gli enti promotori dell’Expo e tutte le forze sociali, economiche e imprenditoriali che avranno aderito all’invito. Il campo rom regolare di via Triboniano è tornato in fibrillazione. «Deve essere chiuso perché quella è un’area Expo. Ora ci vivono quasi 600 persone, un centinaio di famiglie composte da uomini, donne e bambini. Dove andranno?»: così inizia la lettera aperta alla città della Casa della Carità di don Virginio Colmegna, presentata ieri presso l’auditorium di via Brambilla.I tempi sono strettissimi: entro fine giugno possono iniziare i lavori di sgombero del campo. Per don Colmegna questa è un’urgenza che «può trasformarsi in opportunità e proposta» per progettare percorsi positivi di uscita dal campo rom più grande di Milano. La preoccupazione sottolineata nella lettera è quella di non volere «l’affermazione di una visione che porti a far diventare l’emergenza una questione solo di ordine pubblico, da affidare allo scontro di piazza». Questo è il motivo di fondo per cui si chiede «che risorse e scelte siano messe a disposizione da tutti quanti abbiano a cuore lo sviluppo armonico e coeso della città. Ecco allora il perché di “Exponiamoci – La carovana del possibile”».La lettera aperta chiede un appuntamento con tutti gli “attori” dell’Expo: Comune, Provincia, Regione, Camera di Commercio, Assolombarda e sindacati, per discutere e individuare proposte concrete da mettere a disposizione delle oltre 100 famiglie del Triboniano. Dopo le tensioni delle ultime settimane, la Casa della Carità ha già effettuato oltre 40 colloqui con altrettante famiglie. Altri ne seguiranno perché, dice don Virginio, «si stanno delineando, per ciascuna situazione, delle possibilità e delle prospettive».Ma per poterle realizzare è necessario che tutta la città se ne faccia carico. Per questo, continua la lettera, «vogliamo incontrare tutti, raccogliere proposte. Se al termine dei dieci giorni scaturiranno solo parole e promesse lasceremo l’impresa». Alternative credibili e possibili possono essere messe in campo grazie all’esperienza messa a frutto in cinque anni di lavoro con i rom, che dagli sgomberi hanno portato alla costruzione di un percorso autonomo di molti persone (progetto In-stradiamoci, l’accoglienza dopo gli sgomberi di via Capo Rizzuto e via Ripamonti, vicenda di Opera, via San Dionigi, Villaggio solidale, Patto di socialità e di legalità, progetti culturali, l’inserimento scolastico dei minori, la promozione del ruolo della donna, la Banda del villaggio…).Casa della Carità, forte di questa esperienza, porterà al tavolo due idee e proposte ben precise: l’assegnazione di commesse di lavoro a cooperative e imprese che si impegnano ad assumere i rom; la costituzione di un fondo di garanzia per la casa, rivolto alle famiglie, per sostenerle a trovare abitazioni in affitto o nell’accensione di mutui. Due proposte che non sono elemosina a fondo perduto, perché costituiscono il perno per concretizzare reali percorsi di superamento positivo dal campo.«A Opera – continua don Virginio – i rom che vivevano nelle tende, dopo tutto il macello che c’è stato, ora vivono nelle case. Ho visto persone che hanno fatto prima i muratori, poi i carpentieri. Provate, date opportunità di lavoro. Sarebbe un regalo di coesione sociale a questa città. Sarebbe un buon inizio anche per l’Expo».Sabato 19 giugno (dalle 12.30 alle 15), al Piccolo Teatro Grassi (via Rovello 2, la Casa della Carità comunicherà gli appuntamenti che “Exponiamoci – La carovana del possibile” spera di essere riuscita a fissare con gli enti promotori dell’Expo e tutte le forze sociali, economiche e imprenditoriali che avranno aderito all’invito. – – Lettera aperta alla città (https://www.chiesadimilano.it/or/ADMI/pagine/00_PORTALE/2010/Lettera_aperta_Exponiamoci.pdf)