Iniziativa della San Vincenzo
di Marcello VILLANI
Redazione
“Ti dono il mio dono” è l’iniziativa intelligente e illuminata che la Conferenza Famiglie Santa Chiara, attiva presso la parrocchia di San Francesco e facente parte del Consiglio centrale di Lecco della San Vincenzo de’ Paoli, ha messo in campo per questo Avvento. Il suo responsabile Massimo Scotto, su idea di Beppe Butta, l’aveva sperimentata nel 2009 con successo e ora la ripropone. Nella chiesa dei Cappuccini, i responsabili della San Vincenzo hanno spiegato: «Con i fondi raccolti nel 2009 (circa 4000 euro, ndr) sono state aiutate durante il 2010 quaranta famiglie nei bisogni più immediati. Questo è stato un risultato concreto di tutta la comunità della parrocchia di San Francesco, di cui noi, appartenenti alle conferenze di San Vincenzo, siamo dei semplici strumenti, espressione di una carità più ampia che c’è nel cuore di ognuno».
Ma cosa significa “Ti dono il mio dono”? «Significa che io, in prima persona, chiedo alla persona a me più cara di non scambiarci alcun regalo vicendevole per Natale, ma di destinare il denaro che avremmo speso ad una raccolta a favore dei poveri e dei bisognosi della parrocchia». Qualcuno potrebbe chiedersi :«Ma come, non fare un regalo a mia moglie, a mio marito, al mio fidanzato, al mio amico del cuore non potrebbe significare una mancanza di attenzione?». «E invece è proprio il contrario – fa riflettere la San Vincenzo -. È proprio perché io ti voglio così bene, è proprio perché tu mi vuoi così bene che non vogliamo che il nostro amore resti intrappolato tra noi due, tra i muri della nostra casa o della nostra piccola comunità o gruppo di amici. L’amore che ci unisce deve uscire da noi, deve essere uno strumento di aiuto per chi ne abbia bisogno. Questo amore è il talento che il Signore ci ha affidato, non nascondiamolo sotto terra per paura di perderlo. Tutto quello che perderemo nel Suo nome ci verrà restituito cento volte tanto; ce lo ha promesso Gesù, apriamo il nostro cuore alla speranza».
Un gesto di vera carità cristiana, insomma, in vista del Natale. Un gesto ancora più importante perché va contro parole comuni nella nostra società come consumismo, individualismo, egoismo… Le famiglie aiutate dalla San Vincenzo a San Francesco sono una quarantina e, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non sono tutte di extracomunitari. Sono famiglie più vicine a noi di quanto non si possa credere. Gente che ha perso il posto di lavoro, che fa fatica a pagare affitto e bollette, che non ha i soldi per dare da mangiare ai figli. Un mare di bisogno al quale possiamo togliere un po’ d’acqua, con il nostro aiuto.
Un’iniziativa che, tra l’altro, si sposa con il progetto “Vivanda”, ovvero dare da mangiare a chi non ha mezzi di sostentamento. Un progetto di raccolta di riso, pasta, tonno, caffè, formaggini, pelati, latte a lunga conservazione, scatolame, zucchero, olio, biscotti, farina e altri generi alimentari (non freschi). Raccolta promossa dalla onlus San Vincenzo de’ Paoli e realizzata in collaborazione con Confcommercio e Gruppo Giovani Imprenditori di Confcommercio Lecco, oltre che con il Solevol (centro di servizio per il volontariato di Lecco e provincia). Panificatori e alimentaristi della Confcommercio hanno messo a disposizione i propri negozi per la raccolta dei beni alimentari donati dalla gente, mentre la San Vincenzo si occuperà del confezionamento e della distribuzione dei pacchi alimentari alle famiglie indigenti (un centinaio in città quelle da seguire).
Con queste distribuzioni di pacchi, però, si va al di là della semplice carità cristiana materiale. Lisa Cima Dubini, responsabile del consiglio centrale di San Vincenza Lecco onlus e Rosella Trillo del consiglio centrale, hanno spiegato: «Non vogliamo solo consegnare pacchi alimentari, ma realizzare delle relazioni di vicinanza nei riguardi delle persone fragili e creare reti collaborando con altre realtà di volontariato, strutture pubbliche, gruppi, o singole persone con una professionalità specifica. Ricostruire, per chi non ne ha, forme di appartenenza, legami sociali, attraverso un’azione di affiancamento, scendendo sul territorio, investendo gli uni sugli altri. Altrimenti si rischia di produrre soltanto prestazioni e non capitale sociale». “Ti dono il mio dono” è l’iniziativa intelligente e illuminata che la Conferenza Famiglie Santa Chiara, attiva presso la parrocchia di San Francesco e facente parte del Consiglio centrale di Lecco della San Vincenzo de’ Paoli, ha messo in campo per questo Avvento. Il suo responsabile Massimo Scotto, su idea di Beppe Butta, l’aveva sperimentata nel 2009 con successo e ora la ripropone. Nella chiesa dei Cappuccini, i responsabili della San Vincenzo hanno spiegato: «Con i fondi raccolti nel 2009 (circa 4000 euro, ndr) sono state aiutate durante il 2010 quaranta famiglie nei bisogni più immediati. Questo è stato un risultato concreto di tutta la comunità della parrocchia di San Francesco, di cui noi, appartenenti alle conferenze di San Vincenzo, siamo dei semplici strumenti, espressione di una carità più ampia che c’è nel cuore di ognuno».Ma cosa significa “Ti dono il mio dono”? «Significa che io, in prima persona, chiedo alla persona a me più cara di non scambiarci alcun regalo vicendevole per Natale, ma di destinare il denaro che avremmo speso ad una raccolta a favore dei poveri e dei bisognosi della parrocchia». Qualcuno potrebbe chiedersi :«Ma come, non fare un regalo a mia moglie, a mio marito, al mio fidanzato, al mio amico del cuore non potrebbe significare una mancanza di attenzione?». «E invece è proprio il contrario – fa riflettere la San Vincenzo -. È proprio perché io ti voglio così bene, è proprio perché tu mi vuoi così bene che non vogliamo che il nostro amore resti intrappolato tra noi due, tra i muri della nostra casa o della nostra piccola comunità o gruppo di amici. L’amore che ci unisce deve uscire da noi, deve essere uno strumento di aiuto per chi ne abbia bisogno. Questo amore è il talento che il Signore ci ha affidato, non nascondiamolo sotto terra per paura di perderlo. Tutto quello che perderemo nel Suo nome ci verrà restituito cento volte tanto; ce lo ha promesso Gesù, apriamo il nostro cuore alla speranza».Un gesto di vera carità cristiana, insomma, in vista del Natale. Un gesto ancora più importante perché va contro parole comuni nella nostra società come consumismo, individualismo, egoismo… Le famiglie aiutate dalla San Vincenzo a San Francesco sono una quarantina e, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non sono tutte di extracomunitari. Sono famiglie più vicine a noi di quanto non si possa credere. Gente che ha perso il posto di lavoro, che fa fatica a pagare affitto e bollette, che non ha i soldi per dare da mangiare ai figli. Un mare di bisogno al quale possiamo togliere un po’ d’acqua, con il nostro aiuto.Un’iniziativa che, tra l’altro, si sposa con il progetto “Vivanda”, ovvero dare da mangiare a chi non ha mezzi di sostentamento. Un progetto di raccolta di riso, pasta, tonno, caffè, formaggini, pelati, latte a lunga conservazione, scatolame, zucchero, olio, biscotti, farina e altri generi alimentari (non freschi). Raccolta promossa dalla onlus San Vincenzo de’ Paoli e realizzata in collaborazione con Confcommercio e Gruppo Giovani Imprenditori di Confcommercio Lecco, oltre che con il Solevol (centro di servizio per il volontariato di Lecco e provincia). Panificatori e alimentaristi della Confcommercio hanno messo a disposizione i propri negozi per la raccolta dei beni alimentari donati dalla gente, mentre la San Vincenzo si occuperà del confezionamento e della distribuzione dei pacchi alimentari alle famiglie indigenti (un centinaio in città quelle da seguire).Con queste distribuzioni di pacchi, però, si va al di là della semplice carità cristiana materiale. Lisa Cima Dubini, responsabile del consiglio centrale di San Vincenza Lecco onlus e Rosella Trillo del consiglio centrale, hanno spiegato: «Non vogliamo solo consegnare pacchi alimentari, ma realizzare delle relazioni di vicinanza nei riguardi delle persone fragili e creare reti collaborando con altre realtà di volontariato, strutture pubbliche, gruppi, o singole persone con una professionalità specifica. Ricostruire, per chi non ne ha, forme di appartenenza, legami sociali, attraverso un’azione di affiancamento, scendendo sul territorio, investendo gli uni sugli altri. Altrimenti si rischia di produrre soltanto prestazioni e non capitale sociale».