Otto educatori d'oratorio progettano insieme le unità di Pastorale giovanile. Risiedono in una casa del Vicario. Lavorano o studiano, condividendo formazione, preghiera e tempo libero
di Marcello VILLANI
Redazione
È un’esperienza nuova e per certi versi eccezionale quella messa in campo da don Carlo Luoni, 45 anni, cappellano della Pastorale universitaria e della Pastorale giovanile della Zona Pastorale III, insegnante di religione all’Istituto magistrale Bertacchi nonché all’Espe. Da otto anni, ovvero da quando è a Lecco, don Carlo ha sempre vissuto con i giovani e per i giovani. Vien da sé che è stato per lui quasi naturale proporre un’esperienza di convivenza dove lavoro, fede e tempo libero potessero trovare una dimensione nuova. Così, trovata una residenza per otto giovani educatori dai venti ai trent’anni, cinque ragazze e tre ragazzi, don Carlo ha chiesto loro di convivere e condividere per un anno la “missione” di giovani impegnati in parrocchia, nella vita di tutti i giorni, nello studio.
Ma com’è nato questo progetto, subito condiviso dal vicario episcopale della Zona III, monsignor Bruno Molinari (la casa dove i ragazzi convivono è nello stabile del Vicario in via alla Fonte a Maggianico di Lecco)? «Prendendo sul serio il compito della Diocesi di preparare persone che possano lavorare insieme in ordine alle unità di pastorale giovanile – spiega don Carlo -. Abbiamo pensato che potesse avviarsi un’esperienza di vita comune, di autoformazione, della durata di un anno con un gruppo di educatori concretamente impegnati nell’ambito di oratori differenti dell’area di Garlate, Valgreghentino e Villa San Carlo (a pochi chilometri dal capoluogo manzoniano, ndr)».
Galeotto fu il lavoro in comune: «Un gruppo di giovani – racconta il responsabile della Pastorale universitaria – già lavorava insieme su alcune iniziative e l’anno scorso avevo collaborato con loro e con i loro parroci su mandato del Vicario episcopale; l’esigenza di costituire questo gruppo di giovani che potessero convivere è nata con tre obiettivi principali: sperimentare la vita comune; continuare la formazione cristiana; condividere qualche idea e competenza educativa». L’esperienza è partita a settembre e sta procedendo bene. Ma non sono tutte rose: «Un vecchio detto dice che ci vuole tempo per riuscire a “mangiare la minestra tutti insieme”. Posso solo dire che questi mesi non sono passati inutilmente, soprattutto per quanto riguarda le dinamiche di approfondimento. Il problema più grosso per ora è rappresentato dal fatto che i ragazzi continuano a lavorare, a frequentare l’università, ad avere impegni nella parrocchia. Di fatto, dunque, una delle difficoltà è stata quella di mantenere i tempi e gli spazi per la formazione, per la preghiera della comunità, pur stando dietro a tutte le altre cose della vita che vanno avanti. La condivisione di spazi e tempi, poi, in un cammino non certo vacanziero, mette in gioco una conoscenza approfondita di sé e degli altri, non sempre facile».
Ma la cosa più bella è che nei ragazzi, fin da subito, c’è stata, forte, la voglia di essere comunità: «In effetti – aggiunge don Carlo – in positivo c’è una grande voglia di confronto, di stare insieme. Questa cosa la sento molto e sono fiducioso sugli sviluppi futuri. Potrei dire tante cose in positivo ma preferisco essere riservato per vedere come va a finire». Anche perché, a taccuino chiuso, don Carlo ammette che il progetto potrebbe avere un seguito, magari con un altro gruppo di giovani. Un seguito che farebbe di quest’esperienza un’apripista importante. Nella società del non impegno, della superficialità, dell’individualismo, c’è chi sceglie di vivere con altre persone non per sé stessi ma per creare una coscienza comune educativa, formativa e fortemente cristiana. Un Natale che non sarà speso invano nel rione lecchese del Beato Serafino… È un’esperienza nuova e per certi versi eccezionale quella messa in campo da don Carlo Luoni, 45 anni, cappellano della Pastorale universitaria e della Pastorale giovanile della Zona Pastorale III, insegnante di religione all’Istituto magistrale Bertacchi nonché all’Espe. Da otto anni, ovvero da quando è a Lecco, don Carlo ha sempre vissuto con i giovani e per i giovani. Vien da sé che è stato per lui quasi naturale proporre un’esperienza di convivenza dove lavoro, fede e tempo libero potessero trovare una dimensione nuova. Così, trovata una residenza per otto giovani educatori dai venti ai trent’anni, cinque ragazze e tre ragazzi, don Carlo ha chiesto loro di convivere e condividere per un anno la “missione” di giovani impegnati in parrocchia, nella vita di tutti i giorni, nello studio.Ma com’è nato questo progetto, subito condiviso dal vicario episcopale della Zona III, monsignor Bruno Molinari (la casa dove i ragazzi convivono è nello stabile del Vicario in via alla Fonte a Maggianico di Lecco)? «Prendendo sul serio il compito della Diocesi di preparare persone che possano lavorare insieme in ordine alle unità di pastorale giovanile – spiega don Carlo -. Abbiamo pensato che potesse avviarsi un’esperienza di vita comune, di autoformazione, della durata di un anno con un gruppo di educatori concretamente impegnati nell’ambito di oratori differenti dell’area di Garlate, Valgreghentino e Villa San Carlo (a pochi chilometri dal capoluogo manzoniano, ndr)».Galeotto fu il lavoro in comune: «Un gruppo di giovani – racconta il responsabile della Pastorale universitaria – già lavorava insieme su alcune iniziative e l’anno scorso avevo collaborato con loro e con i loro parroci su mandato del Vicario episcopale; l’esigenza di costituire questo gruppo di giovani che potessero convivere è nata con tre obiettivi principali: sperimentare la vita comune; continuare la formazione cristiana; condividere qualche idea e competenza educativa». L’esperienza è partita a settembre e sta procedendo bene. Ma non sono tutte rose: «Un vecchio detto dice che ci vuole tempo per riuscire a “mangiare la minestra tutti insieme”. Posso solo dire che questi mesi non sono passati inutilmente, soprattutto per quanto riguarda le dinamiche di approfondimento. Il problema più grosso per ora è rappresentato dal fatto che i ragazzi continuano a lavorare, a frequentare l’università, ad avere impegni nella parrocchia. Di fatto, dunque, una delle difficoltà è stata quella di mantenere i tempi e gli spazi per la formazione, per la preghiera della comunità, pur stando dietro a tutte le altre cose della vita che vanno avanti. La condivisione di spazi e tempi, poi, in un cammino non certo vacanziero, mette in gioco una conoscenza approfondita di sé e degli altri, non sempre facile».Ma la cosa più bella è che nei ragazzi, fin da subito, c’è stata, forte, la voglia di essere comunità: «In effetti – aggiunge don Carlo – in positivo c’è una grande voglia di confronto, di stare insieme. Questa cosa la sento molto e sono fiducioso sugli sviluppi futuri. Potrei dire tante cose in positivo ma preferisco essere riservato per vedere come va a finire». Anche perché, a taccuino chiuso, don Carlo ammette che il progetto potrebbe avere un seguito, magari con un altro gruppo di giovani. Un seguito che farebbe di quest’esperienza un’apripista importante. Nella società del non impegno, della superficialità, dell’individualismo, c’è chi sceglie di vivere con altre persone non per sé stessi ma per creare una coscienza comune educativa, formativa e fortemente cristiana. Un Natale che non sarà speso invano nel rione lecchese del Beato Serafino…