Alberto Guariso, presidente dell'"Associazione Avvocati per Niente", risponde al sindaco Stefano Candiani all'indomani della sentenza che dichiara discriminatorio il bonus bebé solo agli italiani
Redazione
«Non è affatto vero che in questo modo il Comune di Tradate dovrà pagare anche per chi non abita nel suo territorio. Semplicemente non potrà discriminare un bambino da un altro sulla base dell’origine etnica o della cittadinanza dei genitori. Un principio sacrosanto che è affermato già nella Convenzione Onu su diritti del fanciullo dell’89 e che fa parte del patrimonio giuridico di ogni Paese civile. Il nostro non è stato un “attacco predatorio da corsari della residenza”, come l’ha definita il primo cittadino, ma un’azione di cittadini liberi da pregiudiziali ideologiche che hanno semplicemente voluto far valere un diritto riconosciuto dall’ordinamento: per le prestazioni di assistenza le uniche limitazioni sono quelle previste dalla legge e non possono essere inventate dai Comuni a seconda del loro orientamento politico».
Così Alberto Guariso, difensore delle associazioni che hanno promosso il ricorso e presidente dell’associazione Avvocati per Niente risponde al sindaco di Tradate (Lega Nord), Stefano Candiani, all’indomani della sentenza sul bonus bebé, che ha costretto il Comune a estendere il contributo a tutti i cittadini, stranieri compresi.
Il giudice del Tribunale di Milano Chiarina Sala ha infatti accolto il ricorso presentato dall’Associazione Avvocati per Niente, dall’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, dalla Cooperativa Farsi Prossimo, contro l’ordinanza con la quale il Comune di Tradate nel 2007 istituiva un contributo alla natalità, il cosiddetto bonus bebé, di 500 euro per i nuovi nati, ponendo come requisititi che entrambi i genitori fossero italiani e che almeno uno dei due fosse residente da almeno cinque anni nel Comune di Tradate.
L’ordinanza del giudice, depositata il 26 luglio alla cancelleria della Sezione Lavoro Previdenza e Assistenza, ha invece dato ragione ai ricorrenti, stabilendo che è «discriminatoria» e che, dunque come tale, «debba essere rimossa», l’erogazione del bonus bebé ai soli genitori italiani. «Il giudice ha stabilito che quel contributo deve essere concesso ai tutti i residenti, ma indipendentemente dalla loro origine etnica e nazionale. Identiche Pronunce hanno emesso in passato già i Tribunali di Bergamo, Brescia. È grave che le amministrazioni locali non vogliano tener conto di queste decisioni evitando di moltiplicare le situazioni di conflitto», chiarisce Guariso.
«Ammesso, infatti, che 500 euro rappresentino un incentivo reale a procreare per una coppia di italiani, la legge è molto chiara nello stabilire il principio che non si possa favorire la natalità su base etnica o nazionale. Tra l’altro, questa ordinanza, richiedendo la nazionalità italiana per entrambi i genitori, finiva con l’escludere anche un bambino italiano nato però da una coppia mista ed era in definitiva discriminatoria anche nei confronti del cittadino di Tradate italiano sposato con uno straniero. Insomma, un pasticcio su cui è stata fatta chiarezza».
Dopo questo provvedimento del giudice, il Comune di Tradate dovrà estendere il contributo anche a favore dei nuovi nati figli di cittadini non italiani e ne dovrà dare pubblicità, esponendo l’ordinanza nei locali comunali e pubblicandola sul proprio sito istituzionale. Infine sarà tenuto al pagamento delle spese processuali (2 mila euro) a favore della cooperativa Farsi Prossimo. «Non è affatto vero che in questo modo il Comune di Tradate dovrà pagare anche per chi non abita nel suo territorio. Semplicemente non potrà discriminare un bambino da un altro sulla base dell’origine etnica o della cittadinanza dei genitori. Un principio sacrosanto che è affermato già nella Convenzione Onu su diritti del fanciullo dell’89 e che fa parte del patrimonio giuridico di ogni Paese civile. Il nostro non è stato un “attacco predatorio da corsari della residenza”, come l’ha definita il primo cittadino, ma un’azione di cittadini liberi da pregiudiziali ideologiche che hanno semplicemente voluto far valere un diritto riconosciuto dall’ordinamento: per le prestazioni di assistenza le uniche limitazioni sono quelle previste dalla legge e non possono essere inventate dai Comuni a seconda del loro orientamento politico».Così Alberto Guariso, difensore delle associazioni che hanno promosso il ricorso e presidente dell’associazione Avvocati per Niente risponde al sindaco di Tradate (Lega Nord), Stefano Candiani, all’indomani della sentenza sul bonus bebé, che ha costretto il Comune a estendere il contributo a tutti i cittadini, stranieri compresi.Il giudice del Tribunale di Milano Chiarina Sala ha infatti accolto il ricorso presentato dall’Associazione Avvocati per Niente, dall’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, dalla Cooperativa Farsi Prossimo, contro l’ordinanza con la quale il Comune di Tradate nel 2007 istituiva un contributo alla natalità, il cosiddetto bonus bebé, di 500 euro per i nuovi nati, ponendo come requisititi che entrambi i genitori fossero italiani e che almeno uno dei due fosse residente da almeno cinque anni nel Comune di Tradate.L’ordinanza del giudice, depositata il 26 luglio alla cancelleria della Sezione Lavoro Previdenza e Assistenza, ha invece dato ragione ai ricorrenti, stabilendo che è «discriminatoria» e che, dunque come tale, «debba essere rimossa», l’erogazione del bonus bebé ai soli genitori italiani. «Il giudice ha stabilito che quel contributo deve essere concesso ai tutti i residenti, ma indipendentemente dalla loro origine etnica e nazionale. Identiche Pronunce hanno emesso in passato già i Tribunali di Bergamo, Brescia. È grave che le amministrazioni locali non vogliano tener conto di queste decisioni evitando di moltiplicare le situazioni di conflitto», chiarisce Guariso.«Ammesso, infatti, che 500 euro rappresentino un incentivo reale a procreare per una coppia di italiani, la legge è molto chiara nello stabilire il principio che non si possa favorire la natalità su base etnica o nazionale. Tra l’altro, questa ordinanza, richiedendo la nazionalità italiana per entrambi i genitori, finiva con l’escludere anche un bambino italiano nato però da una coppia mista ed era in definitiva discriminatoria anche nei confronti del cittadino di Tradate italiano sposato con uno straniero. Insomma, un pasticcio su cui è stata fatta chiarezza».Dopo questo provvedimento del giudice, il Comune di Tradate dovrà estendere il contributo anche a favore dei nuovi nati figli di cittadini non italiani e ne dovrà dare pubblicità, esponendo l’ordinanza nei locali comunali e pubblicandola sul proprio sito istituzionale. Infine sarà tenuto al pagamento delle spese processuali (2 mila euro) a favore della cooperativa Farsi Prossimo.