È una delle problematiche emerse in occasione del seminario nel quale è stata presentata la ricerca "Politiche sociali e partecipazione"
di Silvio MENGOTTO
Redazione
Come e in che misura il volontariato è stato coinvolto nella programmazione delle politiche sociali in Lombardia? La sussidiarietà tra terzo settore e istituzioni pubbliche è divenuta una prassi effettiva nella nostra regione? A questi interrogativi una ricerca promossa da Caritas Ambrosiana ha cercato risposte nel seminario organizzato venerdì 12 novembre nella sala convegni della Curia arcivescovile.
L’indagine – “Politiche sociali e partecipazione” – è stata organizzata dall’Osservatorio giuridico legislativo della regione ecclesiastica della Lombardia (organismo pastorale istituito nel 1997 dalla Conferenza episcopale lombarda) e dalla Delegazione lombarda Caritas. Al seminario sono intervenuti don Roberto Davanzo (delegato delle Caritas diocesane lombarde), l’avvocato Raffaele Mozzanica, il professor Tommaso Vitale, monsignor Giuseppe Merisi (vescovo delegato della Conferenza episcopale lombarda per la carità e la sanità) ed Emanuele Polizzi (collaboratore di Caritas Ambrosiana e ricercatore all’Università Bicocca).
Per don Davanzo è fondamentale la «collaborazione tra società civile e istituzioni nella ricerca del bene comune». Nella realtà «la sussidiarietà, in Lombardia, presenta ancora luci e ombre». Tra le ombre, lo strumento del Tavolo regionale del terzo settore dove, in alcuni momenti, la «consultazione – dice don Roberto – è sembrata ridursi a pura comunicazione di decisioni di fatto già prese o scarsamente modificabili». A dieci anni della loro storia gli stessi piani di Zona sembrano «diventati la “Cenerentola” delle politiche sociali». Don Davanzo ha esteso i punti di criticità anche al mondo del volontariato.
L’avvocato Raffaele Mozzanica ha concentrato l’attenzione sul grosso cambiamento in atto nel welfare in tutta l’Europa, definendolo come «obbligazionario», che definisce un nuovo sistema del principio di solidarietà, cittadinanza, partecipazione e responsabilità, e che sollecita «il recupero della fraternità e solidarietà». Per Mozzanica «la sussidiarietà non è autosufficiente, ma integrativa allo sviluppo della persona».
Per Tommaso Vitale gli attuali problemi del welfare sono enormi: il cambiamento demografico in atto e la «de-standarizzazione delle carriere lavorative mettono a dura prova le forme di protezione sociale». La partecipazione del Terzo settore nella Regione Lombardia, per Vitale, è risultata «un fattore di contraddizione, e in quanto tale non può essere facilmente sintetizzata, e va colta dall’interno, in termini dinamici e relazionali». Nelle quattro legislature si sono osservate «richieste ambivalenti da parte della Regione, e tentativi sia di promuovere il coordinamento e la convergenza nel terzo settore, sia la frammentazione e l’azione individuale di ciascuna singola organizzazione separatamente». L’azione di tali pressioni nel Terzo settore, ha continuato Vitale, «è stata in grado di coordinarsi, di promuovere azioni congiunte, di darsi un’area di confronto di tipo deliberativo».
Emanuele Polizzi ha illustrato i risultati della partecipazione della Caritas ai piani di Zona. La ricerca ha evidenziato la presenza di quattro tipologie partecipative: settoriale, svolta solo su tavoli tematici; soffocata, dove la capacità di costruire coordinamenti forti è stata contrastata; facilitata, dove la pubblica amministrazione ha investito in azioni promozionali; e minimale. Il ricercatore conclude esprimendo alcuni elementi di preoccupazione quali «un affaticamento di fondo» che rischia di screditare gli stessi piani di Zona e facilitare il ritorno al privatistico. Per questo è indispensabile valorizzare ciò che si è creato. Come e in che misura il volontariato è stato coinvolto nella programmazione delle politiche sociali in Lombardia? La sussidiarietà tra terzo settore e istituzioni pubbliche è divenuta una prassi effettiva nella nostra regione? A questi interrogativi una ricerca promossa da Caritas Ambrosiana ha cercato risposte nel seminario organizzato venerdì 12 novembre nella sala convegni della Curia arcivescovile.L’indagine – “Politiche sociali e partecipazione” – è stata organizzata dall’Osservatorio giuridico legislativo della regione ecclesiastica della Lombardia (organismo pastorale istituito nel 1997 dalla Conferenza episcopale lombarda) e dalla Delegazione lombarda Caritas. Al seminario sono intervenuti don Roberto Davanzo (delegato delle Caritas diocesane lombarde), l’avvocato Raffaele Mozzanica, il professor Tommaso Vitale, monsignor Giuseppe Merisi (vescovo delegato della Conferenza episcopale lombarda per la carità e la sanità) ed Emanuele Polizzi (collaboratore di Caritas Ambrosiana e ricercatore all’Università Bicocca).Per don Davanzo è fondamentale la «collaborazione tra società civile e istituzioni nella ricerca del bene comune». Nella realtà «la sussidiarietà, in Lombardia, presenta ancora luci e ombre». Tra le ombre, lo strumento del Tavolo regionale del terzo settore dove, in alcuni momenti, la «consultazione – dice don Roberto – è sembrata ridursi a pura comunicazione di decisioni di fatto già prese o scarsamente modificabili». A dieci anni della loro storia gli stessi piani di Zona sembrano «diventati la “Cenerentola” delle politiche sociali». Don Davanzo ha esteso i punti di criticità anche al mondo del volontariato.L’avvocato Raffaele Mozzanica ha concentrato l’attenzione sul grosso cambiamento in atto nel welfare in tutta l’Europa, definendolo come «obbligazionario», che definisce un nuovo sistema del principio di solidarietà, cittadinanza, partecipazione e responsabilità, e che sollecita «il recupero della fraternità e solidarietà». Per Mozzanica «la sussidiarietà non è autosufficiente, ma integrativa allo sviluppo della persona».Per Tommaso Vitale gli attuali problemi del welfare sono enormi: il cambiamento demografico in atto e la «de-standarizzazione delle carriere lavorative mettono a dura prova le forme di protezione sociale». La partecipazione del Terzo settore nella Regione Lombardia, per Vitale, è risultata «un fattore di contraddizione, e in quanto tale non può essere facilmente sintetizzata, e va colta dall’interno, in termini dinamici e relazionali». Nelle quattro legislature si sono osservate «richieste ambivalenti da parte della Regione, e tentativi sia di promuovere il coordinamento e la convergenza nel terzo settore, sia la frammentazione e l’azione individuale di ciascuna singola organizzazione separatamente». L’azione di tali pressioni nel Terzo settore, ha continuato Vitale, «è stata in grado di coordinarsi, di promuovere azioni congiunte, di darsi un’area di confronto di tipo deliberativo».Emanuele Polizzi ha illustrato i risultati della partecipazione della Caritas ai piani di Zona. La ricerca ha evidenziato la presenza di quattro tipologie partecipative: settoriale, svolta solo su tavoli tematici; soffocata, dove la capacità di costruire coordinamenti forti è stata contrastata; facilitata, dove la pubblica amministrazione ha investito in azioni promozionali; e minimale. Il ricercatore conclude esprimendo alcuni elementi di preoccupazione quali «un affaticamento di fondo» che rischia di screditare gli stessi piani di Zona e facilitare il ritorno al privatistico. Per questo è indispensabile valorizzare ciò che si è creato. – – Sussidiarietà in Lombardia? Luci e ombre