È un ministero di lunga data, quello del cappellano di San Vittore, che prima di arrivare in piazza Filangieri si è occupato di rieducazione al riformatorio di Torino e poi al Centro di Arese. Una storia ora raccontata in un libro

di Luisa BOVE
Redazione

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Ha scelto il carcere di San Vittore, don Luigi Melesi, per presentare il suo libro Prete da galera (San Paolo, 288 pagine, 14 euro), scritto in realtà da Silvio Valota, al quale il cappellano ha raccontato i fatti riportati nel volume. Alla serata, don Melesi è stato accolto con grande calore da tutti, agenti penitenziari, personale amministrativo ed ex detenuti che lo avevano conosciuto come cappellano e da lui si erano sentiti accolti e amati.

Don Luigi, che è stato prima tra i ragazzi del riformatorio Ferrante Aporti di Torino, poi presso la casa di rieducazione di Arese, nel 1978 ha varcato la soglia di San Vittore occupandosi degli adulti. Prete salesiano, educatore per vocazione, non si è mai rassegnato a considerare irrecuperabile neppure il peggiore dei delinquenti. Nella sua lunga “carriera” dietro le sbarre ha conosciuto brigatisti, rapinatori, assassini, malavitosi… ma anche tanta gente semplice, che ha commesso reati comuni, magari per sbarcare il lunario.

Il vero protagonista del volume – che «racconta storie di chi sta in carcere e di chi ha mai pensato di entrarci», come si legge nel sottotitolo -, dice il cappellano, «non sono io, ma tutte le persone che ho incontrato in carcere e alle quali ho proposto di cambiare vita e lo hanno fatto». Poi aggiunge: «Io ho cercato di applicare il sistema educativo di don Bosco, prima con i minori e poi con gli adulti». I risultati positivi non sono mancati: «Una persona per diventare buona deve sentirsi amata». È stato questo lo stile di don Melesi tra gli “amici” di San Vittore, perché al centro non ha mai messo il reato, ma la persona.

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