Un Duomo gremito di fedeli, provenienti dall’intera Diocesi, ha pregato e salutato i 18 partenti ̶ preti, laici e religiose ̶ nella Veglia Diocesana Missionaria presieduta in Duomo, per la prima volta, dall’arcivescovo Delpini. Prima del Rito, per tutto il pomeriggio, folla per l’animazione realizzata attraverso i workshop organizzati da oltre 20 realtà missionarie nel cuore di Milano
di Annamaria
BRACCINI
«Il gesto minimo è quello del bicchiere d’acqua per l’assetato, del pane condiviso con l’affamato. Il gesto minimo comincia oggi, non aspetta che si risolva il problema della fame nel mondo, ma consegna tutto quello che serve per il fratello che ha fame».
È questo il gesto che l’arcivescovo Delpini consegna idealmente a tutti ̶ non solo alle migliaia di fedeli riuniti in Duomo nella Veglia Missionaria 2017 ̶ per vivere e abitare bene la città di Dio e degli uomini. Città che è grande quanto il mondo con i suoi colori, suoni, tradizioni, povertà (troppe) e ricchezze, speranze (spesso tradite) e sogni per il futuro. Tutto quello che, come in una splendida miniatura racchiusa nella Cattedrale in festa, saluta i missionari partenti dalla Diocesi, appunto, per i 4 angoli del mondo, o meglio, per i 5 Continenti, rappresentati simbolicamente, all’inizio della Veglia, da altrettante bandiere stese ai piedi dell’altare maggiore.
In prima fila ci sono i 18 partenti ̶ 5 preti, 3 religiose, 10 laici ̶ e i 12 tra sacerdoti e religiose che, provenienti in maggioranza dall’Africa, sono stati inseriti a servizio della Chiesa ambrosiana per il periodo della loro permanenza in Diocesi. Insomma, davvero uno scambio tra Chiese sorelle che, tra canti in diverse lingue, testimonianze, gesti è il vero filo rosso dei 3 momenti del Rito presieduto per la prima volta dall’Arcivescovo cui sono accanto monsignor Moses Hamungole vescovo di Monze in Zaire (Diocesi nata nel 1962, legata storicamente alla presenza, fin dagli anni ’60, dei preti ambrosiani Fidei Donum e retta per 15 anni da monsignor Emilio Patriarca), alcuni ausiliari di Milano, il vicario episcopale per la Missione, monsignor Luca Bressan, il responsabile del Servizio di Pastorale Missionaria, don Antonio Novazzi e il rettore del Seminario, monsignor Michele Di Tolve.
Dal titolo della Veglia Diocesana 2017 “La Messe è molta” (questo anche lo slogan della Giornata Mondiale che si celebra domenica 22 ottobre), tratta dal Vangelo di Luca al capitolo 10, prende ispirazione l’omelia di monsignor Delpini, a partire da quella «sproporzione» tra gli operai e la messe che è la cifra dell’intero brano. «La logica della missione è la sproporzione», scandisce, infatti. «La missione è sproporzionata alla disponibilità degli operai. Forse il calcolo induce a circoscrivere l’orizzonte della missione alle forze disponibili: siamo pochi, siamo vecchi, siamo inadeguati e, dunque, cerchiamo di essere missionari a casa nostra, poi penseremo al resto del mondo. E questo “poi” non arriva mai».
«Quello che sembra buon senso è viltà, quello che si presenta come saggezza è pretesto per adeguarsi alla logica del mondo, invece, proprio tale sproporzione è la ragione per andare».
Ma come fare? Con la preghiera, quella vera. «Pregate e non confondete la preghiera con qualche momento di silenzio, con qualche momento di emozione. Se la preghiera non è una docilità, una passività, un lasciarsi plasmare dallo Spirito, se è solo un dovere, uno sforzo, un adempimento, c’è da dubitare che si tratti di preghiera».
Da qui, nel primato del pregare, l’indicazione della «pratica del gesto mimino», che non elabora complesse strategie, eppure «non rifugge dall’affrontare le questioni generali con competenza e serietà, ma conduce a decidere adesso quello che è possibile». Gesto alla portata di tutti, di ogni giorno, in un farsi prossimo quotidiano che è «quel dare volto alla libertà che i cristiani chiamano “vocazione”. La pratica del gesto minimo si riassume in una parola: “Eccomi!”». Sia che si prepari una torta per il banco missionario in parrocchia o che ci si consegni a un amore che fedele per tutta la vita con l’eccomi per andare in croce e morire. «Il gesto minimo non è l’azzardo sconsiderato, ma la docilità incondizionata. Noi che abitiamo la sproporzione, raccolti stasera in preghiera, abbiamo la semplicità di dire, con trepidazione e fiducia, “Eccomi”».
Le testimonianze
Arrivano così le testimonianze. Don Maurizio Oriani appena rientrato, dopo 9 anni, dallo Zambia, dice: «La missione insegna a guardare più in là. Questi anni mi hanno cambiato, credo che la cosa più importante sia aiutare a capire che il mondo è più grande della porta di casa, un mondo che soffre per una vita migliore, che spera in una giustizia che non c’è, che piange. La pelle può essere diversa, ma il cuore no».
È la volta di don Marco Pavan uno dei tre Fidei Donum ambrosiani che per la prima volta verranno inviati a Cuba, dopo la richiesta del vescovo di Santiago, Dionisio Guillermo García Ibáñez, giunta all’allora Arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola per due centri di 100.000 abitanti ciascuno nel sud dell’isola caraibica. Don Pavan e don Adriano Valagussa andranno a Palma Soriano; don Ezio Borsani presterà il proprio servizio pastorale a Contramaestre.
«La richiesta del cardinale Scola lo scorso novembre, in questo stesso Duomo, mi ha interrogato. Mi sono preparato attraverso l’arte dell’essenzialità, perché credo che partire sia anzitutto una questione di sguardi. Riconoscendo il bisogno negli occhi degli altri, voglio imparare a mettermi in gioco, passando dal fare all’esserci, stando con la gente, parlando poco e ascoltando tanto».
Poi, ancora ricordi personali e sentimenti vissuti in terra di missione, fino alle parole dette da una mamma e un papà, Mattia e Corinna Longoni missionari laici della Consolata, con la figlia più piccola di pochi mesi in braccio e gli altri due bimbi tra loro: «Siamo partiti da giovani sposi per l’Ecuador, ora sperimentalismo una nuovo modo di esperienza con il progetto “Famiglie Missionarie a km 0”, a Monza. La missione non è cosa da un uomo solo al commando, a Monza come in Ecuador, è questione di squadra. Lo spirito missionario ci dice di entrare negli ambienti e mescolarci con la gente in punta di piedi, da pellegrini, con delicatezza», conclude Mattia che invita tutti a rimanere per 15 secondi, appunto, in punta di piedi.
Il Mandato
E a conclusione, è monsignor Delpini a consegnare il mandato ai partenti con la preghiera e la benedizione dei missionari e dei crocifissi posti al collo (anche di un giovane padre con la moglie e in braccio Zaccaria, 1 anno, in partenza per l’Algeria), sulle note del Canto di Invio “Ed essi si ameranno”.
«Quanto sarete a casa a preparare la valigia sappiate che non siete soli, c’è tutta una Chiesa che vi accompagna e prega per voi», raccomanda don Novazzi che richiama l’importanza del piccolo gesto di digiuno serale chiesto ai partecipanti alla Veglia per devolvere il costo della cena alle Missioni.
Non manca un’ultima battuta dell’Arcivescovo che, con un tono scherzoso, dice qualcosa di importante: «Quando mi incontrerete vi chiederò da dove venite, ma soprattutto quale rivista missionaria leggete. Nei giornali italiani ed europei non hai mai trovato informazioni cosi serie, documentate, interessanti e commoventi su molti Paesi come, invece, ci sono nelle Riviste missionarie». Ed è subito applauso.