Alla vigilia della Giornata mondiale sul tema «La messe è molta», sarà preceduta dai workshop d’animazione in piazza dei Mercanti e sarà presieduta alle 20.30 dall’arcivescovo Delpini (diretta tv e web, differita radio), che consegnerà il mandato e il crocifisso ai partenti. Don Antonio Novazzi: «Sono testimoni credibili della Parola»
di Luisa
BOVE
Nella Veglia missionaria diocesana in programma sabato 21 ottobre alle 20.30 nel Duomo di Milano, l’arcivescovo Mario Delpini consegna il mandato e il crocifisso ai partenti ambrosiani (diretta su Chiesa Tv – canale 195 e www.chiesadimilano.it; differita alle 23 su Radio Mater). Lo slogan «La messe è molta», preso dal Vangelo di Matteo (9,37), non lascia dubbi: nella vigna del Signore c’è ancora tanto da fare. «Ma la missione non si ferma – assicura don Antonio Novazzi, responsabile della Pastorale diocesana -. Il primo missionario è Gesù e, se siamo suoi discepoli, continuiamo a seguire le sue orme e ad accogliere il suo mandato. È lui che invia i 72 discepoli, quasi a ricordare che, dopo i 12, l’invito a partire è rivolto a tutti. Chi lo incontra non può trattenere per sé l’annuncio».
Quale sarà il filo conduttore della Veglia?
L’idea è quella dello sguardo di Gesù che spesso è diverso dal nostro: lui riesce a leggere in profondità e a incontrare i volti, i cuori, i desideri delle persone, mentre noi rimaniamo in superficie. Gesù vede Simone e lo chiama, vede Zaccheo e la sua voglia di cambiare, vede l’adultera e risveglia in lei il desiderio di essere sposa e donna fedele… Il missionario, quando parte, deve imparare da Gesù ad avere questo tipo di sguardo, che va in profondità per cogliere quanto c’è nel cuore delle persone che incontra nelle diverse culture.
In questi anni di persecuzione dei cristiani la consegna del crocifisso assume un significato forse maggiore…
È il momento centrale della Veglia. Il mandato e la consegna del crocifisso ricordano ai partenti di annunciare Gesù, perché non abbiamo altre good news, altre buone notizie da portare, se non Gesù che ha dato la vita per noi. Consegnare il crocifisso mentre tanti nostri fratelli e sorelle nel mondo danno la vita, muoiono perseguitati, diventa un segno molto forte. Ma non siamo soli. L’invito a chi parte è quello a essere un testimone credibile della Parola del Signore.
Ci sono luoghi pericolosi nei quali si è dovuta sospendere la presenza missionaria?
Dopo una lunga riflessione da parte delle tre Diocesi (Vicenza, Como e Milano), si è deciso di far rientrare i fidei donum dall’estremo nord del Camerun, perché la situazione era diventata molto difficile. Non c’era una persecuzione contro i fidei donum, ma sequestri di missionari e missionarie: non volevamo contribuire al fondamentalismo islamico di Boko Haram attraverso l’eventuale riscatto, non possiamo diventare un bancomat per questi fanatici. Non si vedeva alternativa: alla fine siamo rientrati, con dolore e dispiacere (tanti hanno sofferto e pianto). Tuttavia siamo pronti a ripartire qualora la situazione dovesse rasserenarsi.
Tra i fidei donum c’è chi partirà per Cuba. La Diocesi apre quindi una nuova missione?
Sì. Tre sacerdoti andranno a Cuba per un’esperienza di fraternità missionaria. Il Vescovo di Santiago di Cuba aveva chiesto tempo fa al cardinale Scola se c’erano preti disponibili, perché non trovava sacerdoti per due grandi città di oltre 100 mila abitanti. Le comunità sono piccole, ma inserite in un grande contesto di evangelizzazione. L’Arcivescovo aveva invitato i nostri sacerdoti a rispondere positivamente alla richiesta di questa Chiesa sorella: diversi hanno manifestato disponibilità, poi ne sono stati scelti alcuni per iniziare il cammino.
Una bella sfida…
Sì, per noi è una sfida perché Cuba è un Paese in cui l’annuncio del Vangelo va fatto in modo delicato, tra le case. Non è ancora possibile una manifestazione pubblica, ma si dovrà andare nei quartieri e nei palazzi dove le piccole comunità cristiane e le famiglie si ritrovano a pregare e a compiere un cammino di fede. È una pastorale nuova che potrà insegnare molto anche a noi di Milano.
Che cosa sono invece le famiglie a Km 0 di cui si parlerà sabato sera?
Abbiamo invitato a parlare una famiglia rientrata da alcuni anni dall’Ecuador. Le famiglie missionarie a km 0 condividono il cammino della comunità portando lo stile missionario che hanno imparato: lavorano insieme ad altri sacerdoti e laici dando il loro contributo alla pastorale. È un aiuto anche per le nostre realtà.