L’inizio del cammino della Barelli: una giovane generosa e vivace scopre il culto del Sacro Cuore, pensa alla vita religiosa e alla missione, ma poi indirizza la sua strada all’apostolato nel mondo, fino all’incontro decisivo con fra Gemelli
di Ernesto
Preziosi
Armida Barelli nasce nel 1882 a Milano. Da poco Roma è capitale del nuovo Regno e nella sua famiglia si respira un’area risorgimentale estranea agli impulsi del cattolicesimo intransigente.
Secondogenita di sei figli, trascorre un’adolescenza felice, presenta un temperamento non solo vivace, ma generoso ed entusiasta, con una nota di ottimismo che manterrà per tutta la vita. Frequenta la scuola pubblica e prosegue gli studi in collegio a Menzingen, nella Svizzera tedesca, dove impara il tedesco e il francese, vivendo in un contesto internazionale. A fronte di risultati scolastici positivi, la sua vivacità le procura qualche problema specie nell’accettare la rigida educazione e la austera pratica religiosa. Eppure è in quel contesto che scopre il culto del Sacro Cuore, impara a meditare e inizia a fare i conti seriamente con la chiamata del Signore, tanto da pensare, a un certo punto, di vestire l’abito religioso. La famiglia si allarma e le fa interrompere gli studi. Era presto iniziata una ricerca che durerà nel tempo.
Rientrata in collegio, conclude gli studi e nell’incontro con le compagne per festeggiare il diploma, quando tutte vanno facendo pronostici circa il proprio avvenire, Ida afferma: «O sarò suor Elisabetta missionaria in Cina, o madre di dodici figli e la prima bambina si chiamerà Elisabetta. Ricordate tutte che Ida Barelli sarà suora o mamma, ma vecchia zitella mai!».
Si tratta probabilmente di un entusiasmo giovanile. Sta di fatto che, rientrata a Milano, la sua ricerca continua, è un travaglio che l’accompagna per alcuni anni. Passa per un fidanzamento-lampo, ma non è questa la sua strada. D’altra parte la famiglia preme e ha delle aspettative nei suoi confronti. Intanto dà spazio alla preghiera e si avvicina in maniera costante ai sacramenti. Partecipando nel 1909 a un corso di cultura religiosa all’arcivescovado di Milano, conosce Rita Tonoli. È un incontro importante. Rita le propone di aiutarla nella Piccola Opera per la salvezza del fanciullo. Accetta.
Sarà la Tonoli a farle conoscere un gesuita, padre Mattiussi, che diventerà la sua guida spirituale confermandola nella scelta di consacrarsi a Dio per l’apostolato nel mondo. È il 1909 e Armida lo definisce «Anno di grazia». Nel maggio del 1913 nel Duomo di Milano confermerà quella scelta.
Intanto la preoccupa l’ateismo del fratello Luigi: si consiglia con la Tonoli che le suggerisce di parlarne con un giovane che ha indossato il saio francescano dopo gli studi in medicina e la militanza socialista. È l’11 febbraio 1910, quando Armida si reca al convento di via Maroncelli a incontrare fra Agostino Gemelli. L’incontro è di quelli decisivi: dopo aver parlato del fratello, il francescano le chiede di collaborare per tradurre articoli per la Rivista di filosofia neoscolastica, nata l’anno precedente. Armida inizia una collaborazione che cambierà il corso della sua vita. È confermata la vocazione di fondo, ma con frate Agostino entra nella sua vita il francescanesimo, aderisce al Terz’Ordine e comincia a manifestarsi l’idea di percorrere una strada inedita: consacrarsi nel mondo senza essere del mondo.
Le scriverà Gemelli: «Il Signore faccia di lei una santa laica nel vero senso della parola, non come “le suore in casa”, ma com’erano le prime vergini e martiri cristiane, che hanno ingigantito la missione della donna nel mondo. E chissà quale parte hanno avuta nella diffusione del cristianesimo. Così deve fare lei: laica, ma santa».