Monsignor Pierantonio Tremolada, vescovo eletto di Brescia, ha salutato la nostra Diocesi nella Celebrazione eucaristica vigiliare in Duomo. L’arcivescovo Mario Delpini e il cardinale Scola hanno assistito al rito, rivolgendogli, in conclusione, parole di augurio e riconoscenza per il lavoro profuso in questi anni
di Annamaria
Braccini
«Scopro i segni di una Provvidenza amorevole che ha tessuto, in dialogo con la mia libertà spesso incerta e reticente, una trama di bene che ora comprendo meglio. Lo ha fatto attraverso eventi e volti per e con i quali vorrei innalzare a Lui la mia lode sincera. Alle persone che sono state manifestazione visibile della Grazia del Signore, a voi che siete qui e che avete percorso con me un tratto di strada regalandomi affetto e amicizia, collaborazione ed esempio di vita, esprimo di cuore la mia riconoscenza».
Sono queste le parole – pronunciate con un’emozione trattenuta, ma evidente – che monsignor Pierantonio Tremolada, nominato da papa Francesco a guidare la Diocesi di Brescia, sceglie per il suo saluto alla Chiesa ambrosiana «a cui sono sinceramente affezionato e mi onoro di appartenere», dice.
Le Celebrazione eucaristica vigiliare nella quale si inserisce, appunto il saluto, è presieduta dal futuro vescovo di Brescia (dove farà l’ingresso ufficiale l’8 ottobre prossimo), in un Duomo che accoglie tanti fedeli, tra cui parenti, tanti amici, presone che lo hanno conosciuto e apprezzato per le sue doti di umanità in questi anni e nei diversi incarichi ricoperti. Assistono al Rito il cardinale Scola e l’arcivescovo Delpini; concelebrano diversi sacerdoti, tra cui i membri del Consiglio Episcopale Milanese e i responsabili dei Servizi e Uffici di Curia che lo hanno avuto come Vicario di Settore: la Pastorale Giovanile, Scolastica e Universitaria, gli Oratori e lo Sport, la Liturgia, l’Evangelizzazione e la Disciplina dei Sacramenti, la Catechesi e le Cause dei Santi.
Dall’amata Parola di Dio, nell’intensa e dolorosa pagina del profeta Isaia, che racconta l’esilio del popolo di Israele, prende avvio l’omelia. Da qui la sottolineatura dell’immagine di quel “vessillo” che è la radice di Iesse. «Il vessillo è una bandiera che sventola e, per il profeta, è la nobile insegna di una sovranità potente. Nella rilettura del Nuovo Testamento è la croce di Cristo. La radice di Iesse si identifica, nel Libro dell’Apocalisse, con l’agnello di Dio, ferito a morte eppure vittorioso».
C’è una forza straordinaria in questo vessillo che è vivo: la croce e la gloria di Cristo, suggerisce ancora Tremolada. «Il figlio dell’uomo che muore, in uno slancio d’amore inchiodato al patibolo dalla nostra crudeltà, ora stringe il mondo in un abbraccio eterno. Considero una grazia e un privilegio poter salutare la Diocesi mentre viene esposto il Santo chiodo, reliquia di quella Santa croce che la Parola di Dio oggi ci esorta a contemplare. A tutti auguro ogni bene e chiedo al Signore che ciascuno di voi sappia corrispondere alla Sua volontà lasciandosi attrarre dal vessillo della Santa croce». Il riferimento è alla reliquia amatissima in Diocesi, posta in altare maggiore, solo due ore prima, attraverso il Rito della Nivola.
«Vorrei allora dire che Dio mi ha fatto grazia, rendendomi per tutti segno della sua grande misericordia, non guardando ai miei meriti e perdonando le mie colpe. La gratitudine esigerebbe di fare tanti nomi, ma vorrei ricordare solo quello del cardinale Scola e, in questo, unire idealmente tutti gli altri».
«Lei, Eminenza, mi ha voluto suo stretto collaboratore, mi ha consentito di vivere un’esperienza di Chiesa estremamente intensa di cui farò tesoro nel Ministero che mi appresto a iniziare. La ringrazio di cuore per la stima e la fiducia, ma soprattutto per la sua testimonianza di fede di cui ho apprezzato, in particolare, l’onestà del pensiero, la passione per la verità, lo stile sinodale e l’amore per il popolo di Dio».
Non manca, ovviamente, un pensiero per l’Arcivescovo, di cui monsignor Tremolada è amico di lunga data. «Un augurio fraterno e del tutto particolare vorrei rivolgere all’arcivescovo Mario Delpini. Nel compito di guidare questa amata e immensa Diocesi ambrosiana possa quotidianamente sentire il sostegno amorevole della Madre di Dio. Non mancherà mai la mia preghiera per questa Chiesa che è madre e a cui mi lega perenne riconoscenza».
Il saluto dell’Arcivescovo
«Devo dire che questa scelta di papa Francesco di dare un nuovo Pastore a Brescia, prendendolo da Milano, l’ho considerata un poco un furto: diciamo che la nostra Diocesi è più povera senza don Pierantonio», spiega subito monsignor Delpini con un sorriso.
«Don Pierantonio è stato ed è un grande biblista, un insegnante apprezzato, non solo nell’ambito accademico, ma anche nella divulgazione capillare e nella predicazione qualificata: biblista apprezzato per la sua capacità di dare vita ai testi, con sintesi spirituale. È stato anche un appassionato promotore del Diaconato permanente, facendosi carico della formazione, dell’accompagnamento e del discernimento; ha creduto in questa forma di Ministero ordinato e l’ha promossa nella Diocesi. È stato Vicario di un ampio settore della Curia di Milano, facendosi punto di riferimento per tanti Uffici che hanno trovato in lui un interlocutore attento e appassionato. In molte cose, in cui abbiamo potuto sostituirlo, ha dato un apporto unico e personale, ma in una cosa non lo potremo sostituire: nella intensità dei rapporti personali. Su ruoli e funzioni siamo tutti sostituibili, non nell’amicizia».
Poi, ancora, un accenno scherzoso che strappa sorrisi, quando Delpini accenna alle multe prese da Tremolada alla guida – «è stato anche un apprezzato contribuente per il Comune di Milano» – e ricorda i regali della Diocesi per il Vescovo in partenza: uno zaino e un computer per alternare tempio libero e lavoro.
Le parole del cardinale Scola
«Insieme all’Arcivescovo voglio porgerti il mio grazie per quanto hai dato a questa nostra Chiesa ambrosiana e farti il mio augurio. Tu hai parlato della Croce gloriosa: veramente questa espressione contiene in profondità il senso di una missione importante come quella che stai per assumere nella quinta Chiesa per ampiezza e popolazione, tra le nostre 240 Diocesi italiane. È un impegno grande. Abbiamo bisogno tutti, in questa fase della storia, che le nostre Chiese puntino sull’essenziale: appunto il Cristo della gloria, il Crocifisso glorioso, che è il Signore di tutto l’universo, e perciò contiene tutti i bisogni, le necessità, i desideri, le aspirazioni, le angosce e le gioie di ognuno in particolar modo dei nostri fedeli. Ti auguro di essere appassionato al grande compito di fare emergere il fondamento di ogni realtà che è Cristo, e per questo di affrontare con simpatia critica tutti gli aspetti della realtà. La Madonna ti sarà sempre vicina e così tu potrai essere un suscitatore di speranza, cosa di cui oggi c’è tanto bisogno: quella virtù teologale che Péguy definiva come la “virtù bambina”, capace di sorprendere persino Dio».
E, alla fine, è un grande applauso corale quello che circonda monsignor Pierantonio che, a lungo, tra le navate, stringe le mani dei fedeli.